E’
risaputo che, durante i due giorni di detenzione, i più elementari
diritti di Oswald furono negati o ignorati. Il fatto stesso che il suo
nome e la sua faccia furono dati in pasto alla carta stampata e alle
televisioni di tutto il mondo, quando ancora non esisteva uno straccio
di prova che avesse sparato a Kennedy, la dice lunga su come fu
gestita, dal capitano Fritz & company, la questione delle garanzie
che avrebbero dovuto tutelare l’indagato.
Non
soddisfatti, i responsabili della polizia di Dallas calpestarono
brutalmente anche il diritto di Oswald alla vita; infatti fu ucciso da
Ruby mentre decine di agenti stavano a guardare.
In
seguito la Commissione Warren, dimostrandosi indegna del compito
affidatole, fece anche peggio degli incapaci rappresentanti della
polizia di Dallas. Avendo bisogno di prove che puntellassero l’accusa
contro Oswald, e che dimostrassero la sua presunta inclinazione alla
violenza, non ebbero alcun problema ad incolpare un cadavere del
fallito attentato alla vita del generale Edwin Walker, avvenuto
nell'aprile del 1963. Walker fu miracolosamente mancato da un colpo di
fucile mentre era seduto dietro la scrivania di casa sua. In assenza
del benché minimo indizio, la Commissione si accontentò delle parole
di una sola testimone, sebbene sapesse che si trattava di una bugiarda;
parliamo di Marina Oswald.
Riassumo
brevemente i risultati più significativi a cui approdarono le indagini
sul tentativo di assassinare il generale Walker:
1)
L’unico testimone, un ragazzo di 15 anni, dichiarò che dopo aver
sentito lo sparo vide due uomini allontanarsi su due diverse auto.
2)
Bob Surrey, guardia del corpo di Walker, testimoniò che due giorni
prima dell’attentato, aveva visto due uomini aggirarsi dietro la casa, e
appena si era avvicinato questi erano fuggiti a bordo di un’auto senza
targa.
3)
La polizia di Dallas concluse che la pallottola, andata a vuoto, era
una calibro 7.65. Come sappiamo le pallottole presumibilmente esplose
all’indirizzo di JFK erano calibro 6.5 mm.
Quindi,
gli elementi a disposizione degli investigatori, non solo dimostravano
che il responsabile poteva essere stato chiunque, ma suggerivano ad
alta voce che potevano essere coinvolte due persone, e che non era
stato usato un fucile Mannlicher-Carcano.
Anche la logica, come sempre, non dà una mano a coloro che sostengono la colpevolezza di Oswald.
Oswald,
infatti, non sapeva guidare, e dando per scontato che i colpevolisti
non vorranno sostenere l’eventualità che sia stato accompagnato da
qualcuno, dobbiamo ipotizzare che Oswald raggiunse in autobus i
dintorni della casa del generale Walker, distante diversi chilometri
dalla sua, e dato che l’autopubblica non copriva l’intero percorso,
Oswald avrebbe dovuto farsi a piedi una parte di quel tragitto.
Ovviamente col suo bel fucile tra le mani, magari nascosto in un
sacchetto di carta, e senza, naturalmente, essere visto da nessuno.
Comunque
sia, anche se non legalmente valida come prova contro Oswald, la
Commissione Warren ritenne sufficiente e credibile la deposizione di
Marina, la quale affermò che suo marito le aveva confidato di essere il
responsabile (unico) dell’attentato a Walker. La Commissione, però,
non ritenne attendibili, allo stesso modo, le certezze di Marina Oswald
in relazione a un presunto tentativo del marito di assassinare Richard
Nixon, il 24 aprile 1963. Probabilmente, in quest’ultimo caso, coloro
che interrogarono la testimone si resero conto che le affermazioni di
Marina sarebbero state più credibili se incluse nei dialoghi di una
commedia grottesca. La moglie di Oswald, infatti, ci regala momenti di
esilarante umorismo, quando, descrivendo il suo tentativo di far
desistere il marito dal proposito omicida di eliminare Nixon, dice di
essere riuscita, dopo una vittoriosa colluttazione, a chiuderlo in
bagno. In seguito, mantenendo molto alto il livello comico delle sue
dichiarazioni, Marina afferma di non essere sicura di aver chiuso in
bagno Lee Oswald, ma di essere certa che suo marito voleva ammazzare
Nixon.
E’
chiaro che Warren e soci, al corrente del fatto che Nixon non si era
recato a Dallas quel giorno, non potevano accettare l’eccesso di
collaborazionismo offerto da Marina, e tentarono di convincere la moglie
di Oswald che l’obiettivo di suo marito poteva essere stato il
vicepresidente Johnson, il quale si era recato a Dallas il 23 aprile
1963.
A
questo punto, frustrata dall’assurdità delle sue stesse affermazioni,
Marina Oswald dichiara di non capirci più niente, e di avere una gran
confusione in testa (è inevitabile che il cervello di chi racconta
troppe balle finisca poi per andare in tilt!!).
Alla luce di quanto sopra propongo il seguente interrogativo:
se,
come è evidente, l’unica prova a carico di Oswald per l’attentato a
Walker, furono le "rivelazioni" di Marina, perché la Commissione Warren
non nutrì alcun dubbio sulla credibilità della donna, essendo a
conoscenza delle farneticanti dichiarazioni a proposito di Nixon?
La
verità è che Oswald non aveva mai tentato, né pensato, di ammazzare
Nixon o Johnson. E sicuramente non aveva nulla a che vedere con
l’attentato al generale Walker.
Per
terminare, faccio una riflessione sul perché Marina Oswald avrebbe
dovuto infierire sul defunto marito, accusandolo del tentativo di
assassinare il generale Edwin Walker.
Marina
Oswald probabilmente non amava suo marito, ma sicuramente provava
dell'affetto per lui, se non altro perché era il padre delle sue due
figlie. Ora, visto che Lee Oswald era stato ammazzato alla giovanissima
età di 24 anni, espiando con la vita la presunta colpa dell’assassinio
di JFK e dell’agente Tippit, e visto che Walker era uscito illeso
dall’imboscata, per quale motivo Marina avrebbe dovuto appesantire il
già difficile futuro delle proprie figlie, incolpando il loro padre
dell’ennesimo delitto, "sette mesi dopo che questo si era verificato"?
Credo
che nessuna moglie al mondo, capace di un minimo di pietà e di un
minimo di affetto per suo marito, e che cercasse di costruire un sereno
avvenire alle proprie figlie, già problematico nel caso delle figlie
di Oswald, si sarebbe accanita contro il proprio coniuge così come ha
fatto, "spontaneamente", Marina Oswald.
L’unica
spiegazione logica è che Marina sia stata spinta a farlo, dopo essere
stata convinta che ciò preservava i suoi interessi e quelli delle
figlie. Nella sua testimonianza davanti alla CW confesserà di aver
subito "gentili pressioni" dagli agenti che "la proteggevano". Il
rischio che la rispedissero in Russia la rendeva estremamente
ricattabile.
La
donna che, subito dopo l’assassinio di JFK, dichiarava la sincera
convinzione dell’innocenza di suo marito, qualche mese dopo appariva
ben vestita e ingioiellata, davanti alle telecamere, per accusare il
padre delle sue figlie. Non era evidentemente più la stessa. Il
“lavaggio del cervello”, unica ragione del "sequestro" subito a opera
del Servizio Segreto, aveva raggiunto il suo scopo.
http://www.jfkennedy.it/L'attentatoalgeneraleWalker.html
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