A cura di Francesco Billi per il “Foglio del lunedì”
Promemoria:
l' ultima volta che una grossa banca ha dovuto difendere pubblicamente
il suo livello di liquidità il risultato fu un disastro da migliaia di
miliardi.
Deutsche Bank la scorsa settimana,
con appositi comunicati, ha fatto sapere di avere i soldi per ripagare
le obbligazioni in scadenza nel 2016 e 2017 e che intanto riacquisterà 5
miliardi di suoi bond già nei prossimi giorni (buy-back).
L'
intento è quello di recuperare la fiducia dei mercati. Per quelli di
zerohedge.com, sito che da anni coltiva dubbi sullo stato di salute del
primo gruppo bancario tedesco, è invece un «brutto segno» e si chiede:
«Deutsche Bank è la nuova Lehman Brothers?». La risposta non esiste, ma
la domanda non è malposta [1].
Persino
la paludata Frankfurter Allgemeine Zeitung c' è andata giù duro: «Cosa
si deve pensare di una banca che è costretta a promettere ai clienti e
agli investitori di essere in grado di ripagare i debiti? Non sono più
soltanto i clienti di un paio di banche greche che si stanno facendo
queste domande toste, ma i clienti di Deutsche Bank» [2].
Dall'
inizio dell' anno la prima banca della prima economia dell' area euro,
ha perso oltre il 30% alla Borsa di Francoforte, il 45% negli ultimi 12
mesi, passando da un valore di 40 miliardi a poco più di 20. Le
assicurazioni che coprono la sua insolvenza - i cds - iniziano ad avere
premi esorbitanti (gli stessi che servono per assicurare il debito
pubblico del Messico, per capirsi). Segnali di sfiducia si vedono anche
sul mercato secondario: venerdì un' obbligazione subordinata con
scadenza 2025 e rendimento al 2,75% veniva scambiata a quota 81 (era a
98 a dicembre, a 90 due settimane fa); un bond simile di Intesa
(scadenza 2025 e rendimento al 2,85%) quotava 95 [3].
Mastrobuoni:
«Con quegli occhi tristi e la sobrietà semi -penitenziale, John Cryan
sembrava l' Enrico Bondi dei tedeschi, sette mesi fa. Approdato ai
vertici di Deutsche Bank, si era messo le mani nei radi capelli e aveva
cominciato a rivoltare un colosso uscito con i piedi di argilla da anni
di scandali e gestioni spericolate. Ma dinanzi all' attuale ecatombe sui
listini forse Cryan ha promesso "too little, too late". Troppo poco e
troppo tardi» [2].
Sicuramente
il titolo sconta l' isteria che ha investito tutti i mercati
finanziari. Ma Deutsche Bank è così esposta sui quei mercati che le
basta una perdita del 7,2% sui suoi investimenti per azzerare l' intero
patrimonio totale di 68,8 miliardi di euro. Perché, nel bene e nel male,
questa non è un' azienda simile alle sue concorrenti italiane, francesi
o spagnole. Funziona in modo diverso.
Non
ha un prevalente portafoglio di prestiti a imprese fatte di macchine e
mattoni, o a famiglie che comprano casa. Ha un bilancio di 1.700
miliardi di cui quasi mille in attività puramente finanziarie, di cui
solo 71 «disponibili per la vendita» immediata; il resto, incluso un
pacchetto da 570 miliardi di derivati, è valutato in tutto o in parte
dalla banca stessa.
Non
ci sono prezzi pubblici sul mercato per quelle posizioni, solo
complessi «modelli interni» dell' istituto. La Bce per due volte ha
esaminato Deutsche Bank con gli stress test e ha deciso che anche nei
peggiori scenari aveva zero deficit di capitale; oggi il mercato pare
invece dire che a quei «modelli» crede poco [4].
A
partire dal 2012 Deutsche Bank ha pagato multe per 11,2 miliardi.
Quella più grossa è per lo scandalo Libor, in cui la banca tedesca è
stata accusata di manipolare a suo vantaggio i tassi di cambio: 1,7
miliardi per chiudere la partita in Europa, 2,1 miliardi per Washington e
Londra. Al netto delle cause ancora in corso, ha già preso una multa
nel 2011 sui mutui subprime (150 milioni); un' altra per aver nascosto
perdite per oltre un miliardo (55 milioni) e un' altra ancora per aver
operato con Paesi sotto embargo (258 milioni).
Ci
sono poi le inchieste in casa per evasione e riciclaggio; una in
Svizzera per aver truccato il mercato dei metalli preziosi; indagini per
riciclaggio nella sede di Mosca e una class action negli Stati Uniti
per un software per truccare il mercato delle valute. Pure in Italia
Deutsche è indagata per il derivato Santorini stipulato con Mps. Credit
Suisse, per dire, pensa che nel 2016 arriveranno sanzioni per altri 4,7
miliardi [1].
Ma
come è possibile che la principale banca del grande moralizzatore d'
Europa sia finita in così tanti scandali? Per capire occorre fare un
salto nel tempo fino alla metà degli anni Novanta, a Londra. A parlare è
Bruno Livraghi, il più importante trader italiano della City: «Le
banche d' investimento americane dominavano la scena incontrastate
mentre quelle tedesche erano totalmente marginali, molto meno presenti
perfino delle francesi e giapponesi, per non parlare di quelle svizzere.
Il
1995 segna l' anno della svolta: Deutsche decide di conquistare fette
di mercato e lo fa in grande stile. Inizia ad assumere decine di bankers
concorrenti a suon di milioni, sembrava il Manchester City nel calcio
odierno.
Una volta
assunti i migliori talenti - o presunti tali - inizia a comprare spazi
sul mercato, il mantra è "dobbiamo entrare in tutte le transazioni
finanziarie rilevanti". E DB, forte di un rating AAA, forniva i migliori
prezzi della street: come dire?, non c' era competizione, se c' era DB
l' operazione era loro. Come se non bastasse, quando sul finire del
secolo il gruppo approda con le stesse modalità a New York, DB entra
ufficialmente nell' Olimpo dell' alta finanza» [5].
Il mantra era la conquista di fette di mercato soprattutto nel settore dei prodotti derivati.
josef ackermann deutsche bank
La
convinzione si basava sull' assunto che il mercato dei derivati fosse
il bacino d' estrazione più prolifico per le banche - e senz' altro lo
era - quindi più che mai era valida l' equazione maggiore quota di
mercato uguale maggiore profitto. Ma c' è un rovescio della medaglia.
Ancora Livraghi: «DB non disdegnava nessun tipo di operazione e iniziò
ad essere molto aggressiva in un contesto in cui il sistema dei
controlli e il risk management erano dominati da uomini di mercato,
mentre il dipartimento legale faceva buon viso a cattivo gioco.
Così,
nell' arco di dieci anni, Deutsche Bank ha messo le mani anche su quasi
tutte le operazioni più chiacchierate in Italia. Dai principali aumenti
di capitale delle banche fino a operazioni più delicate come Parmalat,
Monte dei Paschi, passando per Lodi ed Italease fino allo scandalo dei
derivati delle pubbliche amministrazioni» [5].
Nella
stragrande maggioranza dei casi ne uscì indenne dal punto di vista
strettamente legale, ma il problema finì per diventare di strategia, non
più di compliance. Livraghi: «Pensarono che la copertura dei clienti
potesse avvenire con l' innovazione finanziaria e non con la conoscenza
del contesto. Insomma guardarono solo al loro prodotto e meno al mercato
sottostante. Per tornare al presente, a un certo punto DB inizia ad
avere enormi problemi legali, paga multe miliardarie per la sua condotta
vicino al limite e ogni anno deve, ancora oggi, accantonare
considerevoli somme per pagare i conti di quel periodo. La grande
esposizione lorda sui derivati (si è parlato spesso della cifra
iperbolica di 52mila miliardi, venti volte il Pil tedesco, ndr) le si
ritorce contro e diventa un bacino di estrazione per i tribunali» [5].
Chiedersi
allora perché il primo istituto di un Paese così prudente somigli a uno
hedge fund significa entrare in ciò che non funziona dell' unione
bancaria in Europa. Fubini: «La Germania chiede riforme agli altri
Paesi, ma sulle banche è indietro di decenni rispetto a Francia, Spagna o
Italia, di anni sulla Grecia. Circa il 65% del mondo del credito
tedesco è in mano pubblica, fra Volksbanken (popolari), Genossenschaften
(cooperative) e Landesbanken (regionali).
Questa
foresta pietrificata è intrecciata alla politica locale e coperta da
garanzie pubbliche per 492 miliardi di euro, a dati Eurostat. E non è
chiaro perché sia riuscita a sottrarsi alla vigilanza della Bce quando
in Francia, Grecia o Italia l' 80% delle attività vi sono sottoposte. Né
perché Bruxelles non prema per eliminare quelle (vecchie) garanzie,
quando in altri Paesi un solo euro di nuovo aiuto pubblico fa scattare
il colpo di falce sui risparmiatori.
Soprattutto,
non è chiaro cosa succede ora. Deutsche Bank è troppo grande per
fallire senza innescare una catastrofe, le sue passività sono pari al
54% del Pil tedesco. È possibile che le dure regole volute da Schäuble
sui salvataggi ora siano sospese. Si vedrà presto se in Europa c' è un
sistema bancario più uguale degli altri» [4].
Note: [1] Carlo Di Foggia e Marco Palombi, il Fatto Quotidiano 10/2; [2] Tonia Mastrobuoni, la Repubblica 12/2; [3] www.eurotlx.com; [4] Federico Fubini, Corriere della Sera 12/2; [5] Sylvia Reschke, iDiavoli.com.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/deutsche-bank-davvero-nuova-lehman-forse-potrebbe-far-comodo-118581.htm
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