Dopo che non si è potuto in alcun modo occultare i risultati dell’indagine del team di esperti di Digital Signal Processing, che ha stabilito che stati [almeno] due i killer che hanno sparato al presidente Kennedy al Dealy Plaza di Dallas il fatale mezzogiorno del 22 novembre 1963, la HSCA, volente o nolente, non ha potuto fare a meno di trovare una risposta a questa domanda. La risposta si può leggere a pagina 95 del già citato HSCA Final Assassinations Report…
La commissione, sulla base delle prove evidenti a supporto di ciò, ritiene che il presidente John Fitzgerald Kennedy sia stato assassinato in seguito ad una cospirazione. La commissione tuttavia non è stata in grado di identificare il secondo tiratore né gli autori della cospirazione…
Date le premesse da cui si era partiti il risultato deve ritenersi in ogni caso, senza tema di esagerare, ‘di portata storica’. Secondo un ovvio schema logico, una volta definita la parola ‘cospirazione’ col suo significato appropriato, vale a dire ‘azione coordinata di più individui con la medesima finalità criminale’, il passo successivo doveva essre stabilire la natura di questa ‘associazione per delinquere’, ovvero se è trattato di…
a) una organizzazione sotto il controllo di un potenza straniera
b) un gruppo di individui motivati in modo ostile nei confronti del governo
c) un gruppo di individui senza particolari motivazioni ma socialmente pericolosi
Le premesse essenziali per arrivare a fare la tanto auspicata ‘chiarezza’ intorno alla morte di John Fitzgerald Kennedy c’erano in verità tutte e diciamo subito che i risultati raggiunti dalla commissione in questo saranno assai più ‘convincenti’ e ‘motivati’ rispetto a quelli visti fino a questo momento. Unico neo in questo splendido scenario di luci, i risultati raggiunti dalla comissione saranno ‘in negativo’, vale a dire stabiliranno quali organizzazioni non sono responsabili dell’assassinio del presidente Kennedy. Dal momento che, ancorché abbia degli aspetti tragicomici, è un punto della massima importanza, lasciamo la parola alla commissione stessa [op. citata, pag. 97]…
… la commmssione ha preso in esame una serie di gruppi di individui ritenuti motivati a ordire una cospirazione per uccidere il presidente o a prendervi parte in modo significativo. Come illustrato nelle successive sezioni tuttavia, la commissione non ha trovato evidenti riscontri a supporto della tesi che tali gruppi siano stati coinvolti nella cospirazione. In base agli elementi disponibili di ricontro la commissione conclude pertanto che né il governo sovietico, né il governo cubano, né il sindacato che comprende le pricipali organizzazioni criminali nazionali [leggi ‘Mafia americana’… - n.d.r.] siano stati coinvolti nell’assassinio. Parimenti la commissione ha stabilito che né la Central Intelligence Agency, né il Federal Bureau of Investigation sono stati coinvolti. Sempre basandosi sugli stessi elementi la commissione non esclude con certezza che alcuni individui appartenenti alle organizzazione cubane anti-castriste o al sindacato del crimine possano essere stati coinvolti. Non vi sono tuttavia sufficienti elementi per stabilire chi di queste organizzazioni abbia avuto qualche ruolo nella cospirazione…
Non rimane che esaminare, sia pure per sommi capi, tutte le organizzazioni citate nel report della commissione e ci renderemo conto non solo della ‘estranetità’ di ciascuna di all’assassinio del presidente degli Stati Uniti, ma anche della ‘solidità’ delle motivazioni che hanno indotto la comissione a queste conclusioni. Cominciamo quindi, seguendo la traccia del report dell’HSCA, a rispondere ad alcuni quesiti cruciali, cominciando, come si suol dire, ‘dal principio’…
Dal momento stesso dell’arresto di Lee Harvey Oswald si era posta grande enfasi sulla sua ‘defezione’ in Unione Sovietica dell’ottobre del 1959 e sul suo ‘ritorno’ negli Stati Uniti di tre anni dopo. Due pertanto erano le domande cui la commissione doveva trovare risposta, e precisamente…
a) Oswald è stato ‘arruolato’ dai servizi segreti sovietici?…
b) l’assassinio di Kennedy è stato il risultato di un’operazione pianificata dal Kgb?…
La risposta la si può leggere qui di seguito [op. cit. pag.99]…
La commissione ritiene, in base agli elementi disponibili, che il governo sovietico non sia stato coivolto nell’assassinio del presidente Kennedy…
Il palazzo della Lubyanka a Mosca, una volta sede centrale del Kgb…
E’ chiaro che, in via preliminare, è stato necessario alla commissione gettare uno sguardo sulle relazioni sovietico-americane all’inizio degli anni ’60. In effetti queste avevano vissuto momenti di estrema tensione durante la presidenza di John Fitzgerald Kennedy. I principali teatri si scontro erano stati Berlino, dove le autorità comuniste avevano eretto un muro a simboleggiare lo scontro aperto con le potenze occidentali, e Cuba, dove lo stanziamento dei missili sovietici aveva quasi dato il via alla terza guerra mondiale. Nell’agosto 1963 un trattato che metteva al bando i test nucleari sembrava essere stato un segnale di dimensione, ma a novembre la tensione era nuovamente salita quando Mosca aveva protestato a causa di insoliti movimenti di truppe americane da e per Berlino. Cuba inoltre rimaneva un forte elemento di contrasto, specie dopo che il 18 novembre a Miami il presidente Kennedy aveva ammonito che gli Stati Uniti non avrebbero permesso l’instaurarsi di una seconda Cuba nell’emisfero occidentale. La commissione Warren aveva investigato su un possibile coinvolgimento sovietico nell’attentato di Dallas ed aveva sentito, tra gli altri, il segretario di stato Dean Rusk e il segretario alla difesa Robert McNamara. Rusk dichiarerà alla comissione il 10 giugno 1964…
… non mi risulta in alcun modo che fosse interesse dell’Unione Sovietica la rimozione del presidente Kennedy… non mi risce di vedere valida motivazione che giustificasse agli occhi dell’Unione Sovietica imbarcarsi in una impresa così rischiosa…
Per saperne di più la commissione Warren aveva richiesto al governo sovietico la ‘disponibilità di informazioni concernenti le attività espletate da Lee Harvey Oswald durante il suo soggiorno in Unione Sovietica dal 1959 al 1963’. Due cartelle di documenti, per complessive 140 pagine, erano state così girate dai sovietici alla commissione nel novembre 1963 e nel maggio 1964. Si trattava però di documentazione burocratica non coperta da segreto. Nessun documento proveniva dal Kgb. In particolare mancavano gli interrogatori ai quali Oswald era stato sottoposto e i rapporti degli agenti addetti alla sua sorveglianza. L’autenticità di quella documentazione non si era inoltre potuta accertare. Le firme dei funzionari sovietici per esempio erano totalmente illeggibili. Con tutto questo l’esame dei documenti e le dichirazioni dello stesso Oswald permettevano di ricostruire abbastanza bene il suo periodo di permanenza in Unione Sovietica. Nessun indizio lasciava supporre che egli fosse stato in qualche modo in contatto con il Kgb durante quel periodo. La HSCA ha deciso pertanto di interrogare alcuni ufficiali degli Stati Uniti specialisti in affari sovietici ed ha chiesto loro quale trattamento poteva aver ricevuto Oswald durante la permanenza in Unione Sovietica. La maggior parte di essi ha affermato che con ogni probabilità Oswald era stato sottoposto ad ordinari controlli di routineda parte del Kgb, il quale poteva contare allo scopo sulla sua vastissima rete informativa interna, ma nulla di più. La commissione ha quindi esaminato alcuni files della Cia e dell’Fbi concernenti individui che hanno ‘defezionato’ all’incirca nello steso periodo di Oswald e che eventualmente hanno fatto poi ritorno negli Stati Uniti. Lo scopo era quello di stabilire se Oswald fosse stato trattato o non in maniera diversa dalla ‘norma’ adottata in simili casi. Questo esame però non ha portato a valide conclusioni, in quanto nella totalità dei casi non si era trattato di ‘defezioni’ nel vero senso della parola e il caso di Oswald era stato in pratica ‘unico’. Informazioni assai più valide la commissione ha potuto riceverle da alcuni ufficiali del Kgb che hanno a loro volta ‘defezionato’ e sono ‘emigrati’ negli Stati Uniti. La testimonianza di uno di loro ha messo chiaramente in luce la ‘strategia’ usata dal Kgb nei confronti dei ‘disertori’ americani. Nel gennaio 1964 Yuri Nosenko ha chiesto ‘asilo’ negli Stati Uniti qualificandosi come ufficiale del Kgb. Egli ha dichiarato di aver fatto parte del Secondo Direttorato del Kgb, il cui compito sotto molti aspetti era analogo a quello dell’Fbi. Secondo Nosenko, il quale nel 1959 lavorava nell’ufficio che concedeva i ‘visti’ ai ‘turisti occidentali’, aveva incontrato un giovane americano che gli aveva parlato dei ‘difetti’ del sistema sovietico. L’americano si chiamava Lee Harvey Oswald. Nosenko ha spiegato poi alla Cia che in un primo tempo la riluttanza a concedere ad Oswald il permesso di soggiorno in Unione Sovietica era motivata proprio dalle dichiarazioni da lui fatte nel loro primo colloquio e solo dopo il tentativo di suicidio di Oswald gli era stato accordato il permesso di rimanere in Russia. Nosenko in seguito, anche se il Kgb si teneva al corrente di tutto ciò che riguardava Oswald, non lo aveva più contattato direttamente. Neppure aveva mai preso in considerazione l’eventualità di inserirlo nella rete sovietica di intelligence. L’episodio più interessante riferito da Nosenko alla commissione è stato il fatto che nel 1963, subito dopo l’arresto di Oswald, egli ha avuto la possibilità di esaminare i files in possesso del Kgb che riguardavano il sospetto assassino. In tal modo Nosenko ha potuto accertare in maniera categorica che Oswald non era e non era mai stato un agente del Kgb e che nessun membro dell’organizzazione lo aveva mai contattato. Anche se plausibile tuttavia, la sola testimonianza di Nosenko non bastava a dissipare ogni dubbio circa il non-coinvolgimento del Kgb nell’attentato di Dallas. Il motivo principale era che la stessa ‘sfiducia’ che i sovietici avenano a suo tempo riservato al ‘disertore’ Oswald, gli americani la riservavano ora al ‘disertore’ Nosenko. Inoltre molte sue dichirazioni rilasciate in periodi di tempo differenti risultavano in contraddizione tra loro. Per esempio Nosenko ha riferito alla commissione che Oswald era stato sottoposto da Kgb a sorveglianza intensiva ed anche ad una visita psichiatrica, mentre nel 1964 alla Cia e all’Fbi aveva dichiarato il contrario. Per questo e altri motivi la comissione alla fine ha giudicato la testominianza di Nosenko non abbastanza affidabile per pemettere un giudizio definitivo circa il coinvolgimento del Kgb nell’assasinio di Dallas. Oltre a Nosenko, due altri ex-funzionari del Kgb ‘emigrati’ negli Stati Uniti sono stati ascoltati dalla commissione. Sebbene nessuno dei due abbia potuto seguire da vicino la vicenda di Oswald come era astato per Nosenko, ambedue si sono detti convinti che Oswald era stato tenuto sotto stretta sorveglianza dal Kgb durante l’intero suo soggiorno in Unione Sovietica. La commissione ha esaminato poi la posizione della vedova di Oswald Marina, allo scopo di verificare possibili suoi legami con il Kgb, ovvero se abbia influenzato in qualche modo le azioni del marito. Le testimonianze rese dagli esperti americani in ‘affari sovietici’ non hanno però messo in evidenza alcun elemento idoneo a suffragare tale ipotesi. Da ultimo la commissione ha cercato di ricevere dal governo sovietico la maggior quantità possibile di informazioni su Oswald che la commissione Warren non era riuscita ad ottenere. A questa richiesta, inoltrata tramite il dipartimento di stato, il governo sovietico ha risposto che tutto il materiale su Oswald in possesso delle autorità sovietiche è stato consegnato a suo tempo alla commissione Warren. In base agli elementi disponibili alla fine la commissione ha concluso di non ritenere credibile un coinvolgimento del governo sovietico nell’attentato di Dallas. A motivare questa conclusione è stata soprattutto la testimonianza dell’ex-segreatario di stato Dean Rusk, unitamente al profondo convincimento che il governo sovietico non avesse alcun interesse alla rimozione del presidente Kennedy, né avesse concepito un piano per trarre vantaggio da questa una volta che si fosse realizzata.
Sempre sulla base degli elementi disponibili, la commissione ha anche escluso un coinvolgimento nell’assassinio di Kennedy del governo cubano [op. cit.pag. 103]…
La commissione ritene, in base agli elementi disponibili, che il governo cubano non sia stato coinvolto nell’assassinio del presidente Kennedy…
Il dittatore cubano Fidel Castro…
Quando il leader di una grande nazione viene assassinato, i sospetti istintivamente convergono verso i nemici più prossimi. Quando il presidente Jogn Kennedy è stato ucciso da un colpo di fucile a Dallas nel 1963, sono stati infatti in molti a sospettare del coinvolgimento di Cuba e del suo leader, Fidel Castro Ruz, in particolare dopo che si è saputo che Oswald, il sospetto assassino, aveva cercato di raggiungere Cuba nel settembre di quello stesso anno. Anche in questo caso per trovare una risposta è necessario rievocare lo stato dei rapporti intercorrenti tra Cuba e gli Stati Uniti prima e dopo l’avvento alla preesidenza di John Fitzgerald Kennedy. Allorché il leader rivoluzionario era entrato vittorioso all’Avana il 1° marzo 1959, molti in America si erano rallegrati. Benché fosse sospettato di nutrire simpatie per il comunismo, la maggioranza dell’opinione pubblica americana era allora dalla sua parte. Nel nominare Philip Bonsal, personale ammiratore di Castro, nuovo ambasciatore all’Avana, il presidente Eisenhower si era augurato ‘nuovi e più stretti legami tra Cuba e Stati Uniti’. Alla fine dell’anno 1959 tuttavia, le relazioni cubano-americane si erano deteriorate al punto da divenire vera e propria ostilità. Kennedy aveva ereditato quello stato di cose all’inizio del 1961 e da allora al giorno del suo assassinio, il 22 novembre 1963, questo antagonismo era sfociato in più di un crisi. Per prima cosa gli Stati Uniti avevano deplorato le esecuzioni in massa degli uffciali che avevano parteggiato per il deposto regime di Batista. A ciò Castro aveva risposto che gli Stati Uniti non avevano mai levato la voce in precedenza sugli eccidi e le torture perpetrate da Batista e che pertanto i processi e le esecuzioni sarebbero continuati. Nel marzo 1959 il governo cubano aveva requisito la Cuban Telephone Company, di prorietà americana. Si era trattato della prima delle nazionalizzazioni su larga scala. Nel maggio successivo la legge agraria si concretava nella confisca della maggior parte delle proprietà terriere, molte delle quali appartenenti ad americani. Il vice-presidente Richard Nixon ad aprile aveva incontrato Castro, il quale aveva tratto dall’incontro la convinzione che gli Stati Uniti fossero ostili. Da parte sua Nixon aveva raccomandato al presidente Eisenhower che venissero prese misure contro la rivoluzione cubana. Un vasto sentimento di rifiuto nei confronti di Fidel Castro si stava inoltre diffondendo all’interno della popolazione di Cuba. In giugno il comandante della Cuban Air Force, maggiore generale Pedro Diaz Lanz, era riparato negli Stati Uniti ed aveva denunciato la crescente penetrazione dei comunisti nelle forze armate di Cuba. Poche settimane dopo il presidente di Cuba Manuel Urrutria Lleo dichirava alla televisione cubana che il cominsmo non aveva per obiettivo il benessere della popolazione bensì unicamente la presa del potere da parte della rivoluzione. Pochi giorni dopo era stato destituito da Fidel Castro. Nell’estate del 1959 l’ammontare delle proprietà americane requisite dal regime cubano ammontava a 700 milioni di dollari. In conseguenza di ciò Eisenhower aveva bloccato l’importazione di zucchero da Cuba, cosa che dava inizio ad un rapido scambio di ‘botte e risposte’ tra i due contendenti. Castro decideva così di ‘cementare’ le relazioni con l’Unione Sovietica e allo scopo inviava il fratello Raul a Mosca, mentre Ernesto ‘Che’ Guevara, il più fidato luogotenente del dittatore cubano, proclamava pubblicamente che la rivoluzione a Cuba avrebbe seguito fedelmente il percorso indicato da Marx. Il 17 marzo 1960 il presidente Eisenhower autorizzava in segreto la Cia ad organizzare, esercitare ed equipaggiare il maggior numero possibile di rifugiati cubani in modo da formare una forza ‘irregolare’ nella prospettiva di rovesciare il regime castrista. Nel gennaio 1961 gli Stati Uniti rompevano le relazioni diplomatiche con Cuba. La tensione tra i due paesi continuava a crescere in modo allarmante, accompagnata da minacciosi scambi di accuse tra i rispettivi capi di stato. Castro accusava la Cia di complicità nell’attività controrivoluzionaria contro il governo di Cuba e denunciava l’imminente invasione dell’isola da parte degli Stati Uniti. Poco più di un mese prima del suo insediamento alla Presidenza, il 30 gennaio, in un messaggio indirizzato agli stati dell’Unione Kennedy dichiarava…
… nell’America Latina agenti comunisti stanno cercando di fomentare la rivoluzione marxista nella speranza di insediarsi a Cuba, distante solamente 90 miglia dalla costa americana. I nostri contrasti con Cuba non sono motivati dalla legittima aspirazione del suo popolo ad avere una vita migliore, bensì dal fatto che sono sottoposti ad ordini da parte di un regime totalitario straniero il quale agisce dietro copertura del regime, pure totalitario, di casa loro… la dominazione comunista in questo emisfero non potrà essere oggetto di negoziato…
Poco dopo l’ascesa alla presidenza, Kennedy dava il proprio assenso al supporto americano ad un tentato sbarco di cubani anti-castristi nella Baia dei Porci, situata a sud dell’isola nella provincia di Las Villas. Lo sbarco, iniziato il 17 aprile 1961 senza accurata preparazione, era constarastato con successo dalle truppe cubane, sembra sotto il comando dello stesso Fidel Castro. Obbedendo alle disposizioni del presidente Kennedy, nessun membro del personale americano che seguiva l’operazione aveva posto piede sul suolo cubano. L’appoggio dato dagli americani al tentativo di rovesciamento del regime castrista era tuttavia troppo evidente per poter essere tenuto nascosto. Kennedy pertanto prendeva pubblicamente su se stesso ‘tutta la responsabilità’ di avere autorizzato l’appoggio dato al fallito tentativo di sbarco a Cuba. Anche dopo il grave insuccesso della Baia dei Porci, la tensione tra i due paesi non era scesa. In un discorso tenuto il 20 aprile alla American Society of Newspapers Editors Kennedy dichiarava che ‘gli Stati Uniti non si sarebbero rassegnati ad abbandonare Cuba ai comunisti’. Il 1° maggio il segretario di stato Dean Rusk dichiarava al Senate Foreign Relations on Latin American Affaire che, nel caso Castro avesse incoraggiato atti di aggressione di qualunque tipo, ‘gli Stati Uniti si sarebbero difesi’. Il 17 maggio la Camera dei Rappresentati approvava una risoluzione che dichiarava Cuba ‘chiaro e attuale pericolo per l’emisfero occidentale’. Nel corso del 1961 e 1962 la politica americana sarà incentrata sull’isolamanto economico di Cuba e sul supporto all’attività dei guerriglieri anticastristi. Il governo cubano dal canto suo denunciava, il più delle volte in verità giustamente, che i raid condotti sul proprio territorio erano istigati e diretti dal governo americano. In previsione di dover contrastare un altro attacco il regime di Cuba aveva così chiesto, ed ottenuto, appoggio militare da parte dell’Unione Sovietica. La guerra nucleare totale tra le superpotenze americana e sovietica non sarà mai più così vicina ad avverarsi come lo è stata nella seconda metà del 1962, in conseguenza della ‘crisi dei missili a Cuba’. Il 22 ottobre di quell’anno il presidente Kennedy annunciava alla nazione che i voli di ricognizione fotografica avevano scoperto la messa in opera a Cuba di siti di missili dotati di testata nucleare. Il giorno successivo lo stesso Kennedy proclamava la ‘messa in quarantena’ della fonitura di armi nucleari a Cuba, da attuarsi mediante blocco navale. Negoziati diretti tra Stati Uniti e Unione Sovietica condotti al massimo livello ponevano termine alla crisi il 20 novembre. Secondo la maggior parte degli osservatori internazionali, in quella circostanza John Fitgerald Kennedy aveva giocato e vinto contro Fidel Castro e Nikita Krutshcheff un vero e proprio ‘braccio di ferro’. La guerra totale, sia pure di stretta misura, era stata scongiurata. Tutte le armi nucleari erano rimosse da Cuba, mentre negoziati erano stati avviati per la limitazione di armi di altro tipo. In cambio Cuba e Unione Sovietica ottenevano precise garanzie di ‘non invasione’ di Cuba, condizionata alla possibilità di verifica da parte americana dell’avvenuta rimozione dall’isola di tutte le armi strategiche. Dal momento però che Castro in seguito non permetterà le ‘ispezioni’, gli Stati Uniti non ratificheranno loro volta le ‘garanzie’. Nel successivo anno 1963 tuttavia il presidente Kennedy aveva dato l’autorizzazione all’avvio di aperture informali di trattative tra Cuba e Stati Uniti al fine di migliorare le relazioni tra i due paesi. L’enventualità dell’apertura di colloqui ufficiali attraverso le Nazioni Unite inoltre era anch’essa tenuta presente. In aggiunta a questo, dopo la fine della ‘crisi dei missili’, gli Stati Uniti avevano posto freno ai raid condotti sull’isola dagli anticastristi e si erano rifutati, almeno ufficialmente, di concedere loro un qualsiasi riconoscimento. La situazione venutasi a creare era relativamente tranquilla, anche se si era consapevoli che una nuova crisi avrebbe potuto esplodere da un momento all’altro. Il 7 settembre 1963, in una intervista concessa all’inviato della Associated Press Daniel Harker, Castro aveva ammonito gli Stati Uniti ‘a non appoggiare movimenti il cui scopo era il rovesciamento del governo cubano’ ed aveva messo in guardia i laeader americani affermando che ‘ogni tentativo di eliminare i capi della rivoluzione a Cuba si sarebbe ritorto contro di loro’. Il 18 novembre 1963, quattro soli giorni prima di essere ucciso, in un discorso tenuto a Miami in Florida, Kennedy aveva pronunciato le seguenti parole…
… ciò che divide Cuba dal mio paese… è il fatto che una piccola banda di cospiratori ha privato il popolo cubano della sua libertà e assoggettato l’indipendenza e la sovranità di Cuba agli interessi di una potenza straniera. Essi hanno fatto di Cuba una vittima dell’imperialismo e uno strumento della politica di altri che ha per scopo di sovvertire l’ordinamento dei paesi liberi di questo continente. Questo, e questo solo, è ciò che ci divide…
Il 22 novembre 1963, allorché il presidente Kennedy è stato assassinato a Dallas, se non proprio i dettagli, per lo meno gli elementi essenziali della storia più recente delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti erano noti a chiunque leggesse i giornali. E’ logico pertanto che, allorché si è cominciato a supporre che il presidente fosse stato vittima di una ‘cospirazione’, Fidel Castro e il governo comunista di Cuba siano divenuti i principali indiziati. Le prime indagini sul conto di Lee Harvey Oswald avevano messo in luce le sue simpatie per Fidel Castro, la sua adesione al Fair Play for Cuba Committee e il viaggio da lui intrapreso nel settembre del 1963 a Mexico City, dove aveva contattato l’ambasciata sovietica e il consolato cubano. Tutto questo lo si sapeva bene prima che la commisione Warren iniziasse i lavori ed aveva motivato la necessità di indagare sulla eventualità che si fosse trattata di una cospirazione ordita da Fidel Castro. Il rapporto stilato dalla commissione Warren in effetti chiarisce che tale eventualità è stata presa in considerazione e che su di essa si indagato, specialmente in relazione al viaggio di Oswald in Messico. Questa ed altre attività di Oswald nei mesi precedenti l’assassinio di Kennedy non hanno portato elementi di supporto ad una ‘copirazione’ orchestrata dal governo di Cuba e tale ipotesi è stata considerata per alcuni anni del tutto priva di fondamento. Nel 1967 i giornalisti Drew Person e Jack Anderson hanno rimesso la cosa in discussione facendosi portavoce di una ‘teoria’ secondo la quale il presidente Kennedy è stato assassinato per ‘ritorsione’ ad un piano della Cia che mirava alla eliminazione del dittatore cubano. In conseguenza di ciò è nata una speciale commissione del Senato, chiamata Senate Select Committee to Study Govermental Operation, con l’incarico specifico di investigare sulle ‘operazioni segrete’ condotte in passato dalla Cia e da altre agenzie di intelligence americane. Le indagini della comissione del Senato hanno appurato tra l’altro l’esistenza due specifiche operazioni orchestrate dalla Cia contro Fidel Castro nei primi anni ’60. Su entrambe queste ‘operazioni’ la HSCA ha poi indagato in modo esteso. Una, denominata ‘Operazione AMLASH’, era il risultato dei contatti avuti dalla Cia con una importante personalità cubana [chiamata in codice AMLASH], fermamente motivata ad organizzare un colpo di stato per rovesciare Fidel Castro. La Cia era stata in contatto con AMLASH dal marzo 1961 al giugno 1965. La seconda operazione pianificata dalla Cia di cui la comissione è venuta a conoscenza è una sorta di joint venture tra questa organizzazione e la criminalità organizzata americana. Essa era stata avviata nel 1960 nel corso di un ‘colloquio’ tra il ‘direttore alle operazioni’ della Cia Richard Bissel e il ‘direttore alla sicurezza’ Sheffield Edwars. Tale ‘operazione’, secondo la commissione, era durata sino al febbraio 1963. La conclusione alla quale la commissione è arrivata riguardo queste ‘operazioni’ della Cia è che ‘Fidel Castro con ogni probabilità non ebbe sentore di esse, o perlomeno non fu in grado di distinguerle da numerosi altri tentativi di rovesciare il suo regime organizzati da esuli cubani non in alcun modo collegati alla Cia…’, stabilendo inoltre nel rapporto finale che ‘non risulta da alcun elemento che il governo cubano abbia pianificato di uccidere in presidente Kennedy in risposta auna operazione ordita dalla Cia contro Cuba…’. In seguito alla pubblicazione del report della commissione, la Cia ha creato a sua volta una speciale task force interna per fornire risposta alle questioni aperte dall’indagine della commissione. Fin dall’inzio la task force della Cia si è pereoccupata di ribadire che il progetto di associazione con la Mafia e la ’Operazione AMLASH’ rappresentavano solamente due delle tante operazioni tentate dall’agenzia di intelligence nei confronti di Cuba e che nessuna di esse poteva essere considerata, alla stregua dei modestissimi risultati ottenuti, sufficiente a provocare un reazione di vasta portata. Hai poi fornito precisazioni su entrambe le questioni dibattute [op. cit. pag. 108]. Per quanto riguardava la ‘Operazione AMLASH’…
… fino a che il presidente Kennedy è stato in vita, non risulta che qualcosa della sudetta operazione sia giunta alle orecchie di Fidel Castro. In effetti solo trascurando grossolanamente le più elementari norme di sicurezza il presidente avrebbe potuto permettere a Fidel Castro di conoscere dettagli su di un piano coperto dalle più strette misure di segretezza…
E riguardo alla ‘collusione’ tra Cia e Mafia…
… è possibile che la Cia si sia trovata coinvolta nel supporto ad attività che in ogni caso il crimine organizzato aveva intenzione di intraprendere… come è possibile che la Cia abbia fatto da ‘copertura’ a queste attività…
Un modo un poco vagi per dire che si era in ogni caso trattatto di attività della Mafia e non della Cia… Alla ‘accusa’ di non aver fornito alla commissione Wareen un supporto adeguato, la task force ha infine replicato…
… mentre si può comprendere il motivo per il quale la commissione Warren ha limitato i suoi strumenti inquisitori ai ‘normali’ riscontri investigativi, quello chiappiamo oggi di fatto rafforza la credibilità dei risultati cui essa è pervenuta. La Cia avrebbe certo potuto anch’essa confermare quello che quasi unanimemente è ormai accettato riguardo la possibilità di coinvolgimento di Cuba o dell’Unione Sovietica nellassassinio di JFK a causa della tensione esistente a quel tempo. L’agenzia aveva tutti gli strumenti per svolgere sull’episodio indagini in proprio e a largo raggio, cosa che ovviamente ha fatto. I risultati che essa ha ottenuto non sarebbero stati rilevanti per il lavoro della commissione Warren, né avrebbero cambiato le sue conclusioni…
E’ abbastanza chiaro dal tenore delle risposte fornite dalla task force alla HSCA che dalla Cia non vi era ragionevolmente da aspettarsi una effettiva ‘collaborazione’ nella soluzione dell’enigma. Del resto è evidente che le indagini di natura ‘criminale’ non rientrano tra i compiti di un’agenzia di intelligence… per il semplice motivo che in ogni paese del mondo, democratico o no, è essa stessa, in un certo senso, una ‘organizzazione criminale’… Conscia di ciò la commissione ha condotto una indagine per proprio conto, ascoltando testimoni, anche in Messico e a Cuba, e procurandosi la maggior quantità possibile di documentazione non coperta da ‘segreto’. Riguardo la ’Operazione AMLASH’ le testimonianze sono risultate assai contraddittorie. L’ex-direttore della Cia Richard M. Helms, nella sua deposizione di fronte alla commissione, ha affermato che nell’abito della ‘Operazione AMLASH’, l’assassinio di Fidel Castro non era previsto. La commissione però ha fatto notare che in primo luogo elementi del tutto evidenti indicavano che l’assassinio del dittatore era una misura ineliminabile in qualunque piano tendente a rovesciare Fidel Castro, e in secondo luogo che quello che importava era il punto di vista al riguardo di Fidel Castro, non dell’agenzia. I files forniti dalla Cia indicano che fin dal marzo 1962 AMLASH aveva riferito all’agente della Cia in contatto con lui di aver previsto ‘il sabotaggio degli impianti petroliferi, oltre all’esecuzione dei principali luogotenenti di Fidel Castro, dell’ambasciatore sovietico e dello stesso Castro’ [op. cit. pag. 111]. Nel suo report poi l’agente della Cia, specificando chiaramente di non aver comunicato nessuna istruzione ad AMLASH, riportava di aver riferito a questi che ‘piani come quelli da lui proposti potevano certamente essere presi in considerazione, ma per la loro riuscita erano necessarie una buona coordinazione, una dettagliata raccolta di informazioni e altre cose…’. Il contenuto di successivi dispacci scambiati tra l’agente e il quartier generale dell’agenzia indicava che si che questa aveva deciso di non considerare l’assassinio di Fidel Castro da parte di AMLASH requisito essenziale [op. cit. pag. 112]. Dai files della Cia risulta che AMLASH ha fatto ritorno a Cuba subito dopo l’incontro dell’agosto 1962. Il successivo contatto ha avuto luogo nel settembre 1963. A quel tempo la Cia era convinta che AMLASH non avesse cambiato le sue intenzioni e desiderava sapere quale nuovo ‘piano’ egli avesse in mente. L’11 ottobre il solito ‘contatto’ riferiva via telescrivente al quartier generale che AMLASH era intenzionato ad attentare alla vita di Fidel Castro con o senza il supporto americano. Il 21 ottobre aggiungeva che AMLASH chiedeva agli Stati Uniti assicurazione di supporto nel caso il suo piano avesse avuto successo. Il 29 ottobre Desmond Fitzgerald, capo dello Special Affairs Staff, si incontrava con AMLASH qualificandosi come portavoce del segretario alla giustizia Robert Kennedy, fratello del preisidente. Fitzgerald forniva ad AMLASH le assicurazioni richieste, precisando però che nel ‘supporto’ della Cia non era copmpreso l’assassinio di Fidel Castro. Nel memorandum finale steso al termine dell’incontro Fitgerald specifica che il ‘supporto tecnico’ richiesto era inteso da AMLASH come un fucile speciale o qualche altro tipo di arma idonea ad assassinare Fidel Castro. Anche se non era intenzione dell’agenzia appoggiare il piano omicida di AMLASH, l’alternativa se fornire o no il ‘supporto tecnico’ era valutata e il 20 novembre veniva comunicato ad AMLASH di presentarsi per un nuovo incontro. Questo aveva luogo il 22 novembre, proprio il giorno in cui il presidente era assassinato a Dallas, e la Cia comunicava ad AMLASH che il ‘supporto tecnico’ da lui richiesto gli sarebbe stato fornito. Se si ipotizza che Fidel Castro sia venuto a conoscenza degli incontri di AMLASH con la Cia, è logico ipotizzare che conoscesse anche le sue intenzioni, come pure il fatto che qualsiasi piano di rovesciamento del suo regime a Cuba non potesse che includere la sua eliminazione fisica. Nella sua deposizione davanti alla commissione senatoriale Joseph Langosh, nel 1963 capo della counterintelligence dello Special Affairs Staff, ha affermato che è assai probabile che già nel 1962 l’intelligence di Cuba sapesse di AMLASH e dei suoi contatti con la Cia [Il SAS era in ambito Cia responsabile di tutte le operazioni contro Cuba e AMLASH faceva parte di queste]. La commissione non è stata in grado di confermare o meno queste affermazioni. Da parte sua il governo cubano ha identificato AMLASH con un certo Rolando Cubela e ha dichiarato di non aver mai conosciuto i piani di costui prima del 1966. Anche in questo caso la commissione non è stata in grado di verificare quanto detto dal governo cubano. Vi è da rilevare che l’ipotesi di non conoscenza da parte dei cubani dei piani di Cubela prima del 1966 è confortata dalla data in cui questi è stato arrestato e successivamente processato a Cuba. Vi è altresì da rilevare però che il governo cubano, affermando che il 22 novembre 1963 ancora non sapeva nulla dei contatti tra Cubela e la Cia, potrebbe essersi creato un comodo ‘alibi’. Rolando Cubala, sentito dalla commissione nel carcere in cui scontava la condanna a vita, ha confermato che, per quanto a sua conoscenza, nel 1963 il governo cubano non aveva alcuna informazione circa il coinvolgimento della Cia per assassinarlo. Nel caso di Cubela però vi era da considerare che la sua testimonianza poteva essere stata condizionata dal suo stato di detenzione. Esaminando tutte le testimonianze raccolte la commissione alla fine ha deciso di non poter escludere con certezza che Castro il 22 novembre 1963 fosse a conoscenza della ‘Operazione AMLASH’ e ha rilevato che il fatto che la commissione Warren non fosse stata informata di detta operazione ha inciso in modo assai negativo sulle sue capacità di giudizio.
Per quanto invece riguardava il ‘complotto Mafia-Cia’, la commissione senatoriale ha accertato, anche in questo caso sulla base del report della task force, che la criminalità organizzata con ogni probabilità intendeva riservarsi un ruolo attivo nella eliminazione di Fidel Castro, indipendentemente da ogni contatto da essa avuto con la Cia. In particolare la commissione ha appurato che nel primo stadio di operazioni congiunte la criminalità organizzata ha deciso di fornire supporto alla Cia per due principali motivi…
a) il supporto della Cia avrebbe fornito ‘veste giuridica’ e ‘supporto logistico’ al piano per assassinare Fidel Castro
b) gli ‘agganci’ avuti con la Cia nell’assassinio di un capo di stato straniero avrebbero grandemente aumentato il ‘prestigio’ e la ‘deterrenza’ della criminalità organizzata all’estero
Nel successivo periodo di collaborazione Mafia-Cia però, dall’inizio del ’62 all’inizio del ’63, la criminalità organizzata non aveva più manifestato interesse ad eliminare Fidel Castro. L’aumento dell’influenza sovietica a Cuba infatti aveva reso la prospettiva di riguadagnare il terrirorio dell’Havana ai traffici della Mafia più facile da realizzare. Vi erano poi le favorevoli prospettive che si erano create nelle Bahamas e in altre isole caraibiche che sconsigliavano ‘soluzioni troppo radicali’ [op. cit. pag. 114]. Questa ipotesi è stata confermata, sia pur indirettamente, da Robert Maheu, ex-agente dell’Fbi divenuto poi investigatore privato, il quale ha tenuto a suo tempo per conto della Cia i contatti con John Roselli, il principale referente della Mafia. Maheu è stato tenuto in osservazione dall’Fbi tramite ‘intercettazioni ambientali’ all’inzio del 1962 e tutti i colloqui da lui avuti con il capo della Mafia Sam Giacana registrati. Maheu ha rierito all’Fbi di aver lavorato per la Cia allo scopo di avere informazioni riguardo a Cuba sfruttando i contatti di questa con la criminalità organizzata. La Cia ha successivamente corroborato le dichirazioni di Maheu, il quale non è stato così perseguito penalmente. Circa Roselli la commissione ha ritenuto significativo il fatto che le sue rivelazioni pubbliche sul ‘complotto Mafia-Cia’ abbiano coinciso nel 1967 nel 1971 con i suoi sforzi di evitare la prigione prima e l’incrimanzione per attività illegali nel gioco d’azzardo poi. E’ stato Roselli infatti a rilasciare per la prima volta dichirazioni sul ‘complotto’ e a proporre la cosiddetta ‘teoria della rivalsa’ riguardo l’assassinio del presidente Kennedy [delle ‘dichiarazioni’ rilasciate da John Roselli nel 1967 si è già parlato abbastanza disffusamente in un precedente capitolo… -n.d.r.]. Secondo questa ‘teoria’ degli esuli cubani assoldati dalla Mafia per uccidere Fidel Castro e scoperti dai servizi segreti di Cuba, sarebbero stati costretti dallo stesso Castro ad assassinare il presidente Kennedy ‘per rivalsa’. La commissione ha ritenuto verosimile che Roselli abbia speculato sulle opinioni, più o meno fondate, che la gente nutriva riguardo ai ‘complotti’ della Cia per costringere questa ad intervenire nei suoi problemi legali, evitando in cambio di rendere pubblica qualsiasi altra ‘confidenza’ sui passati rapporti tra Mafia e Cia. La commissione non ha concesso alcuna credibilità a questa bizzarra ‘teoria’ riguardo la morte del presidente Kennedy in base soprattutto alla considerazione che, anche a prescindere da altri motivi, essa avrebbe comportato rischi elevatissimi. Dall’esame dei files della Cia è stato possibile accertare che nel 1963 il governo cubano poteva contare sull’attività di propri agenti operanti praticamente in tutti i paesi occidentali, inclusi gli Stati Uniti. Anche ammettendo che Castro abbia voluto minimizzare i rischi di esser scoperto utilizzando come killer persone non facenti parte dell’oganizzazione segreta di Cuba, appare del tutto inverosimile che si sia servito di elementi della Mafia o di cubani in esilio ad essa associati per assassinare un capo di stato americano. È inoltre assai diffcile da ammettere che la Mafia, la quale già nel 1962 non era ormai più motivata ad eliminare Fidel Castro, un anno dopo abbia radicalmente cambiato idea. La commissione al riguardo ha fatto giustamente osservare che le figure della Mafia generalmente sono, al pari degli uomini di affari ai più elevati livelli, ‘razionali e pragmatiche’ e il più delle volte non sisdegnano di stringere accordi anche con i nemici più irriducibili se questo conviene a loro. Fidel Castro nel 1963 era sì un nemico di vecchia data della criminalità organizzata, ma nello stesso tempo la Mafia si trovava a dover fronteggiare il pericolo ben più consistente costituito dall’attuazione del programma anticrimine messo a punto dall’aministrazione Kennedy e in questa situazione un accordo o quanto meno una ‘non belligeranza’ con Fidel Castro era senz’altro una alternativa più attraente di una situazione di continuo attrito reciproco [op. cit. pag. 115].
La ‘prova’ più ‘convincente’ della estraneità di Fidel Castro alla morte del presidente Kennedy sarà però fornita alla fine dallo stesso Castro in occasione della trasferta a Cuba della commissione senatoriale avvenuta nell’estate del 1978. In tale occasione al dittatore cubano è stato chiesto tra l’altro che cosa avesse da dire circa il coinvolgimento di Cuba nell’assassinio di Kennedy. Questa è stata la replica di Fidel Castro [op. cit. pag. 126]…
… l’idea che il governo cubano sia stato coinvolto nella morte del presidente Kennedy è totalmente insana. Insana sia dal punto di vista ideologico, sia soprattutto dal punto di vista politico. Vi posso assicurare nel modo più assoluto che a Cuba nessuno, dico nessuno, è mai stato sfiorato da una simile idea. Che cosa potavamo fare allora?… allora potevamo solo cercare di difendere la nostra gente nel nostro territorio… chiunque avesse avuto un’idea come quella che voi mi prospettate sarebbe stato giudicato un pazzo… Mai in venti anni di rivoluzione nessuno di noi ha proposto una soluzione come quella che voi pensate, ossia progettare l’assassinio del presidente deglio Stati Uniti. Un’atto del genere avrebbe fornito agli Stati Uniti il tanto atteso pretesto per invadere nostro paese, proprio quello che ho sempre cercato in tutti questi anni assolutamente di evitare. Dal momento che gli Stati Uniti sono infinitamente più potenti di noi, che cosa mai avremmo da guadagnare in una guerra contro di loro?… gli Stati Uniti non perderebbero nulla, noi verremmo completamente distrutti…
Esclusi i sovietici, escluso Fidel Castro, esclusa, come vedremo più avanti, la Mafia, per l’HSCA rimaneva un ultimo gruppo di ‘individui sospetti’, un gruppo oltretutto dai connotati incerti e dalle caratteristiche non facilmente definibili come i primi della lista… gli esuli cubani anticastristi. Per quanto riguarda essi la commissione non giunge ad un verdetto certo e lascia la porta aperta a numerose ipotesi ‘inesplorate’. Vale la pena di riportare testualmente quanto è scritto nel report finale [op. cit. pag. 129]…
La commissione ritiene, sulla base dei riscontri disponibili, che i gruppi anticastristi cubani non siano stati coinvolti in quanto tali nell’assassinio del presidente Kennedy, anche se l’evidenza dei fatti non permette di escludere che qualche individuo isolato vi abbia in qualche modo partecipato…
La nave-appoggio della Cia Houston, affondata da aerei cubani la mattina del 17 aprile 1961 nel corso del fallito sbarco nella Baia dei Porci
E’ difficile stabilire se la commissione sia giunta a questa conclusione in base ad elementi obiettivi oppure in considerazione che una completa esclusione di costoro dalla lista dei ‘sospettati’ avrebbe lasciato del tutto senza risposta il quesito più importante di ogni romanzo giallo che si rispetti, vale a dire l’identificazione del ‘colpevole’. Sia come sia, la commissione alla fine della fiera ribadisce, in modo se vogliamo non esplicito ma certo inequivocabile, che nessuno gruppo organizzato e [militarmente] strutturato ha organizzato ed eseguito l’uccisione del presidente degli Stati Uniti a Dallas il 22 novembre 1963. Prima di illustrare i motivi per i quali non si può, se non altro in base al più elementare buone senso, condividere una conclusione del genere, esaminiamo le argomentazioni della commissione. Due sono le ragioni per le quali si è valutata l’ipotesi che gli esuli cubani anticastristi siano stati gli autori dell’attentato di Dallas. La prima è che il presidente Kennedy aveva in un certo senso ‘tradito’ la loro causa, ossia la liberazione di Cuba dal regime di Fidel Castro da attuarsi con una incessante azione di guerriglia. La seconda è che alcune indagini svolte negli anni precedenti [alla più importante della quali, svolta dal procuratore di New Orleand Jim Garrison, si è dedicato un intero capitolo…] avevano rivelato che Lee Harvey Oswald era stato in contatto con alcuni di questi gruppi, in particolare nei mesi precedenti l’assassinio di Kennedy. Già nel 1964 due membri della commissione Warren, W. DAvid Slawson e William Coleman, avevano avanzato l’ipotesi che, contrariamente all’immagine di lui resa pubblica di simpatizzante di Fidel Castro, Oswald in realtà era strettamente legato agli esuli anticastristi. Per sollecitare anzi ulteriori indagini in questa direzione, essi avevano scritto in proprio un memorandum nel quale si legge tra l’altro…
… i riscontri che possono far luce su di un coinvolgimento degli anticastristi nell’assassinio possono essere ricostruiti in base al fatto che Oswald era noto a Cuba come un fervente sostenitore di Fidel Castro. Egli non ha fatto mai mistero di ciò e questo può aver indotto gli esuli cubani anticastristi ritenere che le autorità investigative americane li avrebbero scaratati dalla lista dei sospettati… In secondo luogo qualche membro delle formazioni anticastriste può aver pensato che Oswald, soggetto quanto mai incline alla violenza sragionata, era persona che poteva essere facilmente indotta ad assassinare il presidente in occasione del suo arrivo a Dallas… Una volta che il loro obiettivo fosse stato raggiunto e Oswald catturato, o per lo meno identificato come autore materiale dell’assassinio, le autorità investigative e l’opinione pubblica avrebbero sicuramente indicato come responsabile il governo cubano…
Il movimento anticastrista aveva preso l’avvio subito dopo la rivoluzione marxista a Cuba. All’inzio la popolazione cubana aveva applaudito alla rivoluzione per il fatto che essa aveva rovesciato il regime dittatoriale di Batista. Non era passato molto tempo tuttavia e molti suoi iniziali sostenitori avevano trovato valide ragioni per condannare il nuovo regime. In particolare molti cubani non approvavano la politica del nuovo governo, evidentemente nella direzione del rigetto dei tradizionali legami con gli Stati Uniti e dell’avvicinamento all’Unione Sovietica. Non appena la scelta marxista di Fidel Castro era divenuta evidente, erano sorti movimenti clandestini di opposizione. In un certo tempo questi si erano organizzati a Cuba, ma una volta costata l’efficacia della repressione messa in atto dalle milizie di Fidel Castro, le basi operative di queste organizzazioni si erano trasferite a Miami e in altre città degli Stati Uniti. Il governo americano non era rimasto sordo alla rcihiesta di aiuto da parte loro per rimuovere la presenza comunista dai Caraibi, troppo vicini al territorio degli Stati Uniti per non rappresentare una seria minaccia. Un programma di supporto alle formazioni di esuli cubani intenzionate a rovesciare Fidel Castro era stato approvato dal presidente Eisenhower ed ereditato dal suo successore, John Foitzgerald Kennedy, quando ormai era stato messo a punto in dettaglio dalla Cia. Gli esuli cubani, totalmente dipendenti dagli Stati Uniti per quanto riguardava armi e approvvigionamenti, avevano però scarso sostegno a Washington. Questo era poi totalmente collassato in seguito al ‘fiasco’ della Baia dei Porci del 17 aprile 1961, allorchè un male organizzato tentativo di invasione di Cuba era stato sventato dalle milizie castriste. L’insufficiente supporto aereo fornito in quella occasione dagli americani e il successivo pubblico rocponoscimento di responsabilità da parte di Kennedy avevano scosso la fiducia degli anticastristi nei confronti del governo degli Stati Uniti. In una riunione del comitato esecutivo, Manuel Antonio Verona, nel 1961 capo dell’organizzazione di esuli cubani Revolutionary Democratic Front, si era fatto interprete dei sentimenti dei suoi ed aveva espresso a Kennedy l’auspicio che l’invasione di Cuba fosse solo rinviata. ‘Non imputavamo nulla a Mister Kennedy - testimonierà più tardi Verona – Sapevamo che egli non era direttamente responsabile della disfatta militare…’. Un collaboratore di Verona, Mario Lazo, ha così descritto i sentimenti degli esuli cubani nei confronti di Kennedy nel suo libro Dagger in the Hearth…
… la Baia dei Porci è stata una ferita che Washington si è inflitta da sola. Kennedy è stato nel giusto quando si è assunto pubblicamente la totale responsabilità… L’eroismo della Brigata Cubana si era risolto nella morte di molti dei suoi membri e nell’imprigionamento dei sopravvissuti. Il popolo cubano, che aveva fino ad allora considerato gli Stati Uniti come una nazione forte, ricca e generosa si chiedeva ora dove stava il senso dell’onore e la capacità dei suoi leader…
Il presidente Kennedy nella realtà si è comportato però in modo ben diverso da come simili dichirazioni intendono far credere. Egli non ha affatto abbandonato gli esuli cubani al loro destino, e anzi in più di un’occasione non ha mancato di esprimere fedeltà alla loro causa. Uno degli eventi più carichi di emozione nei rapporti tra Kennedy e gli esuli cubani si è verificato 1l 29 dicemngre 1962 alla Orange Ball di Miami. In quella occasione ha reso omaggio ai sopravvissuti della Brigata 2506, circa 1200 uomini che erano stati rilasciati dopo aver trascorso più di venti mesi nelle prigioni cubane. Tutto il periodo di tempo intercorso tra il fallito srarco alla Baia dei Porci e la ‘crisi dei missili’ è in realtà stato caratterizzato da una convinta politica anticastrista da parte del governo americano. Miami, sede del quartier generale delle organizzazioni anticastriste, era divenuta la base di partenza degli ‘irregolari’ infiltrati segretamente a Cuba. Anche se queste attività erano coperte da segreto, molti erano i cubani che sapevano di esse per il semplice motivo che vi erano coinvolti. Al tempo della ‘crisi dei missili’ dell’ottobre 1962, gli esuli cubani avevano sperato ardentemente che la prospettiva di un intervento militare americano provocasse il crollo del regime di Fidel Castro. Questa speranza si è poi tradotta in cocente delusione quando Kennedy ha ottenuto il ritiro dei missili sovietici dall’isola, dando in cambio assicurazione di non invadere Cuba. A questa poi si è aggiunto un forte risentimento allorché nella primavera del 1963 il governo federale ha imposto la chiusura di quasi tutti i centri di addestramento e le basi dei guerriglieri anticastristi in territorio americano. In seguito si sono aggiunti sequestri di armi illegalmente importate e relativo arresto dei trafficanti. Qualche forma di attività sporadica da parte della guerriglia anticastrista è durata fino al giorno dell’assassinio di Kennedy, quantunque il supporto americano si fosse ridotto praticamente a zero. Il conseguenza di tutto questo la popolarità di Kennedy presso gli esuli cubani era bruscamente scesa nel corso dell’anno 1963. Il forte clima di risentimento nei suoi confronti è assai evidente dalla lettura, tra l’altro, dell’edizione del 26 settembre del Dallas Morning News, nella quale un esule cubano identificato come Nelson Castellano, in previsione della visita di Kennedy del successivo novembre, così si è espresso [op. cit. pag. 132]…
… stiamo tutti aspettando la visita di Kennedy del 22 novembre… in un luogo o nell’altro avremo modo di inconrtrarlo e dirgi che cosa pensano di lui a Dallas… lui si sta dando da fare più di tutti affinché gli Stati Uniti divengano una dittatura comunista…
La commissione a questo punto si è dovuta sobbarcare il grosso e per nulla facile lavoro di identificare le principali organizzazioni di esuli castristi esistenti all’epoca e valutare le loro possibili ‘motivazioni’ contro il governo degli Stati Uniti. Si è trattato di un’impresa non semplice in quanto nel novembre 1963 vi erano oltre cento organizzazioni di questo tipo. Tra queste vi erano i gruppi Alpha 66, Cuban Revolutionary Junta [JURE], Commandos L, Directorio Revolucionario Estudiantil [DRE], Cuban Revolutionary Council [CRC], [i]Frente Revolucionario Democratico[i] [FRD], Junta del Gobierno de Cuba en el Esilio [JCCE], 30th of November, International Penetracion Forces [InterPen], Revolutionary Recovery Movement [MRR] ed Ejercito Invasor Cubano [EIC]. I gruppi sui quali si è soffermata l’attenzione della commissione sono stati classificati come ‘gruppi d’azione’, in pratica i più coinvolti in azioni di guerriglia e di propaganda. Da loro non si è saputo molto riguardo alle operazioni contro Fidel Castro, le infiltrazioni nell’isola e i piani di insurrezione miranti alla uccisione del dittatore cubano. Molti leader di queste organizzazioni, in particolare di quelle che si erano viste ostacolate dopo la conclusione della ‘crisi dei missili’, provavano grande risentimento nei confronti del presidente e della sua politica verso Cuba. La maggior parte di essi però si era limitata ad esternazioni a voce e non rappresentava un serio pericolo per l’incolumità del presidente. Un esempio di individuo assai attivo nel parlare ma poco incline ad agire nel concreto che la commissione ha identificato è stato Homer S. Echevarria. Costui ha attirato l’attenzione dell’ufficio dei servizi di intelligence di Chicago per l’attività da lui svolta pochi giorni prima della morte di Kennedy. In un memorandum stilato urgentemente il giorno dopo i fatti di Dallas, si riportavano alcune ‘conversazioni’, intercettate il 21 novembre, intercorse tra i membri di ‘un gruppo operante nell’area di Chicago che potrebbe essere coinvolto nell’assassinio di J.F.K.’ . In queste ‘conversazioni’ si parlava di traffico di armi e questo Echevarria aveva affermato di essere ‘assai fornito di denaro’ e di aver pronta una squadra che ‘quanto prima si sarebbe occupata di Kennedy’. Successive indagini dell’Fbi hanno accertato che Echevarria faceva probabilmente parte dell’organizzazione anticastrista 30th of November e che era associato con Juan Francisco Blanco-Fernandez, dirigente militare della DRE, il quale curava accordi per la fornitura di armi con la malavita di Chicago avendo come intermediario un certo Paulino Sierra Martinez. Anche se precisava che era opportuno continuare le indagini su questo personaggio, l’Fbi decideva di lasciare queste ai servizi di intelligence in quanto Echevarria e il suo gruppo di cubani non sembrava essere coinvolto in attività illegali di sorta. Il successivo 29 novembre il neo-presidente Lyndon Johnson creara la commissione Warren e questa in una delle sue prime delibere assegnava all’Fbi la responsabilità investigativa primaria per l’assassinio del presidente Kennedy. In base ad essa l’Fbi rilevava dai servizi di intelligence anche le indagini su Echevarria. Pur non essendo in grado di stabilire quale grado di attendibilità assegnare al contenuto delle ‘conversazioni’ tra questi e il resto del suo gruppo, la commissione Warren ha stabilito che il giudizio oginariamente formunalto dai servizi di intelligence era stato corretto e che il caso di Echevarria andava approfondito. Si era trovato ad esempio che il gruppo 30th of November era sostenuto finanziariamente dalla Junta del Gobierno de Cuba en el Esilio, organizzazione di base a Chicago che ruotava intorno a Paulino Sierra Martinez. La JCCE, una delle più attive organizzazioni anticastriste, era stata fondata nell’arile 1963 e si era sciolta il giorno dopo i fatti di Dallas. Il suo scopo era il supporto ad altri gruppi con più spiccate caratteristiche militari, come Alpha 66 o il Directorio Revolucionario Estudiantil, con entrambi i quali Lee Harvey Oswald era stato in contatto. Gran parte dei fondi con i quali la JCCE finanziava gli altri gruppi anticastristi erano il provento di attività condotte in collaborazione con la criminalità organizzata di Chicago. La commissione Warren ha esaminato le ipotesi formulate da Slawson e Coleman, e in particolar modo i contatti avuti da Oswald con varie organizzazioni anticastriste nei mesi precedenti l’assassinio di J.F.K. Essa ha rilevato tuttavia che questi contatti, nei pochi casi in cui sono realmente avvenuti, non sono stati significativi. L’HSCA non ha condiviso però questo punto di vista. In particolare la sua attenzione si è rivolta alle dichiarazioni rilasciate da Antonio Vaciana Blanch, il fondatore di Alpha 66 ed elemento di spicco del gruppo, assai attivo, anche se numericamente non molto consistente, durante tutto il 1962 e il 1963 [op. cit. pag.135]. I suoi attacchi in stile ‘mordi e fuggi’ erano stati severamente criticati da Kennedy nella primavera del 1963, e a queste critiche Vaciana aveva risposto ‘attaccheremo ancora e poi ancora!…’. Vaciana ha poi dichiarato di aver ricevuto costante supporto dalla Cia durante tutti i tredici anni [dal 1960 al 1973] di vita del suo gruppo attraverso la mediazione di un agente dell’agenzia da lui conosciuto con il nome di ‘Maurice Bishop’. Secondo Vaciana, Bishop ha programmato insieme a lui due volte un piano per uccidere Castro, la prima volta all’Avana nel 1961 e la seconda in Cile nel 1971. Inoltre lo ha aiutato nell’organizzazione di Alpha 66 per tutto il 1962, e al termine della loro collaborazione, nel 1973, lo ha ricompensato con oltre 250.000 dollari per i servizi da lui resi nel corso degli anni. Vaciana ha poi parlato anche di un meeting intercorso tra lui e Bishop nel settembre del 1963 a Dallas, nel corso del quale è stato presente un personaggio che lui ha riconosciuto come Lee Harvey Oswald. Vaciana ha inoltre riferito alla HSCA di essere stato contattato poco dopo i fatti di Dallas da Bishop, il quale sapeva che egli aveva un parente che lavorava per l’intelligence cubana a Mexico City. Bishop in quella circostanza avrebbe offerto al parente di Vaciana una grossa somma di denaro se fosse stato disposto a dichiarare che Oswald si era incontrato con lui in Messico nel settembre 1963. Vaciana aveva risposto di essere personalmente disponibile a contattare il parente, ma di non sapere come fare. La commissione ha ritenuto in linea di massima attendibili le dichiarazioni di Vaciana, in particolare la vicenda del meeting di Dallas al quale Oswald era stato presente. L’esame di altre testimonianze, tra le quali quelle raccolte nel già accennato viaggio della commissione all’Havana, ha inoltre ha dato credibilità all’esistenza dell’agente ‘Maurice Bishop’ e ai tentativi di assassinare Castro nel 1961 a Cuba e nel 1971 in Cile. La commissione ha dedicato grossi sforzi per verificare i legami tra Bishop e Oswald denunciati da Vaciana, ma senza successo. Nei files della Cia non vi è traccia dell’agente ‘Maurice Bishop’. Un suo ‘identikit’ è stato pubblicato sui principali media americani ma nessuno lo ha identificato. Negli ambienti del Senato ha circolato la voce che ‘Maurice Bishop’ sia stato l’ex-capo del Wenstern Hemisphere Direction del Directorate of Operations della Cia, oggi a riposo. La HSCA ha tentato di organizzare un ‘confronto all’americana’ tra quasti e Vaciana ma la cosa non è riuscita. Davanti alla commissione il funzionario a riposo ha dichiarato sotto giuramento di non aver mai usato il nome ‘Maurice Bishop’ e di non essersi mai incontrato con Vaciana. Vaciana dal canto suo ha testimoniato che quel funzionario non è ‘Maurice Bishop’, anche se ha una notevole ‘somiglianza fisica’ con lui. Un ex-direttore della Cia, John McCone, e un agente che in segreto ha partecipato ad operazioni a Cuba hanno entrambi testimoniato di ricordare che un ‘Maurice Bishop’ è stato affiliato all’agenzia, negando di essere in grado di fornire ulteriori dettagli. In una successiva dichiarazione McCone ha poi parzialmente modificato la sua deposizione, dichiarando di aver incontrato tre o quattro volte ‘Maurice Bishop’ nel quartier generale della Cia nei primi anni ’60. Egli però non era al corrente delle sue funzioni e non lo ha conosciuto di persona. Esito negativo ha avuto anche l’esame dei files forniti dall’Fbi e dal Dipartimento della Difesa. Si è scoperto che l’intelligence dell’Esercito si era interessato a Vaciana come fonte informativa sulle attività di Alpha 66 e questi aveva collaborato nella speranza di ricevere in cambio armi e finanziamenti per l’organizzazione. In definitiva la commissione, pur nella convizione che, almeno in parte, le rivelazioni di Vaciana siano state attendibili, a causa dell’assoluta mancanza di qualsiasi altro riscontro verificabile, non ha potuto prestar credito ai contatti da lui avuti con Lee Harvey Oswald nel settembre 1963.
La HSCA ha poi naruralmente speso fiumi di inchiostro per esaminare le vicissitudini e i contatti tenuti da Oswald a New Orleans e Lincoln nella primavera-estate del 1963, vicende che sono già state esaminate a fondo in precedenza e sulle quali il lavoro della commissione non ha messo in luce nuovi significativi aspetti. Vi è una vicenda abbastanza singolare però connessa con altri presunti contatti avuti da Oswald con gruppi anticastristi su cui la commissione ha indagato e che merita di essere conosciuta, la vicenda che coinvolge Silvia Odio, membro della Cuban Revolutionary Junta [op. cit. pag.137]. L’Fbi all’inizio aveva contattato la signora Odio dopo aver appreso da un testimone che essa aveva confidato ad un vicino di aver incontrato Lee Harvey Oswald. Nella sua deposizione davanti alla commissione Warren la Odio ha dichirato di essere stata avvicinata a Dallas nel settembre 1963 da tre uomini che le hanno chiesto aiuto per una raccolta di fondi a favore dell’organizzazione. A lei erano apparsi cubani, ma ha aggiunto che avrebbero potuto essere anche messicani. Due di questi le hanno detto di avere nomi di battaglia ‘Leopoldo’ e ‘Angelo’. Il terzo, chiaramente di nazionalità americana, le è stato presentato come ‘Leon Oswald’ e le hanno detto che era ‘molto interessato’ alla causa anticastrista. La Odio ricordava poi che gli uomini le hanno detto di provenire da New Orleans e che stavano proseguire il loro viaggio alla volta di un’altra destinazione. Il giorno seguente uno dei cubani l’ha contattata al telefono e le ha detto che intendevano introdurre l’americano nella struttura operativa clandestina in quanto ‘mostrava di avere le caratteristiche idonee’. Il cubano le ha detto anche che il personaggio proveniva dal corpo dei Marines, era un eccellente tiratore e infine che ‘Kennedy doveva essere ucciso per quello che era successo nella Baia dei Porci e che qualche cubano avrebbe dovuto pensarci, perché la causa della libertà di Cuba era nelle sue mani…’. La signora Odio si è dichirata convinta che colui che chiamavano ‘americano’ era Lee Harvey Oswald. La sorella della Odio, anch’essa presente quando i tre uomini le hanno fatto visita ed ha potuto osservare in faccia l’individuo in questione, è anch’essa convinta si trattasse di Oswald. Entrambe poi sono d’accordo che la vicenda ha avuto luogo il 26 o 27 settembre, in ogni caso non oltre il 1° ottobre. La commissione Warren era convinta che Oswald non potesse trovarsi a Dallas in quel periodo. Ciò nonostante ha richiesto all’Fbi di fare ulteriori indagini, le quali però alla chiusura dei lavori della commissione, nel settembre 1964, non erano state ancora condotte a termine. Il modo con il quale la commissione Wareen ha trattato la vicenda di Silvia Odio è assai istruttivo. Nell’estate del 1964 sono state fatte pressione sull’Fbi perché completasse indagini. Il 24 luglio J. Lee Rankin, segretario della commissione, ha scritto al direttore dell’Fbi J. Edgar Hoover una nota nella quale si diceva tra l’altro: ‘… la commissione è in possesso di prove secondo le quali Lee Harvey Oswald per tutta la durata del giorno 26 settembre 1963 era in viaggio su di un autobus da Houston a Mexico City…’. J. Wesley Liebeler, l’assistente la commissione che ha registrato la deposizione della signora Odio, non è d’accordo sul fatto che Oswald quel si trovasse con assoluta certezza sull’autobus diretto a Mexico City. In un memorandum preparato per un’altra comssione il 14 sttembre 1964, Liebeler ha obiettato che ‘non vi era nessun elemento evidente che accertasse che Oswald avesse lasciato Houston viaggiando su quell’autobus…’. Il 23 agosto 1963 Rankin scriveva nuovamente a Hoover: ‘… è della massima importanza per la commissione che la deposizione della signora Odio sia confermata oppure smentita…’. Rankin suggeriva inoltre che l’Fbi facesse qualche tentativo per accertare l’identità dei tre visitatori facendo ricerche tra i membri delle associazioni anticastriste e tra i leader della JURE. Rankin per finire chiedeva all’Fbi di appurare se Oswald, assente quel giorno da casa, non avesse per caso passato la notte del 24 settembre 1963 in un Hotel di New Orleans. Solo una parte, oltretutto inconcludente rispetto a quanto la commissione Warren aveva richiesto di accertare, delle risposte è stata consegnata dall’Fbi a Rankin il 9 novembre 1964, un mese e mezzo dopo che il report finale della commissione Warren era stato stilato. L’Fbi aveva tentato in qualche modo di ‘alleviare i problemi’. In un report datato 26 settembre è riportato l’interrogatorio di tal Loran Eugene Hall, il quale ha asserito di essersi recato a Dallas nel settembre 1963 accompagnato da due uomini che corrispondevano alla descrizione fatta dalla signora Odio e di essere stati loro a farle visita. Naturalmente nessuno dei tre era Oswald. Una settimana dopo gli altri due individui che avevano accompagnato Hall, Lawrence Howard e William Seymour, sono stati interrogati dall’Fbi. Essi hanno negato di essersi mai incontrati con Silvia Odio. Poco dopo lo stesso Hall ha ritrattato la sua testimonianza ed ha ammesso di non aver mai fatto visita alla Odio. Pur non essendo in grado di stabilire con certezza se Oswald si sia recato o no a casa di Silvia Odio ed evitando di approfondire le i motivi che avevano indotto Loran Hall a fabbricare la storia risultata poi fasulla, la commissione Warren alla fine ha fornito la seguente spiegazione riguardo al ‘caso Odio’…
… dal momento che l’Fbi non ha ancora completato le indagini sull’episodio nel momento in cui la presente relazione è data alle stampe, la commissione conclude che Lee Harvey Oswald non si è recato in casa di Silvia Odio nel settembre 1963…
Non reputando del tutto soddisfacente questa conclusione, la HSCA ha deciso di ascoltare ancora una volta Silvia Odio, i membri della sua famiglia e il dott. Burton Einspruch, il suo psichiatra [la signora Odio risultava da anni in cura presso il dott. Einspruch e i dettagli di ciò non sono stati ovviamente divulgati dalla commissione…]. La commissione ha potuto ascoltare una conversazione tra la Odio e il dott. Einspruch nella quale la paziente ha parlato della visita che i tre signori le hanno fatto. Si trattava di una conversazione avvenuta poco tempo dopo la visita dei tre e prima dell’assassinio del presidente Kennedy. Loran Hall ha poi deposto davanti alla commissione il 5 ottobre 1977. Howard e Seymour pochi giorni dopo. Anche l’agente dell’Fbi che ha trascritto la testimonianza di Hall ha deposto davanti alla commissione. Dai files dell’Fbi la commissione ha poi potuto accertare l’elenco degli appartenenti alla sezione di Dallas della JURE ed ha potuto ascoltarli uno ad uno. Un membro della commissione ha inoltre ascoltato Manolo Ray, fondatore della JURE, che all’epoca risiedeva in Porto Rico. Quasi tutto ciò non bastasse, la commissione ha esaminato dati e foto di tutti gli attivisti, sia filocastristi sia anticastristi, che avrebbero potuto corrispondere alla descrizione fatta dalla Odio, e in particolare è stata condotta una ricerca dettagliata sugli individui che hanno usato nomi di battaglia quali ‘Leopoldo’, ‘Angelo’, ‘Leon’ o similari. Tale ricerca ha portato all’individuazione di tre individui che in qualche modo avrebbero potuto essere i tre che si erano racati a casa della Odio nel settembre 1963. Le loro foto sono state mostrate alla signora ma esssa non è stata in grado di riconoscerli. Nonostante tutti questi elementi negativi, la HSCA ha considerato Silvia Odio come fonte attendibile. In particolare il misterioso ‘Leon Oswald’ presentato alla signora avrebbe potuto benissimo essere Lee Harvey Oswald. Uno dei motivi che inducono a ritenere valida questa ipotesi sarebbe il fatto che la visita in questione potrebbe aver avuto luogo la sera del 24 settembre, giorno in cui Oswald è stato visto a New Orleans, oppure nei successivi 25, 26 e financo 27 settembre. E’ stato in queste date infatti che Oswald ha avuto a disposizione un automezzo privato con il quale si è accertato si è recato all’inizio a New Orleans e alla fine a Mexico City, e nessuno è in grado di smentire che Dallas può essere stata una tappa intermedia. Pertanto, questo è il parere della HSCA, la possibilità che Oswald sia stato in stretto contatto con attivisti di una delle tante organizzazioni anti-Castro nelle settimane precedenti l’assassinio di Dallas non può essere esclusa con certezza. Senza aver la presunzione di commentare questa conclusione della HSCA, a che scrive queste righe pare tuttavia doveroso fare un paio di considerazioni. La prima è che l’indentità degli individui che si sono presentati alla signora Odio con i nomi di battaglia ‘Leopoldo’ e ‘Angelo’ non è mai stata accertata e pertanto affermare che essi facessero parte di una certa organizzazione, quale che essa sia, è alquanto arbitrario. La seconda è che altre testimonianze parlano di un ‘personaggio del tutto somigliante a Lee Harvey Oswald’ che nelle settimane precedenti i fatti di Dallas avrebbe fatto questa o quell’altra cosa e che si è accertato non poteva essere Oswald, per cui la deposizione di Silvia Odio, anche ammesso sia ‘veritiera’, non aggiunge elementi sostanzialmente ‘sconvolgenti’ rispetto a quanto già da tempo noto.
Dopo un lungo e paziente lavoro di indagine, alla fine la HSCA ha dunque di fatto escluso, sia pure con varie ‘sfumature’ e mantenendosi in ogni caso delle ‘porte aperte’, dal novero dei possibili ‘organizzatori’ dell’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy da prima il governo sovietico, poi il governo cubano e quindi le organizzazioni di esuli anticastristi. Rimane da vedere quello che la commissione ha considerato il quarto [ed ultimo… ma ciò come vedremo è assai opinabile…] ‘candidato’, vale a dire la ‘criminalità organizzata’ [leggi ‘Mafia’…]. Dal momento che qui il discorso si fa assai difficile e ci porterà al ‘cuore del problema’ , a questo ‘candidato’ si dovrà dedicare uno speciale capitolo…
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Nobis ardua
Comandante CC Carlo Fecia di Cossato
domenica 17 aprile 2016
Chi poteva volere la morte di John Fitzgerald Kennedy?…
Il report della House Select Committee on Assassinations…
Nel settembre del 1976 la riusoluzione nr. 1540 del 94-mo Congresso degli Stati Uniti creava la House Select Committee on Assassinations [ nel seguito sarà denominata HSCA…], un team
permanente composto di dodici membri incaricato di condurre un’indagine
completa sulla morte del presidente John Fitzgerald Kennedy e del leader
della lotta per i diritti civili Martin Luther King Jr. L’iniziativa di
creare questa nuova commissione d’inchiesta era stata sollecitata un
anno prima da una petizione sottoscritta da 135 membri del Congresso in
conseguenza delle ‘rivelazioni’ scaturite dall’inchiesta condotta da
un'altra commissione, questa volta del Senato [la Senate Select Committee to Study Governmental Operations…],
su alcune attività svolte dalla Cia e dall’Fbi nel decennio precedente,
durante il perido di presidenza ‘democratico’ di John Kennedy prima e
Lyndon Johnson poi. Tra le tante ‘rivelazioni’, una appurava che la Cia
aveva tenuto all’oscuro la commessione Warren di un piano da essa ordito
e approvato dal governo degli Stati Uniti per assassinare il leader cubano Fidel Castro e un’altra che l’Fbi aveva condotto un programma di counter-intelligence [denominato Cointerplo…] contro Luther King a la Southern Christian Leadership Conference.
Al di là delle motivazioni ‘di facciata’, appare del tutto evidente che
la creazione di questa commissione aveva una precisa valenza elettorale
in vista delle presidenziali che si sarebbero tenute a novembre, nelle
quali il presidente uscente, il repubblicano Gerard Ford, era dato dai
sondaggi assai indietro rispetto allo sfidante, il democratico Jimmy
Carter. La HSCA pertanto avrebbe dovuto terminare i lavori dopo solo
quattro mesi, vale a dire il 3 gennaio 1977, data di scadenza del
mandato del 94-mo Congresso degli Stati Uniti. Il 4 gennaio 1977 veniva
presentata la risoluzione nr. 9, che di fatto prevedeva la
ricostituzione della commissione d’inchiesta e alla quale l’apposita
commissione dava parere favorevole il 25 gennaio. Nel nuovo Congresso
esistevano tuttavia pareri controversi, motivati sia dai costi sia
[soprattutto] dalla natura delle indagini che essa avrebbe dovuto
svolgere, e così veniva portata avanti un nuova risoluzione [la nr. 222]
che prevedeva la proroga dei lavori della commissione per soli due
mesi, ossia fino al marzo 1977. Il 2 febbraio il Congresso inziava
l’esame della risoluzione nr. 222, la quale autorizzava la commissione
in particolare a ‘lavorare’ su due punti…
a) se le leggi in vigore al tempo, incluse quelle relative alla sicurezza e protezione del presidente degli Stati Uniti, in ordine a prevenirne l’assassinio ed ogni tipo di cospirazione ai suoi danni, come pure la giurisdizione investigativa e le capacità delle agenzie e dei dipartimenti federali fossero o no adeguate
b) se vi fossero state o no totale apertura e trasparenza nello scambio di informazioni tra agenzie e dipartimenti federali nel corso delle indagini relative al delitto e se eventuali informazioni non fornite fossero o no sotto la responsabilità di detti organismi
Si trattava in parole povere di un’inchiesta il cui reale obiettivo non era quello di ‘stabilire la verità’ sulla morte di John Fitzagerald Kennedy [e di Martin Luther King], bensì quello di accertare quale e di che entità era stata a suo tempo la ‘copertura’ data dalla Cia e dall’Fbi alle indagini su quegli attentati. La risoluzione nr. 222 era approvata quello stesso giorno e l’8 marzo il rappresentante dell’Ohio Louis Stokes era nominato presidente e rimpiazzava il predecessore dimissionario. Stokes creava da subito due sottocommissioni, una per l’assassinio di Martin Luther King presieduta dal rappresentante del Districy of Columbia Walter E. Fauntroy, l’altra per l’assasinio del presidente Kennedy presieduta dal rappresentante del North Carolina Richardson Preyer, ai cui lavori limiteremo la nostra analisi. Il 30 marzo una nuova risoluzione [la nr. 433] prolungava il lavori della nuova commissione fino alla scadenza del mandato del Congresso, vale a dire il 3 gennaio 1979.
Rispetto alla commissione Warren la HSCA si erea dotata di ben più efficienti consulenze tecniche, le quali potevano anche valersi dei progressi conseguiti nel corso di quasi tre lustri in numerose discipline scientifiche. In particolare due nuove tecniche di analisi scientifica, non ancora mature negli anni ’60, daranno un significativo contributo all’inchiesta della commissione. Una è ancora oggi chiamata Neutron Acivation Analisys e , come dice il nome, è una tecnica analitica nucleare che consente di scoprire tracce anche minime di elementi chimici presenti in reperti senza asporto di materia, e quindi in modo assolutamente non distruttivo. Per questo specifico motivo è una tecnica assai utile, per esempio, in archelogia per lo studio delle ceramiche, degli affreschi e di moltissimi altri tipi di reperti. L’analisi consiste di tre fasi: 1) l’irraggiamento del campione con neutroni molto energetici rende instabili gli elementi [creazione degli isotopi radioattivi di ciascun elemento] 2) l’energia assorbita dagli elementi è ri-emessa sotto forma di fotoni gamma quando questi tentano di tornare alla stabilità 3) l’energia caratteristica, e quindi la frequenza dei fotoni gamma emessi da ogni elemento, è misurata per mezzo di un detector. L’attivazione neutronica ha il notevole vantaggio dato dal fatto che l’irraggiamento rende il campione radioattivo per molti anni e questo consente di ripetere l’analisi se necessario senza ulteriori asporti di materiale.
La seconda ‘tecnologia innovativa’ della quale si è giovata l’HSCA è stata l’applicazione all’acustica di una disciplina nella quale chi scrive queste righe è egli stesso uno specialista e non proprio, almeno credo, degli ultimi della classe, il Digital Signal Processing [DSP], ovvero ‘Elaborazione Numerica di Segnali’.
Tra le tante cose accadute al Dealey Plaza in quel fatale mezzogiorno del 22 novembre 1963 ve ne era una della quale nessuno sul momento immaginava lo sconvolgimento che avrebbe creato. Era sucesso che uno dei motociclisti della scorta presidenziale aveva innavvertitamente lasciato la propria radio funzionante in modalità ‘trasmissione’, così che tutti i suoni prodotti dagli eventi che lì si erano verificati erano stati trasmessi alla centrale di polizia di Dallas e qui erano stati registrati. Sul momento l’ascolto di quella registrazione non aveva fornito agli inquirenti dei grandi risultati, in quanto ai fragori prodotti dagli spari si sommavano non solo altri rumori di varia natura, ma anche i riverberi degli spari stessi riflessi dagli eifici e dai rilievi circostanti e tutto questo impediva di stabilire con esattezza un dato fondamentale sul quale i pur numerosi testimoni non erano concordi, vale a dire quanti colpi erano stati sparati. Una delle prime applicazioni del DSP, i cui fondamenti di base sono stati creati nel corso degli anni ’60, è stata proprio quella di ‘ripulire’ alcune vecchie incisioni discografiche degli anni 20’ dai riverberi dovuti alla registrazione effettuata in ambienti non idonei dal punto di vista acustico. Grazie al DSP ad esempio sono stati notevolmente migliorate le registrazioni discografiche, effettuate negli anni ’20, del ‘mitico’ Enrico Caruso. Nella primavera del 1977 questo stesso trattamento è stato applicato ai suoni registrati al Dealey Plaza il 22 novembre 1963 e i risultati dell’analisi eseguita, a dir poco ‘sconcertanti’, li vedremo fra non molto. Oltre a questi strumenti tecnici di assoluta avanguardia, la HSCA ha potuto valersi della consulenza di una vasta schiera dei più validi esperti non solo per quanto riguarda l’acustica e l’analisi dei reperti ma anche nella balistica e soprattutto in medicina, in particolare per l’analisi radiologica. Vale la pena a questo proposito di riportare alcune righe tratte dal report finale della commissione…
… il gruppo di consulenti della commissione, composto di nove membri, otto dei quali primari in alcuni dei più prestigiosi istituti degli Stati Uniti, con esperienza cumulativa personale di più di 100.000 autopsie e innumerevoli analisi effettuate su fotografie e radiografie ai raggi X, ha accertato le cause della morte, nonché natura e locazione delle ferite riportate dal presidente Kennedy…
E’ evidente che, data la quantità e qualità delle risorse tecnologiche ed umane sulle quali la HSCA poteva contare, ci si aspetterebbe che i risultati ai quali essa è pervenuta siano immuni da ogni incertezza e ambiguità. Cosa niente affatto soprendente, è vero invece l’esatto contrario… La cosa somiglia molto, e anche questo fatto non è soprendente a ben guardare, a quello che succederà alcuni anni più tardi nella inchiesta relativa ad uno dei più grandi ‘misteri’ dell’Italia del dopoguerra: l’incidente al Dc9 di Ustica del 27 giugno 1980, costato la vita ad 81 persone. Alla fine degli anni ’80 una commissione tecnica [chiamata ‘commissione Blasi’ dal nome di uno dei suoi membri…] arriverà alla conclusione che la causa dell’incidente accorso all’aereo dell’Itavia era da ricercarsi in un missile e si riserverà in tempi successivi di stabilire con ulteriori perizie di che tipo di missile si era trattato. E’ ovvio che acettare come valida una tale conclusione avrebbe schiuso la porta a scenari allucinanti ed imprevedibili, proprio quello che chi era intenzionato a far sì che la ‘verità’ rimanesse inaccessibile era a tutti i costi determinato ad impedire. Succederà così che qualcuno [naturalmente non si sa chi…] convincerà [con quali ‘argomenti’ non è dato di sapere…] due dei membri della commissione Blasi a ‘ritrattare’ le poro stesse perizie e farà in modo di ‘silurare’ il giudice Bulgarelli, il depositario dell’inchiesta. In tal modo una nuova inchiesta prenderà il via all’inzio degli anni ’90 con un nuovo giudice istruttore [Rosario Priore] e una nuova commissione [chiamata ‘commissione Misiti’ , sempre dal nome di uno dei membri…]. Quest’ultima commissione sarà formata in pratica dagli esperti più autorevoli di una vasta gamma di discipline scientifiche [sarebbe troppo lungo elencarle tutte in questa sede…] esistenti in campo nazionale e internazionale e pertanto ci si sarebbe aspettati che essa portasse alla fine alla tanto auspicata ‘chiarezza’. Al contrario il solo risultato conseguito dalla commissione Misiti è stato quello di creare totale incertezza e contraddittorietà su tutti i punti fondamentali dell’inchiesta, redigendo alla fine un report che la cui unica conclusione è… che per quanto riguarda Ustica ogni conclusione è possibile. Ora si tratta in pratica della stessa cosa accaduta vent’anni prima negli Stati Uniti e sono sicuro che il lettore saprà da solo fare i dovuti paralleli tra i due scenari. Come si è fatto in precedenza con il lavoro della commissione Warren, proviamo ad esaminare il report finale dell’inchiesta della HSCA e a valutarne, per quanto possibile, la ‘attendibilità’…
Il presidente Kennedy è stato raggiunto da due colpi di fucile sparatigli da dietro…
Si tratta in sintesi della stessa conclusione alla quale la commissione Warren era pervenuta quindici anni prima, senza neppure la più piccola alterazione. Come a dire che quindici anni di progresso tecnologico e di ulteriori indagini giudiziarie non hanno provocato la pur minima scalfittura a questa sorta di ‘verità rivelata’. Proviamo un poco ad approfondire…
Uno dei punti maggiormente dibattutti dell’assassinio di Dallas era stato il tipo e la natura delle ferite riportate da JFK. Stabilire con esattezza la posizione della ferita mortale alla testa è in effetti fondamentale per stabilire se il colpo d’arma da fuoco proveniva da dietro oppure dal davanti della Lincoln presidenziale. Ebbene nel corso degli anni sono state divulgate [anche per vie ‘ufficiali’…] più di una ‘versione riveduta e corretta’ della ferita in questione. Nessuna di esse purtroppo sembra essere convincente alla luce dei pur pochi riscontri disponibili. Vediamo di fare un poco d’ordine basandoci sulla figura qui sotto…
Tra gli attti che la commissione Warren ha presentato nel 1964 figura il primo disegno da sinistra. Esso è opera dell’ufficiale della Marina R.A. Rydberg, il quale si è avvalso della consulenza dei comandanti Boswell e Humes, i militari che hanno condotto l'autopsia di Kennedy alla base navale di Bethesda. Né Rydberg né Humes né Boswell hanno avuto la possibilità di vedere fotografie o radiografie a raggi X. La loro ricostruzione si basa unicamente su quanto ricordano di aver visto durante l'autopsia. Anche se la posizione della testa nel momento dello sparo è, anche sulla base del filmato ripreso da Zapruder riportato in precedenza, con ogni probabilità sbagliata, la figura mostra alcuni dettagli importanti che servono per meglio capire il seguito. Come ogni medico legale ben conosce , nella quasi totalità dei casi in cui un proiettile attraversa una testa umana, il foro di entrata è assai più piccolo del foro di uscita, il quale in certi casi è [mi si perdoni il termine assai raccapricciante…] un vero e proprio ‘cratere’. Il motivo di ciò è dato dal fatto che in conseguenza dell’impatto con la scatola cranica il proiettile normalmente si frammenta in più parti il che produce una vera e propria ‘esplosione’ che proietta sangue, materia cerebrale e frammenti ossei anche ad una certa distanza. Nel caso in questione un grosso framento della calotta cranica del presidente è stato ritrovato nel prato ad una ventina di metri dietro il luogo dove si trovava l’auto presidenziale quando il colpo mortale è arrivato a segno. In base al disegno riportato a sinistra dunque il proiettile sarebbe entrato in corrispondenza della regione occipitale ed uscito, producendo una vasta ferita, dalla regione parietale del cranio e questo è compatibile con l’ipotesi che il colpo provenisse da dietro e dalla direzione approssimata del Book Depository. In seguito la commissione Warren è stata dai più fortemente criticata per aver redatto le sue conclusioni sulla base di questo solo disegno ‘fatto a memoria’ senza cercare riscontri in fotografie o radiografie ai raggi X. Nel suo report finale la HSCA giustifica questo con la ritrosia da parte di quella commissione a pubblicare fotografie e radiografie a raggi X eseguite nel corso dell’autopsia cui è stato sottoposto in corpo del presidente assassinato, ritrosia motivata dal desiderio di rispetto per la privacy della famiglia Kennedy. Come verdremo però tra breve la ‘ricostruzione grafica’ presa per buona dalla commissione Warren non è meno accurata di altre fatte in tempi successivi e col supporto di strumenti assai più potenti.
Nel libro Six seconds in Dallas, uscito nella seconda metà degli anni ’60, Josiah Thompson ha mostrato il secondo disegno partendo da sinistra. Si tratta della ricostruzione del dottor Robert McClelland, uno dei medici del pronto soccorso di Dallas che ha cercato invano di salvare la vita al presidente nella Emercency room. Nel disegno è evidente la dislocazione di una vasta ferita nella zona occipitale del cranio e ciò sarebbe compatibile solo con un proiettile entrato dal davanti e fuoriuscito da dietro. Oggi si è in grado di affermare con certezza che questa ‘ricostruzione’ è errata, in quanto come vedremo poi, nel corso dell’autopsia tutta la parte posteriore del cranio del presidente in realtà è stata trovata intatta.
Robert Groden, perito fotografico, è uno degli autori più noti di libri sul caso Kennedy. Nella sua opera The Killing of a President presenta la ricostruzione illustrata nella terza figura da sinistra. E’ evidente che tale ricostruzione sconvolge completamente le due precedenti, in quanto la zona del capo devastata dall’impatto del proiettile è tutta la regione parietale destra, mentre la regione occipitale sarebbe rimasta intatta. La ricostruzione di Groden è basata sull’immagine seguente del film di Zapruder e sulla testimonianza dell’agente di polizia Bobby Hargis , il quale si trovava leggermente indietro e a sinistra rispetto alla vettura presidenziale…
Hargis ha testominiato al processo contro Clyde Shaw. Interrogato da sostituto procuratore Tom Bethell, ha riferito così quanto avvenuto quel giorno al Dealy Plaza…
… abbiamo girato a sinistra verso Elm Street, circa metà isolato dal luogo dell’attentato. Mi trovavo sul lato destro della strada e immeditamante a sinistra dell’auto presidenziale, vicino alla signora Kennedy… allorché ho udito la prima esplosione ho riconosciuto subito che si trattava di uno sparo… ho visto il governatore Connally voltarsi verso il presidente con un’espressione assai sopresa sul volto… il presidente si è chinato allora verso il governatore quasi per volergli parlare… è stato allora che ho visto il presidente proiettato di colpo all'indietro, la signora Kennedy voltarsi verso di lui, dopo di che tutto il lato destro della sua testa è piovuto addosso a me… sangue, brandelli di cervello e schegge della calotta cranica…
Alla domanda cruciale rivoltagli da Bethell: ‘il fatto che lei fosse a sinistra dell’auto e un poco dietro suggerisce che lo sparo provenisse da destra e dal davanti?…’ , così ha risposto Hargis…
… quello che è certo è il fatto che sono stato investito in pieno da tutto quello che era fuoriuscito dalle ferite del presidente… io ero in movimento e semplicemente gli sono andato incontro…
Volendo giudicare la cosa senza preconcetti, la ricostruzione di Groden sembra essere assai più accurata delle due precedenti. Essa però non permette di conludere con certezza se il colpo mortale sia giunto dal davanti oppure da dietro.
Nel 1979 Ida Fox, membro del House Select Committee's Forensic Pathology Panel, basandosi sulle fotografie e sulle radiografie a raggi X effettuate a Betshesda, ha fornito il disegno che compare ultimo a destra. A ben guardare anche una persona non esperta di anatomia si rende conto che in pratica altro non è che il disegno della commissione Warren arricchito di qualche dettaglio per altro non fondamentale. In particolare le scheggie di ossa craniche sono certamente più grandi di quanto non siano state nella realtà. E’ evidente che il disegno suggerisce inequivocabilmente che il colpo proveniva da dietro. Dal momento che tale ricostruzione, a differenza delle precedenti, si è valsa di radiografie e fotografie sviluppate in sede di autopsia, essa dovrebbe mettere a tacere ogni residuo dubbio. In effetti il ‘materiale’ al quale si è potuto accedere non è poi stato così rilevante. Di questo chi scrive ha fatto una cernita ed ha selezionato la radiografia e due foto autoptiche che potete vedere [raggruppate insieme per esigenze di editoria] nella figura qui sotto…
La figura a sinistra illustra la vista radiografica frontale. Data l’assoluta incompetenza dello scrivente in materia di analisi di radiografie, la sua opinione poco conterebbe se non fosse confortata da quella della maggior parte dei ‘competenti’ che hanno esaminato la radiografia suddetta. Mentre si nota la mancanza di una notevole porzione delle ossa parietali del cranio [lesione che pare estendersi fino alla cavità oculare destra, molto più ‘spostata in avanti’ perciò rispetto a tutte le ‘ricostruzioni’ che abbiamo esaminato…], il dietro della testa, a parte alcune fratture che però non ne alterano la compattezza, pare sostanzialmente intatto. Tale impressione è confermata nell’immagine al centro, una delle foto eseguite nel corso dell’autopsia. In essa il retro della testa non pare rivelare lesioni e neppure fori d’entrata di proiettili e l'ampia ferita, la quale ha causato la fuoriuscita delle ossa parietali craniche, è evidentemente localizzata assai ‘in avanti’. L’ultima foto [per altro assai povera di dettagli significativi…] è stata scattata solo dopo che il cranio è stato messo allo scoperto e quanto restava del cervello rimosso [chiedo scusa per l’estrema repulsione che essa può suscitare in chi è poco abituato alle autopsie…]. Ognuno a questo punto chiunque può benissimo [o per lo meno lo scrivente ne è convinto…] farsi un parere se la ‘ricostruzione’ delle ferite subite dal presidente Kennedy presa per buona dalla HSCA è confermata o no alle radiografie e dalle foto autoptiche. Lo scrivente ritiene di no… altri potranno benissimo essere di diverso parere…
Un altro elemento è sempre apparso fortemente in contrasto con l’ipotesi che il colpo mortale sia giunto da dietro. Nel filmato di Zapruder, già proiettato in precedenza, si nota chiramente che nello stesso momento in cui il presidente è colpito alla testa, questa risulta proiettata violentemente all’indietro. Per superare questa evidente incompatibilità la commissione ha richiesto il parere di alcuni esperti dello specifico settore, chiedendo ad essi specificamente se esiste una relazione tra la provenienza del proiettile e il brusco movimento all’indietro della testa che si è visto nel filmato. La risposta è stata che il colasso del sistema nervoso conseguente all’impatto del proiettile può avre causato l’incontrollata contrazione muscolare che ha prodotto il brusco movimento all’indietro. Gli specialisti hanno anche mostrato un filmato nel quale delle scimmie colpite da proiettili alla testa hanno avuto una simile reazione. La conclusione alla quale la commissione è dunque pervenuta è stata semplicemente che l’improvviso movimento all’indietro della testa di JFK nell’istante successivo all’impatto del proiettile mortale era compatibile con il fatto che tale proiettile arrivasse da dietro… come pure che arrivasse dal davanti…
Anche dopo aver sistemato, sia pure in maniera non del tutto esente da critiche e perplessità, la questione del proiettile che ha ucciso il presidente degli Stati Uniti, alla commissione rimanevano ancora diversi punti oscuri da chiarire. Uno di questi era il comportamento della cosiddetta ‘palottola magica’, ossia del secondo proiettile esploso dalla carabina Manlischer-Carcano 91/38 [il primo secondo la ricostruzione ‘ufficiale’ sarebbe andato a vuoto…], quello che aveva ferito, sia pure non mortalmente, il collo e la schiena del presidente Kennedy prima e l’avambraccio e il polso destro del governatore Connally poi, per essere alla fine ritrovato pressocché intatto su di una barella all’ospedale Parkland Memorial. Dopo aver osservato il filmato di Zapruder la cosa era parsa ai più inverosile per più di una ragione. In primo luogo la sequenza dei fotogrammi mostrava chiaramente che il proiettile in questione aveva raggiunto la schiena del presidente Kennedy, provocando un brusco movimento in avanti del capo e una chiara espressione di dolore sul volto, all’incirca in corrispondenza del fotogramma 200 del filmato. In quel preciso istante e nei tre quarti di secondo successivi il geverantore Connally non mostra alcuna particolare reazione, fino a che scompare dal filmato dopo il fotogramma 207. Solo allorchè il gevernatore riappare, in corrispondenza del fotogramma 226, vale a dire due secondi e mezzo dopo l’arrivo del proiettile, egli manifesta evidenti reazioni alle ferite ricevute. Confrontando il filmato di Zapruder e varie testomonianze pressoché concordi si arriva alla conclusione che tra la reazione dolorosa del presidente Kennedy e l’analoga reazione del governatore Connally sono passati all’incirca due secondi e pertanto se la ‘teoria del singolo proiettile’ è valida si deve ipotizzare o che la ‘pallottola magica’ abbia vagato senza meta per circa due secondi o che il governatore Connally avesse quel giorno tempi di reazione al dolore del tutto anomali… tertium non datur… Chiunque, come lo scrivente, non particolarmente esperto in ‘meccanismi e tempi di reazione’ manifestate dagli umani a ferite traumatiche provocate da armi da fuoco si aspetterebbe a questo punto che qualcuno della numerosa schiera di insigni consulenti medici della commissione prenda la parola e fornisca il suo illuminante parere al riguardo. Anche se può sembrare incredibile ciò non accade e nel report finale della commissione questo punto essenziale è liquidato con una semplice nota a piè di pagina [HSCA Final Assassinations Report, pag.46, nota(4)], che qui riproduciamo per intero…
Non esiste un criterio scientifico per stabilire il tempo che intercorre tra l’istante in cui un individuo è colpito da un proiettile e l’istante in cui si manifestano le reazioni dell’organismo alla ferita da esso causata. Tale tempo di reazione inoltre dipende da dove l’individuo è stato colpito…
Liquidato in modo assai ‘stravagante’ anche questo punto, rimaneva da stabilire se la posizione relativa del presidente degli Stati Uniti e del governatore del Texas al momento dello sparo rendevano possibile che un singolo proiettile avesse colpito prima uno e poi l’altro. Anche in questo caso la ‘spiegazione’ della apparente ‘incongruenza’ fornita dalla commissione appare a dir poco sconcertante. Leggiamo nel report finale [op. cit, pag. 47…]…
… dal momento che la reazione del presidente al proiettile che gli aveva trapassato il collo di trovava in corrispondenza al fotogramma 200 del filmato, si deve presumere che il proiettile sia stato sparato all’incirca in corrispondenza del fotogramma 190. Il filmato d’altra parte mostra evidenti perdite di risoluzione per le sequenze di fotogrammi 189-197 e 312-334, dovute evidentemente al disorientamento che gli spari hanno prodotto nell’operatore che inavvertitamente ha spostato bruscamente la macchina da ripresa da sinistra verso destra…
Anche se può apparire incredibile, la commissione su questo altro punto fondamentale di più non dice e lascia intendere che il fatto che l’immagine riprodotta nel fotogramma 190 sia sfuocata toglie a questo reperto ogni valore al fine di validare o meno la sostenibilità della ‘tesi del singolo proiettile’. E come se questo non bastasse ecco come la ‘tesi’ in questione viene liquidata in modo definitivo. Rimaneva infatti un terzo ‘enigma’ che doveva essere chiarito, il fatto cioè che la ‘pallottola magica’, ritrovata nientemeno che su una barella dell’opedale Parkland Memorial, risultasse praticamente intatta dopo aver trapassato parte a parte da prima la spalla e poi la gola del prediente Kennedy, quindi l’avambraccio ed infine il polso del governatore Connally. Occorreva poi in qualche modo trovare qualche argomento per demolire l’esperimento fatto oltre dieci anni prima dal procuratore di New Orleans Jim Garrison, il quale aveva fatto sparare sul polso di un cadavere prelevato dall’obitorio una identica pallottola, la quale nell’impatto si era completamente distrutta. La ‘pallottola magica’ in questione è mostrata nella immagine a sinistra del gruppo qui sotto rappresentato… dell’immagine a destra parleremo fra pochissimo…
Per comprendere a pieno il discorso è necessario a questo punto aprire una parentesi per parlare un poco del fucile Manlischer-Carcano 91 e del suo munizionamento. Lasciamo la parola ad uno dei massimi esperti di quest’arma, con la quale si è scritta in pratica tutta la storia dell’Italia del ‘900, Sergio Zanol sul sito www.il91.it…
Nel 1888 il Ministero della Guerra incaricò la Commissione per le armi portatili, istituita presso la Scuola di Applicazione di Fanteria, di studiare un nuovo fucile, in sostituzione del mod. 1870/87. Infatti, i vantaggi conseguiti con l'adozione della cartuccia a pallottola mod. 1890 non erano senz'altro sufficienti a sfruttare i vantaggi delle polveri infumi. Necessitava, quindi una ulteriore riduzione di calibro, come già era stato fatto nel 1886 in Francia e nel 1888 in Germania e Austria. Gli studi della Commissione iniziarono con canne da 8 e da 7,5 mm. Il segretario della Commissione, il maggiore d'Artiglieria Benedetti, propose l'adozione di un calibro tra il 6 ed il 6,5 mm. Furono, così, costruite dalla Fabbrica d'Armi di Brescia delle canne in calibro 6 mm. ed in calibro 6,5 mm. che in prova dimostrarono qualità balistiche superiori alle iniziali aspettative. Nella seduta del 17 e 18 aprile 1890, la Commissione decise l'adozione del calibro 6,5 mm…
Tra i motivi della scelta da parte del Regio Esercito dell’insolito calibro 6.5 mm [diversamente da quanto fatto allora in Inghilterra e Germania e Francia dove venne scelto il calibro 7.65 mm…] vi era quello di un consistente risparmio nel peso del proiettile [all’incirca un buon 28% in meno…], elemento assai importante per un paese povero di ‘materie prime’ quale era l’Italia. La scelta però non era priva di inconvenienti come spiega Zanol…
… lo studio di un proiettile che presentasse un conveniente coefficiente balistico, portò ad un proiettile piuttosto lungo rispetto al calibro, che rendeva necessaria però una rigatura a passo elicoidale di notevole inclinazione, al fine di ottenere una velocità angolare sufficiente ad imprimere stabilità al proiettile durante la traiettoria. Constatata d'altra parte una notevole usura delle righe, provocata dall'eccessiva inclinazione della rigatura accompagnata da frequenti rotture all'incamiciatura del proiettile, venne proposta l'adozione di una rigatura a passo progressivo. Nelle prove di tiro comparato fra i due tipi di rigatura, i risultati ottenuti con la rigatura progressiva si dimostrarono superiori a quelli ottenuti con la rigatura elicoidale, per cui venne adottata la rigatura progressiva a 4 righe… La cartuccia a pallottola M.91 è stata progettata presso il Laboratorio Pirotecnico di Bologna, dall'allora capo-tecnico collaudatore Luigi Scotti, conte della Scala di San Giorgio, per essere impiegata assieme al fucile ed al moschetto da cavalleria mod. 1891. É costituita da un bossolo di ottone, con corpo leggermente tronco-conico, con colletto cilindrico raccordato al corpo da un tronco di cono. All'interno del colletto si trova un risalto anulare che impedisce alla pallottola di penetrare nel bossolo in seguito ad urti. Il fondello è a faccia inferiore piana, con scanalatura anulare di presa per l'estrattore [bossolo tipo Rimless]. La capsula di ottone è caricata con miscela fulminante [fulminato di mercurio 50%, clorato di potassa 25%, solfuro di antimonio 25%], protetta da vernice da ‘cassule’, con incudinetta fissa a due fori di vampa [innesco tipo Berdan]. La pallottola, del peso di 10,45 grammi è di forma cilindrico-ogivale, presenta un'incamiciatura di maillechort [lega di rame 85% e di nichelio 15%] con nucleo di piombo trafilato, saldato e compresso. É trattenuta al bossolo dalla semplice tensione del colletto. La carica è costituita da 1,95 grammi di balistite in grani del n. 1. Tra carica e pallottola è inserito un bioccolo di cotone idrofilo. Sulla faccia inferiore del fondello sono impressi i contrassegni di fabbricazione, rappresentati, come sempre, dalle iniziali del capo-tecnico collaudatore, dello stabilimento di produzione e dalle ultime due cifre dell'anno di fabbricazione. É confezionata in pacchetti, di forma parallelepipeda con invoglio di cartoncino rinforzato agli angoli da strisce di percale, con all'interno due tramezzi longitudinali che formano tre scompartimenti, nei quali si alloggiano tre caricatori completi, quindi, di 18 cartucce. I pacchetti sono avvolti con carta color arancione. Esternamente portano l'indicazione dell'anno e del luogo di fabbricazione, con la dicitura ‘M. 91’. Sulla faccia anteriore porta un bollo con le iniziali del capo-tecnico collaudatore e sul coperchio un bollo con la lettera ‘O’, per indicare che il caricatore è di ottone. La cartuccia a pallottola M. 91 è stata modificata nel 1895 per ovviare a delle fughe di gas che si verificavano al fondello e per assicurare meglio l'innesco al bossolo. Il bossolo di ottone presenta il fondello con un incavo a corona circolare nella faccia inferiore, stampato concentricamente al portacapsula, con i contrassegni ricavati in rilievo. La capsula di ottone, con fondello leggermente concavo all'interno, è caricata con la stessa miscela fulminante di quella della M. 91. La pallottola e la carica sono le stesse della M. 91. La cartuccia pesa in totale 22,339 grammi…
La cartuccia ‘standard’ M.91 è rappresentata, con i suoi elementi distinti, nella parte alta della figura riprodotta in alto e a destra. E’ del tutto evidente dal punto di vista visivo che la ‘pallottola magica’ [riprodotta nella figura di sinistra] fa parte di questo munizionamanto. Una pallottola di questo tipo, che Zanol definisce ‘di forma cilindrico-ogivale’, è nota nel gergo anglo-sassone con la denominazione soft nose. Accanto al munizionamento ‘standard’ ve ne erano naturalmente altri di tipo speciale, tra cui una ‘Cartuccia a pallottola perforante per armi M.91’ che Zanol descrive così…
… presenta la pallottola ad ogiva acuminata, con incamiciatura in maillechort e nucleo di acciaio speciale temperato, rastremato posteriormente, investito in un bossoletto di piombo per permettere alla pallottola di prendere la rigatura della canna. La carica è costituita da 2,25 gr di solenite speciale. La cartuccia pesa in totale 20,4 gr. É confezionata in pacchetti, come per le cartucce a pallottola M. 91-95, avvolti in carta color grigio, con la dicitura ‘A pallottola P. per armi M. 91 e per mitragliatrici’…
La cartuccia di questo tipo è rappresentata nella parte bassa della figura in alto a destra. E’ del tutto evidente la differenza di forma [la pallottola è ‘ad ogiva acuminata’…] rispetto alla pallottola ‘standard’. Nel gergo anglosassone pallottole di questo tipo sono note con la denoninazione full metal jacketed, resa celebre tra l’altro dall’omonimo film…
Riservandomi di ritornare sul fucile Manlischer-Carcano 91 quando sarà il momento, vediamo ora come l’HSCA, la quale come si è visto poteva oltretutto contare su una imponente schiera di ‘consulenti’, ha affrontato [e risolto sempre a modo suo…] il problema della ‘pallottola magica’. A pagina 45 del rapporto si può leggere quanto segue. Affinché non sussistano dubbi di sorta fornirò da prima lo scritto originale e successivamente la sua traduzione in italiano. So osservi con la massima attenzione le parti evidenziate confrontandole con quanto appreso sul munzionamento del fucile M.91. Veramente da non credere…
In determining wheter the deformity of CE 399 was consistent with its having passed through the President and Governor, the committee considered the fact that il is a reatively long stable fully jacketed bullet, typical of ammunition often used by the military. Such ammunition tends to pass through body tissue more easily than soft nose hunting bullets. Committee consultants with knowledge in forensic pathology an wound ballistics concluded that il would non have been unusual for such a fully jacketed bullet to have passed through the President and the Governor and to have been only minimally deformed…
Nel determinare se le deformazioni del reperto CE 399 fossero o non compatibili con l’essere passato attraverso il presidente e il governatore, la commissione ha considerato che si tratta di un relativamente lungo e consistente proiettile full jacketed, tipico munzionamento usato dai militari. Tale munizionamento tende a passare attraverso i tessuti corporei più facilmente dei proiettili soft nose. I consulenti della commissione esperti di medicina legale e ferite da proiettili hanno concluso che non è affatto inusuale che un proiettile full jacketed di questo tipo sia passato attraverso il presidente e il governatore riportando solo minime deformazioni…
A questo punto e dopo queste sconcertanti ‘rivelazioni’ il lettore potrebbe essere tentato di arrivare alla spontanea conclusione che il lavoro dell’HSCA altro non sia stato che quello di confermare punto per punto le risultanze della commissione Warren. Ebbene, anche se è lecito supporre che questo doveva essere stato l’obiettivo che si erano prefissi coloro che avevano voluto la nascita della nuova commissione, in pratica così non è stato. Gli specialisti di analisi acustica che avrebbero dovuto confermare, in base al contenuto della registrazione acustica dell’evento accidentalmente per venuta quel giorno alla centrale di polizia di Dallas avevano fatto una scoperta che da sola aveva rimesso in discussione tutta le precedenti ricostruzioni e che invano numerosi altri cercheranno di confutare o invalidare: nella circostanza i colpi d’arma da fuoco esplosi al Dealy Plaza non sono stati tre bensì quattro, uno dei quali esploso dalla collinetta erbosa posta dinnanzi alla vettura presidenziale. Perché non vi siano dubbi al riguardo leggiamo direttamente dal report finale [op. cit., pag.46]…
… è stato sottoscritto un contratto di consulenza con un team di esperti in acustica per l’analisi della registrazione di una trasmissione radio effetuata nel momento dell’attentato. Gli esperti hanno stabilito che nella registrazione vi sono in tutto quattro spari. Di questi il primo, il secondo ed il quarto provenivano dal Texas School Book Depository, posto alle spalle del presidente, mentre il terzo proveniva dalla colinetta erbosa situata davanti al presidente sulla destra…
Dal momento che i colpi sparati dal killer appostato al quinto piano del Book Depository sono stati al più tre, è’ evidente che questa affermazione, anche prescindendo da ogni altro elemento, sconvolge da sola in modo clamoroso uno dei pilastri della ‘verità’ fino ad allora spacciata come ‘unica possibile’, vale a dire Lee Harvey Oswald ha agito da solo. Il successivo ed inevitabile passo da compiere, non importa quanto controvoglia, da parte della commissione a questo punto era stabilire la connessione temporale della sequenza dei quattro spari con il filmato di Zapruder, problema che la commissione ha risolto nel suo solito modo… un modo assai ‘disinvolto’… ecco infatti che cosa leggiamo subito dopo nella ‘famigerata’ pagina 46 del report finale…
… associando il proiettile ha colpito mortalmente il presidente alla testa con l’ultimo sparo e in coincidenza con il fotogramma nr. 312 del filmato di Zapruder e prendendo esso come riferimento è stato possibile associare gli altri spari con il suddetto filmato…
In sé non ci sarebbe nulla da obiettare per carità… se non fosse per una insignificante e minuscola postilla che compare a piè di pagina contrassegnata come ‘nota nr. 5’…
Il comitato ha anche considerato di associare al fotogramma nr. 312 del filmato di Zapruder il terzo sparo, quello proveniente dalla collinetta erbosa. Questa alternativa è però stata scartata…
Anche ammettendo che classificare ‘copertura’ oppure ‘depistaggio’ il lavoro fatto a suo tempo dalla HSCA è senz’altro esagerato, certo è assai arduo trovare termini differenti idonei a descriverlo…
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Nobis ardua
Comandante CC Carlo Fecia di Cossato
a) se le leggi in vigore al tempo, incluse quelle relative alla sicurezza e protezione del presidente degli Stati Uniti, in ordine a prevenirne l’assassinio ed ogni tipo di cospirazione ai suoi danni, come pure la giurisdizione investigativa e le capacità delle agenzie e dei dipartimenti federali fossero o no adeguate
b) se vi fossero state o no totale apertura e trasparenza nello scambio di informazioni tra agenzie e dipartimenti federali nel corso delle indagini relative al delitto e se eventuali informazioni non fornite fossero o no sotto la responsabilità di detti organismi
Si trattava in parole povere di un’inchiesta il cui reale obiettivo non era quello di ‘stabilire la verità’ sulla morte di John Fitzagerald Kennedy [e di Martin Luther King], bensì quello di accertare quale e di che entità era stata a suo tempo la ‘copertura’ data dalla Cia e dall’Fbi alle indagini su quegli attentati. La risoluzione nr. 222 era approvata quello stesso giorno e l’8 marzo il rappresentante dell’Ohio Louis Stokes era nominato presidente e rimpiazzava il predecessore dimissionario. Stokes creava da subito due sottocommissioni, una per l’assassinio di Martin Luther King presieduta dal rappresentante del Districy of Columbia Walter E. Fauntroy, l’altra per l’assasinio del presidente Kennedy presieduta dal rappresentante del North Carolina Richardson Preyer, ai cui lavori limiteremo la nostra analisi. Il 30 marzo una nuova risoluzione [la nr. 433] prolungava il lavori della nuova commissione fino alla scadenza del mandato del Congresso, vale a dire il 3 gennaio 1979.
Rispetto alla commissione Warren la HSCA si erea dotata di ben più efficienti consulenze tecniche, le quali potevano anche valersi dei progressi conseguiti nel corso di quasi tre lustri in numerose discipline scientifiche. In particolare due nuove tecniche di analisi scientifica, non ancora mature negli anni ’60, daranno un significativo contributo all’inchiesta della commissione. Una è ancora oggi chiamata Neutron Acivation Analisys e , come dice il nome, è una tecnica analitica nucleare che consente di scoprire tracce anche minime di elementi chimici presenti in reperti senza asporto di materia, e quindi in modo assolutamente non distruttivo. Per questo specifico motivo è una tecnica assai utile, per esempio, in archelogia per lo studio delle ceramiche, degli affreschi e di moltissimi altri tipi di reperti. L’analisi consiste di tre fasi: 1) l’irraggiamento del campione con neutroni molto energetici rende instabili gli elementi [creazione degli isotopi radioattivi di ciascun elemento] 2) l’energia assorbita dagli elementi è ri-emessa sotto forma di fotoni gamma quando questi tentano di tornare alla stabilità 3) l’energia caratteristica, e quindi la frequenza dei fotoni gamma emessi da ogni elemento, è misurata per mezzo di un detector. L’attivazione neutronica ha il notevole vantaggio dato dal fatto che l’irraggiamento rende il campione radioattivo per molti anni e questo consente di ripetere l’analisi se necessario senza ulteriori asporti di materiale.
La seconda ‘tecnologia innovativa’ della quale si è giovata l’HSCA è stata l’applicazione all’acustica di una disciplina nella quale chi scrive queste righe è egli stesso uno specialista e non proprio, almeno credo, degli ultimi della classe, il Digital Signal Processing [DSP], ovvero ‘Elaborazione Numerica di Segnali’.
Tra le tante cose accadute al Dealey Plaza in quel fatale mezzogiorno del 22 novembre 1963 ve ne era una della quale nessuno sul momento immaginava lo sconvolgimento che avrebbe creato. Era sucesso che uno dei motociclisti della scorta presidenziale aveva innavvertitamente lasciato la propria radio funzionante in modalità ‘trasmissione’, così che tutti i suoni prodotti dagli eventi che lì si erano verificati erano stati trasmessi alla centrale di polizia di Dallas e qui erano stati registrati. Sul momento l’ascolto di quella registrazione non aveva fornito agli inquirenti dei grandi risultati, in quanto ai fragori prodotti dagli spari si sommavano non solo altri rumori di varia natura, ma anche i riverberi degli spari stessi riflessi dagli eifici e dai rilievi circostanti e tutto questo impediva di stabilire con esattezza un dato fondamentale sul quale i pur numerosi testimoni non erano concordi, vale a dire quanti colpi erano stati sparati. Una delle prime applicazioni del DSP, i cui fondamenti di base sono stati creati nel corso degli anni ’60, è stata proprio quella di ‘ripulire’ alcune vecchie incisioni discografiche degli anni 20’ dai riverberi dovuti alla registrazione effettuata in ambienti non idonei dal punto di vista acustico. Grazie al DSP ad esempio sono stati notevolmente migliorate le registrazioni discografiche, effettuate negli anni ’20, del ‘mitico’ Enrico Caruso. Nella primavera del 1977 questo stesso trattamento è stato applicato ai suoni registrati al Dealey Plaza il 22 novembre 1963 e i risultati dell’analisi eseguita, a dir poco ‘sconcertanti’, li vedremo fra non molto. Oltre a questi strumenti tecnici di assoluta avanguardia, la HSCA ha potuto valersi della consulenza di una vasta schiera dei più validi esperti non solo per quanto riguarda l’acustica e l’analisi dei reperti ma anche nella balistica e soprattutto in medicina, in particolare per l’analisi radiologica. Vale la pena a questo proposito di riportare alcune righe tratte dal report finale della commissione…
… il gruppo di consulenti della commissione, composto di nove membri, otto dei quali primari in alcuni dei più prestigiosi istituti degli Stati Uniti, con esperienza cumulativa personale di più di 100.000 autopsie e innumerevoli analisi effettuate su fotografie e radiografie ai raggi X, ha accertato le cause della morte, nonché natura e locazione delle ferite riportate dal presidente Kennedy…
E’ evidente che, data la quantità e qualità delle risorse tecnologiche ed umane sulle quali la HSCA poteva contare, ci si aspetterebbe che i risultati ai quali essa è pervenuta siano immuni da ogni incertezza e ambiguità. Cosa niente affatto soprendente, è vero invece l’esatto contrario… La cosa somiglia molto, e anche questo fatto non è soprendente a ben guardare, a quello che succederà alcuni anni più tardi nella inchiesta relativa ad uno dei più grandi ‘misteri’ dell’Italia del dopoguerra: l’incidente al Dc9 di Ustica del 27 giugno 1980, costato la vita ad 81 persone. Alla fine degli anni ’80 una commissione tecnica [chiamata ‘commissione Blasi’ dal nome di uno dei suoi membri…] arriverà alla conclusione che la causa dell’incidente accorso all’aereo dell’Itavia era da ricercarsi in un missile e si riserverà in tempi successivi di stabilire con ulteriori perizie di che tipo di missile si era trattato. E’ ovvio che acettare come valida una tale conclusione avrebbe schiuso la porta a scenari allucinanti ed imprevedibili, proprio quello che chi era intenzionato a far sì che la ‘verità’ rimanesse inaccessibile era a tutti i costi determinato ad impedire. Succederà così che qualcuno [naturalmente non si sa chi…] convincerà [con quali ‘argomenti’ non è dato di sapere…] due dei membri della commissione Blasi a ‘ritrattare’ le poro stesse perizie e farà in modo di ‘silurare’ il giudice Bulgarelli, il depositario dell’inchiesta. In tal modo una nuova inchiesta prenderà il via all’inzio degli anni ’90 con un nuovo giudice istruttore [Rosario Priore] e una nuova commissione [chiamata ‘commissione Misiti’ , sempre dal nome di uno dei membri…]. Quest’ultima commissione sarà formata in pratica dagli esperti più autorevoli di una vasta gamma di discipline scientifiche [sarebbe troppo lungo elencarle tutte in questa sede…] esistenti in campo nazionale e internazionale e pertanto ci si sarebbe aspettati che essa portasse alla fine alla tanto auspicata ‘chiarezza’. Al contrario il solo risultato conseguito dalla commissione Misiti è stato quello di creare totale incertezza e contraddittorietà su tutti i punti fondamentali dell’inchiesta, redigendo alla fine un report che la cui unica conclusione è… che per quanto riguarda Ustica ogni conclusione è possibile. Ora si tratta in pratica della stessa cosa accaduta vent’anni prima negli Stati Uniti e sono sicuro che il lettore saprà da solo fare i dovuti paralleli tra i due scenari. Come si è fatto in precedenza con il lavoro della commissione Warren, proviamo ad esaminare il report finale dell’inchiesta della HSCA e a valutarne, per quanto possibile, la ‘attendibilità’…
Il presidente Kennedy è stato raggiunto da due colpi di fucile sparatigli da dietro…
Si tratta in sintesi della stessa conclusione alla quale la commissione Warren era pervenuta quindici anni prima, senza neppure la più piccola alterazione. Come a dire che quindici anni di progresso tecnologico e di ulteriori indagini giudiziarie non hanno provocato la pur minima scalfittura a questa sorta di ‘verità rivelata’. Proviamo un poco ad approfondire…
Uno dei punti maggiormente dibattutti dell’assassinio di Dallas era stato il tipo e la natura delle ferite riportate da JFK. Stabilire con esattezza la posizione della ferita mortale alla testa è in effetti fondamentale per stabilire se il colpo d’arma da fuoco proveniva da dietro oppure dal davanti della Lincoln presidenziale. Ebbene nel corso degli anni sono state divulgate [anche per vie ‘ufficiali’…] più di una ‘versione riveduta e corretta’ della ferita in questione. Nessuna di esse purtroppo sembra essere convincente alla luce dei pur pochi riscontri disponibili. Vediamo di fare un poco d’ordine basandoci sulla figura qui sotto…
Tra gli attti che la commissione Warren ha presentato nel 1964 figura il primo disegno da sinistra. Esso è opera dell’ufficiale della Marina R.A. Rydberg, il quale si è avvalso della consulenza dei comandanti Boswell e Humes, i militari che hanno condotto l'autopsia di Kennedy alla base navale di Bethesda. Né Rydberg né Humes né Boswell hanno avuto la possibilità di vedere fotografie o radiografie a raggi X. La loro ricostruzione si basa unicamente su quanto ricordano di aver visto durante l'autopsia. Anche se la posizione della testa nel momento dello sparo è, anche sulla base del filmato ripreso da Zapruder riportato in precedenza, con ogni probabilità sbagliata, la figura mostra alcuni dettagli importanti che servono per meglio capire il seguito. Come ogni medico legale ben conosce , nella quasi totalità dei casi in cui un proiettile attraversa una testa umana, il foro di entrata è assai più piccolo del foro di uscita, il quale in certi casi è [mi si perdoni il termine assai raccapricciante…] un vero e proprio ‘cratere’. Il motivo di ciò è dato dal fatto che in conseguenza dell’impatto con la scatola cranica il proiettile normalmente si frammenta in più parti il che produce una vera e propria ‘esplosione’ che proietta sangue, materia cerebrale e frammenti ossei anche ad una certa distanza. Nel caso in questione un grosso framento della calotta cranica del presidente è stato ritrovato nel prato ad una ventina di metri dietro il luogo dove si trovava l’auto presidenziale quando il colpo mortale è arrivato a segno. In base al disegno riportato a sinistra dunque il proiettile sarebbe entrato in corrispondenza della regione occipitale ed uscito, producendo una vasta ferita, dalla regione parietale del cranio e questo è compatibile con l’ipotesi che il colpo provenisse da dietro e dalla direzione approssimata del Book Depository. In seguito la commissione Warren è stata dai più fortemente criticata per aver redatto le sue conclusioni sulla base di questo solo disegno ‘fatto a memoria’ senza cercare riscontri in fotografie o radiografie ai raggi X. Nel suo report finale la HSCA giustifica questo con la ritrosia da parte di quella commissione a pubblicare fotografie e radiografie a raggi X eseguite nel corso dell’autopsia cui è stato sottoposto in corpo del presidente assassinato, ritrosia motivata dal desiderio di rispetto per la privacy della famiglia Kennedy. Come verdremo però tra breve la ‘ricostruzione grafica’ presa per buona dalla commissione Warren non è meno accurata di altre fatte in tempi successivi e col supporto di strumenti assai più potenti.
Nel libro Six seconds in Dallas, uscito nella seconda metà degli anni ’60, Josiah Thompson ha mostrato il secondo disegno partendo da sinistra. Si tratta della ricostruzione del dottor Robert McClelland, uno dei medici del pronto soccorso di Dallas che ha cercato invano di salvare la vita al presidente nella Emercency room. Nel disegno è evidente la dislocazione di una vasta ferita nella zona occipitale del cranio e ciò sarebbe compatibile solo con un proiettile entrato dal davanti e fuoriuscito da dietro. Oggi si è in grado di affermare con certezza che questa ‘ricostruzione’ è errata, in quanto come vedremo poi, nel corso dell’autopsia tutta la parte posteriore del cranio del presidente in realtà è stata trovata intatta.
Robert Groden, perito fotografico, è uno degli autori più noti di libri sul caso Kennedy. Nella sua opera The Killing of a President presenta la ricostruzione illustrata nella terza figura da sinistra. E’ evidente che tale ricostruzione sconvolge completamente le due precedenti, in quanto la zona del capo devastata dall’impatto del proiettile è tutta la regione parietale destra, mentre la regione occipitale sarebbe rimasta intatta. La ricostruzione di Groden è basata sull’immagine seguente del film di Zapruder e sulla testimonianza dell’agente di polizia Bobby Hargis , il quale si trovava leggermente indietro e a sinistra rispetto alla vettura presidenziale…
Hargis ha testominiato al processo contro Clyde Shaw. Interrogato da sostituto procuratore Tom Bethell, ha riferito così quanto avvenuto quel giorno al Dealy Plaza…
… abbiamo girato a sinistra verso Elm Street, circa metà isolato dal luogo dell’attentato. Mi trovavo sul lato destro della strada e immeditamante a sinistra dell’auto presidenziale, vicino alla signora Kennedy… allorché ho udito la prima esplosione ho riconosciuto subito che si trattava di uno sparo… ho visto il governatore Connally voltarsi verso il presidente con un’espressione assai sopresa sul volto… il presidente si è chinato allora verso il governatore quasi per volergli parlare… è stato allora che ho visto il presidente proiettato di colpo all'indietro, la signora Kennedy voltarsi verso di lui, dopo di che tutto il lato destro della sua testa è piovuto addosso a me… sangue, brandelli di cervello e schegge della calotta cranica…
Alla domanda cruciale rivoltagli da Bethell: ‘il fatto che lei fosse a sinistra dell’auto e un poco dietro suggerisce che lo sparo provenisse da destra e dal davanti?…’ , così ha risposto Hargis…
… quello che è certo è il fatto che sono stato investito in pieno da tutto quello che era fuoriuscito dalle ferite del presidente… io ero in movimento e semplicemente gli sono andato incontro…
Volendo giudicare la cosa senza preconcetti, la ricostruzione di Groden sembra essere assai più accurata delle due precedenti. Essa però non permette di conludere con certezza se il colpo mortale sia giunto dal davanti oppure da dietro.
Nel 1979 Ida Fox, membro del House Select Committee's Forensic Pathology Panel, basandosi sulle fotografie e sulle radiografie a raggi X effettuate a Betshesda, ha fornito il disegno che compare ultimo a destra. A ben guardare anche una persona non esperta di anatomia si rende conto che in pratica altro non è che il disegno della commissione Warren arricchito di qualche dettaglio per altro non fondamentale. In particolare le scheggie di ossa craniche sono certamente più grandi di quanto non siano state nella realtà. E’ evidente che il disegno suggerisce inequivocabilmente che il colpo proveniva da dietro. Dal momento che tale ricostruzione, a differenza delle precedenti, si è valsa di radiografie e fotografie sviluppate in sede di autopsia, essa dovrebbe mettere a tacere ogni residuo dubbio. In effetti il ‘materiale’ al quale si è potuto accedere non è poi stato così rilevante. Di questo chi scrive ha fatto una cernita ed ha selezionato la radiografia e due foto autoptiche che potete vedere [raggruppate insieme per esigenze di editoria] nella figura qui sotto…
La figura a sinistra illustra la vista radiografica frontale. Data l’assoluta incompetenza dello scrivente in materia di analisi di radiografie, la sua opinione poco conterebbe se non fosse confortata da quella della maggior parte dei ‘competenti’ che hanno esaminato la radiografia suddetta. Mentre si nota la mancanza di una notevole porzione delle ossa parietali del cranio [lesione che pare estendersi fino alla cavità oculare destra, molto più ‘spostata in avanti’ perciò rispetto a tutte le ‘ricostruzioni’ che abbiamo esaminato…], il dietro della testa, a parte alcune fratture che però non ne alterano la compattezza, pare sostanzialmente intatto. Tale impressione è confermata nell’immagine al centro, una delle foto eseguite nel corso dell’autopsia. In essa il retro della testa non pare rivelare lesioni e neppure fori d’entrata di proiettili e l'ampia ferita, la quale ha causato la fuoriuscita delle ossa parietali craniche, è evidentemente localizzata assai ‘in avanti’. L’ultima foto [per altro assai povera di dettagli significativi…] è stata scattata solo dopo che il cranio è stato messo allo scoperto e quanto restava del cervello rimosso [chiedo scusa per l’estrema repulsione che essa può suscitare in chi è poco abituato alle autopsie…]. Ognuno a questo punto chiunque può benissimo [o per lo meno lo scrivente ne è convinto…] farsi un parere se la ‘ricostruzione’ delle ferite subite dal presidente Kennedy presa per buona dalla HSCA è confermata o no alle radiografie e dalle foto autoptiche. Lo scrivente ritiene di no… altri potranno benissimo essere di diverso parere…
Un altro elemento è sempre apparso fortemente in contrasto con l’ipotesi che il colpo mortale sia giunto da dietro. Nel filmato di Zapruder, già proiettato in precedenza, si nota chiramente che nello stesso momento in cui il presidente è colpito alla testa, questa risulta proiettata violentemente all’indietro. Per superare questa evidente incompatibilità la commissione ha richiesto il parere di alcuni esperti dello specifico settore, chiedendo ad essi specificamente se esiste una relazione tra la provenienza del proiettile e il brusco movimento all’indietro della testa che si è visto nel filmato. La risposta è stata che il colasso del sistema nervoso conseguente all’impatto del proiettile può avre causato l’incontrollata contrazione muscolare che ha prodotto il brusco movimento all’indietro. Gli specialisti hanno anche mostrato un filmato nel quale delle scimmie colpite da proiettili alla testa hanno avuto una simile reazione. La conclusione alla quale la commissione è dunque pervenuta è stata semplicemente che l’improvviso movimento all’indietro della testa di JFK nell’istante successivo all’impatto del proiettile mortale era compatibile con il fatto che tale proiettile arrivasse da dietro… come pure che arrivasse dal davanti…
Anche dopo aver sistemato, sia pure in maniera non del tutto esente da critiche e perplessità, la questione del proiettile che ha ucciso il presidente degli Stati Uniti, alla commissione rimanevano ancora diversi punti oscuri da chiarire. Uno di questi era il comportamento della cosiddetta ‘palottola magica’, ossia del secondo proiettile esploso dalla carabina Manlischer-Carcano 91/38 [il primo secondo la ricostruzione ‘ufficiale’ sarebbe andato a vuoto…], quello che aveva ferito, sia pure non mortalmente, il collo e la schiena del presidente Kennedy prima e l’avambraccio e il polso destro del governatore Connally poi, per essere alla fine ritrovato pressocché intatto su di una barella all’ospedale Parkland Memorial. Dopo aver osservato il filmato di Zapruder la cosa era parsa ai più inverosile per più di una ragione. In primo luogo la sequenza dei fotogrammi mostrava chiaramente che il proiettile in questione aveva raggiunto la schiena del presidente Kennedy, provocando un brusco movimento in avanti del capo e una chiara espressione di dolore sul volto, all’incirca in corrispondenza del fotogramma 200 del filmato. In quel preciso istante e nei tre quarti di secondo successivi il geverantore Connally non mostra alcuna particolare reazione, fino a che scompare dal filmato dopo il fotogramma 207. Solo allorchè il gevernatore riappare, in corrispondenza del fotogramma 226, vale a dire due secondi e mezzo dopo l’arrivo del proiettile, egli manifesta evidenti reazioni alle ferite ricevute. Confrontando il filmato di Zapruder e varie testomonianze pressoché concordi si arriva alla conclusione che tra la reazione dolorosa del presidente Kennedy e l’analoga reazione del governatore Connally sono passati all’incirca due secondi e pertanto se la ‘teoria del singolo proiettile’ è valida si deve ipotizzare o che la ‘pallottola magica’ abbia vagato senza meta per circa due secondi o che il governatore Connally avesse quel giorno tempi di reazione al dolore del tutto anomali… tertium non datur… Chiunque, come lo scrivente, non particolarmente esperto in ‘meccanismi e tempi di reazione’ manifestate dagli umani a ferite traumatiche provocate da armi da fuoco si aspetterebbe a questo punto che qualcuno della numerosa schiera di insigni consulenti medici della commissione prenda la parola e fornisca il suo illuminante parere al riguardo. Anche se può sembrare incredibile ciò non accade e nel report finale della commissione questo punto essenziale è liquidato con una semplice nota a piè di pagina [HSCA Final Assassinations Report, pag.46, nota(4)], che qui riproduciamo per intero…
Non esiste un criterio scientifico per stabilire il tempo che intercorre tra l’istante in cui un individuo è colpito da un proiettile e l’istante in cui si manifestano le reazioni dell’organismo alla ferita da esso causata. Tale tempo di reazione inoltre dipende da dove l’individuo è stato colpito…
Liquidato in modo assai ‘stravagante’ anche questo punto, rimaneva da stabilire se la posizione relativa del presidente degli Stati Uniti e del governatore del Texas al momento dello sparo rendevano possibile che un singolo proiettile avesse colpito prima uno e poi l’altro. Anche in questo caso la ‘spiegazione’ della apparente ‘incongruenza’ fornita dalla commissione appare a dir poco sconcertante. Leggiamo nel report finale [op. cit, pag. 47…]…
… dal momento che la reazione del presidente al proiettile che gli aveva trapassato il collo di trovava in corrispondenza al fotogramma 200 del filmato, si deve presumere che il proiettile sia stato sparato all’incirca in corrispondenza del fotogramma 190. Il filmato d’altra parte mostra evidenti perdite di risoluzione per le sequenze di fotogrammi 189-197 e 312-334, dovute evidentemente al disorientamento che gli spari hanno prodotto nell’operatore che inavvertitamente ha spostato bruscamente la macchina da ripresa da sinistra verso destra…
Anche se può apparire incredibile, la commissione su questo altro punto fondamentale di più non dice e lascia intendere che il fatto che l’immagine riprodotta nel fotogramma 190 sia sfuocata toglie a questo reperto ogni valore al fine di validare o meno la sostenibilità della ‘tesi del singolo proiettile’. E come se questo non bastasse ecco come la ‘tesi’ in questione viene liquidata in modo definitivo. Rimaneva infatti un terzo ‘enigma’ che doveva essere chiarito, il fatto cioè che la ‘pallottola magica’, ritrovata nientemeno che su una barella dell’opedale Parkland Memorial, risultasse praticamente intatta dopo aver trapassato parte a parte da prima la spalla e poi la gola del prediente Kennedy, quindi l’avambraccio ed infine il polso del governatore Connally. Occorreva poi in qualche modo trovare qualche argomento per demolire l’esperimento fatto oltre dieci anni prima dal procuratore di New Orleans Jim Garrison, il quale aveva fatto sparare sul polso di un cadavere prelevato dall’obitorio una identica pallottola, la quale nell’impatto si era completamente distrutta. La ‘pallottola magica’ in questione è mostrata nella immagine a sinistra del gruppo qui sotto rappresentato… dell’immagine a destra parleremo fra pochissimo…
Per comprendere a pieno il discorso è necessario a questo punto aprire una parentesi per parlare un poco del fucile Manlischer-Carcano 91 e del suo munizionamento. Lasciamo la parola ad uno dei massimi esperti di quest’arma, con la quale si è scritta in pratica tutta la storia dell’Italia del ‘900, Sergio Zanol sul sito www.il91.it…
Nel 1888 il Ministero della Guerra incaricò la Commissione per le armi portatili, istituita presso la Scuola di Applicazione di Fanteria, di studiare un nuovo fucile, in sostituzione del mod. 1870/87. Infatti, i vantaggi conseguiti con l'adozione della cartuccia a pallottola mod. 1890 non erano senz'altro sufficienti a sfruttare i vantaggi delle polveri infumi. Necessitava, quindi una ulteriore riduzione di calibro, come già era stato fatto nel 1886 in Francia e nel 1888 in Germania e Austria. Gli studi della Commissione iniziarono con canne da 8 e da 7,5 mm. Il segretario della Commissione, il maggiore d'Artiglieria Benedetti, propose l'adozione di un calibro tra il 6 ed il 6,5 mm. Furono, così, costruite dalla Fabbrica d'Armi di Brescia delle canne in calibro 6 mm. ed in calibro 6,5 mm. che in prova dimostrarono qualità balistiche superiori alle iniziali aspettative. Nella seduta del 17 e 18 aprile 1890, la Commissione decise l'adozione del calibro 6,5 mm…
Tra i motivi della scelta da parte del Regio Esercito dell’insolito calibro 6.5 mm [diversamente da quanto fatto allora in Inghilterra e Germania e Francia dove venne scelto il calibro 7.65 mm…] vi era quello di un consistente risparmio nel peso del proiettile [all’incirca un buon 28% in meno…], elemento assai importante per un paese povero di ‘materie prime’ quale era l’Italia. La scelta però non era priva di inconvenienti come spiega Zanol…
… lo studio di un proiettile che presentasse un conveniente coefficiente balistico, portò ad un proiettile piuttosto lungo rispetto al calibro, che rendeva necessaria però una rigatura a passo elicoidale di notevole inclinazione, al fine di ottenere una velocità angolare sufficiente ad imprimere stabilità al proiettile durante la traiettoria. Constatata d'altra parte una notevole usura delle righe, provocata dall'eccessiva inclinazione della rigatura accompagnata da frequenti rotture all'incamiciatura del proiettile, venne proposta l'adozione di una rigatura a passo progressivo. Nelle prove di tiro comparato fra i due tipi di rigatura, i risultati ottenuti con la rigatura progressiva si dimostrarono superiori a quelli ottenuti con la rigatura elicoidale, per cui venne adottata la rigatura progressiva a 4 righe… La cartuccia a pallottola M.91 è stata progettata presso il Laboratorio Pirotecnico di Bologna, dall'allora capo-tecnico collaudatore Luigi Scotti, conte della Scala di San Giorgio, per essere impiegata assieme al fucile ed al moschetto da cavalleria mod. 1891. É costituita da un bossolo di ottone, con corpo leggermente tronco-conico, con colletto cilindrico raccordato al corpo da un tronco di cono. All'interno del colletto si trova un risalto anulare che impedisce alla pallottola di penetrare nel bossolo in seguito ad urti. Il fondello è a faccia inferiore piana, con scanalatura anulare di presa per l'estrattore [bossolo tipo Rimless]. La capsula di ottone è caricata con miscela fulminante [fulminato di mercurio 50%, clorato di potassa 25%, solfuro di antimonio 25%], protetta da vernice da ‘cassule’, con incudinetta fissa a due fori di vampa [innesco tipo Berdan]. La pallottola, del peso di 10,45 grammi è di forma cilindrico-ogivale, presenta un'incamiciatura di maillechort [lega di rame 85% e di nichelio 15%] con nucleo di piombo trafilato, saldato e compresso. É trattenuta al bossolo dalla semplice tensione del colletto. La carica è costituita da 1,95 grammi di balistite in grani del n. 1. Tra carica e pallottola è inserito un bioccolo di cotone idrofilo. Sulla faccia inferiore del fondello sono impressi i contrassegni di fabbricazione, rappresentati, come sempre, dalle iniziali del capo-tecnico collaudatore, dello stabilimento di produzione e dalle ultime due cifre dell'anno di fabbricazione. É confezionata in pacchetti, di forma parallelepipeda con invoglio di cartoncino rinforzato agli angoli da strisce di percale, con all'interno due tramezzi longitudinali che formano tre scompartimenti, nei quali si alloggiano tre caricatori completi, quindi, di 18 cartucce. I pacchetti sono avvolti con carta color arancione. Esternamente portano l'indicazione dell'anno e del luogo di fabbricazione, con la dicitura ‘M. 91’. Sulla faccia anteriore porta un bollo con le iniziali del capo-tecnico collaudatore e sul coperchio un bollo con la lettera ‘O’, per indicare che il caricatore è di ottone. La cartuccia a pallottola M. 91 è stata modificata nel 1895 per ovviare a delle fughe di gas che si verificavano al fondello e per assicurare meglio l'innesco al bossolo. Il bossolo di ottone presenta il fondello con un incavo a corona circolare nella faccia inferiore, stampato concentricamente al portacapsula, con i contrassegni ricavati in rilievo. La capsula di ottone, con fondello leggermente concavo all'interno, è caricata con la stessa miscela fulminante di quella della M. 91. La pallottola e la carica sono le stesse della M. 91. La cartuccia pesa in totale 22,339 grammi…
La cartuccia ‘standard’ M.91 è rappresentata, con i suoi elementi distinti, nella parte alta della figura riprodotta in alto e a destra. E’ del tutto evidente dal punto di vista visivo che la ‘pallottola magica’ [riprodotta nella figura di sinistra] fa parte di questo munizionamanto. Una pallottola di questo tipo, che Zanol definisce ‘di forma cilindrico-ogivale’, è nota nel gergo anglo-sassone con la denominazione soft nose. Accanto al munizionamento ‘standard’ ve ne erano naturalmente altri di tipo speciale, tra cui una ‘Cartuccia a pallottola perforante per armi M.91’ che Zanol descrive così…
… presenta la pallottola ad ogiva acuminata, con incamiciatura in maillechort e nucleo di acciaio speciale temperato, rastremato posteriormente, investito in un bossoletto di piombo per permettere alla pallottola di prendere la rigatura della canna. La carica è costituita da 2,25 gr di solenite speciale. La cartuccia pesa in totale 20,4 gr. É confezionata in pacchetti, come per le cartucce a pallottola M. 91-95, avvolti in carta color grigio, con la dicitura ‘A pallottola P. per armi M. 91 e per mitragliatrici’…
La cartuccia di questo tipo è rappresentata nella parte bassa della figura in alto a destra. E’ del tutto evidente la differenza di forma [la pallottola è ‘ad ogiva acuminata’…] rispetto alla pallottola ‘standard’. Nel gergo anglosassone pallottole di questo tipo sono note con la denoninazione full metal jacketed, resa celebre tra l’altro dall’omonimo film…
Riservandomi di ritornare sul fucile Manlischer-Carcano 91 quando sarà il momento, vediamo ora come l’HSCA, la quale come si è visto poteva oltretutto contare su una imponente schiera di ‘consulenti’, ha affrontato [e risolto sempre a modo suo…] il problema della ‘pallottola magica’. A pagina 45 del rapporto si può leggere quanto segue. Affinché non sussistano dubbi di sorta fornirò da prima lo scritto originale e successivamente la sua traduzione in italiano. So osservi con la massima attenzione le parti evidenziate confrontandole con quanto appreso sul munzionamento del fucile M.91. Veramente da non credere…
In determining wheter the deformity of CE 399 was consistent with its having passed through the President and Governor, the committee considered the fact that il is a reatively long stable fully jacketed bullet, typical of ammunition often used by the military. Such ammunition tends to pass through body tissue more easily than soft nose hunting bullets. Committee consultants with knowledge in forensic pathology an wound ballistics concluded that il would non have been unusual for such a fully jacketed bullet to have passed through the President and the Governor and to have been only minimally deformed…
Nel determinare se le deformazioni del reperto CE 399 fossero o non compatibili con l’essere passato attraverso il presidente e il governatore, la commissione ha considerato che si tratta di un relativamente lungo e consistente proiettile full jacketed, tipico munzionamento usato dai militari. Tale munizionamento tende a passare attraverso i tessuti corporei più facilmente dei proiettili soft nose. I consulenti della commissione esperti di medicina legale e ferite da proiettili hanno concluso che non è affatto inusuale che un proiettile full jacketed di questo tipo sia passato attraverso il presidente e il governatore riportando solo minime deformazioni…
A questo punto e dopo queste sconcertanti ‘rivelazioni’ il lettore potrebbe essere tentato di arrivare alla spontanea conclusione che il lavoro dell’HSCA altro non sia stato che quello di confermare punto per punto le risultanze della commissione Warren. Ebbene, anche se è lecito supporre che questo doveva essere stato l’obiettivo che si erano prefissi coloro che avevano voluto la nascita della nuova commissione, in pratica così non è stato. Gli specialisti di analisi acustica che avrebbero dovuto confermare, in base al contenuto della registrazione acustica dell’evento accidentalmente per venuta quel giorno alla centrale di polizia di Dallas avevano fatto una scoperta che da sola aveva rimesso in discussione tutta le precedenti ricostruzioni e che invano numerosi altri cercheranno di confutare o invalidare: nella circostanza i colpi d’arma da fuoco esplosi al Dealy Plaza non sono stati tre bensì quattro, uno dei quali esploso dalla collinetta erbosa posta dinnanzi alla vettura presidenziale. Perché non vi siano dubbi al riguardo leggiamo direttamente dal report finale [op. cit., pag.46]…
… è stato sottoscritto un contratto di consulenza con un team di esperti in acustica per l’analisi della registrazione di una trasmissione radio effetuata nel momento dell’attentato. Gli esperti hanno stabilito che nella registrazione vi sono in tutto quattro spari. Di questi il primo, il secondo ed il quarto provenivano dal Texas School Book Depository, posto alle spalle del presidente, mentre il terzo proveniva dalla colinetta erbosa situata davanti al presidente sulla destra…
Dal momento che i colpi sparati dal killer appostato al quinto piano del Book Depository sono stati al più tre, è’ evidente che questa affermazione, anche prescindendo da ogni altro elemento, sconvolge da sola in modo clamoroso uno dei pilastri della ‘verità’ fino ad allora spacciata come ‘unica possibile’, vale a dire Lee Harvey Oswald ha agito da solo. Il successivo ed inevitabile passo da compiere, non importa quanto controvoglia, da parte della commissione a questo punto era stabilire la connessione temporale della sequenza dei quattro spari con il filmato di Zapruder, problema che la commissione ha risolto nel suo solito modo… un modo assai ‘disinvolto’… ecco infatti che cosa leggiamo subito dopo nella ‘famigerata’ pagina 46 del report finale…
… associando il proiettile ha colpito mortalmente il presidente alla testa con l’ultimo sparo e in coincidenza con il fotogramma nr. 312 del filmato di Zapruder e prendendo esso come riferimento è stato possibile associare gli altri spari con il suddetto filmato…
In sé non ci sarebbe nulla da obiettare per carità… se non fosse per una insignificante e minuscola postilla che compare a piè di pagina contrassegnata come ‘nota nr. 5’…
Il comitato ha anche considerato di associare al fotogramma nr. 312 del filmato di Zapruder il terzo sparo, quello proveniente dalla collinetta erbosa. Questa alternativa è però stata scartata…
Anche ammettendo che classificare ‘copertura’ oppure ‘depistaggio’ il lavoro fatto a suo tempo dalla HSCA è senz’altro esagerato, certo è assai arduo trovare termini differenti idonei a descriverlo…
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Nobis ardua
Comandante CC Carlo Fecia di Cossato
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