lunedì 19 aprile 2010

fini, casini , rutelli , montezemolo un grande centro o un gran casino?

1- "IL MESSAGGERO" DI CALTA-PAPÀ ANNUNCIA: BERLUSCONI TEME LA KADIMA ITALIANA? HA TELEFONATO A CESA PER SCONGIURARE LA SPONDA UDC A FINI. ENTRO FINE ANNO POTREBBE NASCERE IL "PARTITO DELLA NAZIONE"
Claudio Sardo per "Il Messaggero"

In casa Udc c`è una sorta di consegna del silenzio. Pier Ferdinando Casini è stato chiaro con i suoi: nessun gioco di sponda con Berlusconi, né con Fini. E le poche dichiarazioni pubbliche del segretario Lorenzo Cesa sono tutte improntate alla neutralità: «Non intendiamo interferire nelle vicende interne al Pdl. Ma là crisi che si e aperta nel partito di maggioranza è la conferma di ciò che diciamo da due anni, da quando cioè la Lega ha posto la sua ipoteca sul governo: il bipolarismo italiano, privo di programmi unificanti e trainato dalle estreme, è destinato ad implodere».
CASINI

Eppure c`è un pressing sui centristi. La linea di frattura che si è aperta tra Berlusconi e Fini,
comunque vada a finire la direzione Pdl di giovedì, rimette in discussione la rappresentanza dei moderati. E. quantomeno per ragioni strumentali, la sponda Udc è ricercata da entrambi i contendenti nel Pdl. Il Cavaliere potrebbe dimostrare la marginalità dei finiani, rimpiazzando eventuali defezioni in Parlamento con i voti dei centristi.
Fini a sua volta potrebbe far balenare, prima ancora dello scenario di un «Kadima» italiano, quello di un'intesa politico-parlamentare capace di condizionare il governo e di contrastare apertamente alcune iniziative leghiste.
FRANCESCO RUTELLI

Per questo da giorni Casini e Cesa sono inseguiti da telefonate. Berlusconi ha cominciato a marcare più stretto Cesa dall`indomani delle regionali. Fini, che da qualche tempo ha ristabilito buoni rapporti personali con Casini, nei giorni della crisi ha già parlato con il leader Udc almeno un paio di volte.

La linea della neutralità, però, allo stato non è scalfita. Prima si concluda la partita nel Pdl. Peraltro Casini non dimentica il 2008, quando proprio dai due venne scaricato dal treno del Pdl in partenza. E, in fondo, se oggi dovesse scommettere sulle conclusioni di giovedì prossimo, punterebbe sulla ricucitura (magari parziale e temporanea) ma non sullo strappo. Certo, se la crisi del Pdl dovesse esplodere, il quadro cambierebbe. E anche per l`Udc si aprirebbe una nuova partita.
MONTEZEMOLO

Ne sono consapevoli anche gli interlocutori del Centro, a partire da Francesco Rutelli, che ha messo in cantiere la confluenza a fine anno nell`annunciato «partito della Nazione». «E` chiaro - dice Bruno Tabacci - che, se Fini dovesse fare lo strappo, si aprirebbero le porte per una nuova impresa». Tabacci è un sostenitore del progetto Kadima, nel quale spera di vedere insieme Fini, Casini, Rutelli e magari anche Montezemolo. Anche Rutelli coltiva questo progetto, ma come Casini ora è molto prudente.

La sua previsione è che i tempi della crisi Pdl siano ancora lunghi. Ieri comunque Rutelli ha avuto parole di maggiore comprensione verso il presidente della Camera: «Mi pare amareggiato per come viene percepita la sua scelta nel suo schieramento. Quello che non trova nel Pdl è un gioco di squadra».
chi03 lorenzo cesa casini

Nell'Udc la neutralità è persino più rigorosa. Ora non si parla neppure di Kadima. «Siamo in silenzio stampa» ripete Casini. Non è solo un modo per sottrarsi alle strumentalizzazioni, dopo la prova delle regionali che è stato molto difficile per il Centro. E` anche il desiderio di preservare il progetto dei partito della Nazione dall`immagine dell`arca delle minoranze espulse da Pd e Pdl. Renzo Lusetti aggiunge: «Fini ha posto un problema giusto, ma forse lo ha fatto in un tempo sbagliato».

Per l`Udc ciò che sta avvenendo nel Pdl è comunque la prova di una «crisi di sistema»: le riforme saranno un banco di prova anche per misurare le affinità e le distanze tanto con Berlusconi quanto con Fini. Intanto Casini continua a tenere contatti anche con Pier Luigi Bersani e Massimo D`Alema. li rilancio dell`ex premier su «un nuovo bipolarismo» per l`Italia, fatto nella direzione del Pd, risponde anche all`intenzione di mantenere aperto il dialogo con il Centro e con parte almeno del Pdl.

2- QUANTO VALE KADIMA? SE FINI SI UNISCE A CASINI E RUTELLI ARRIVA AL 13%, CON MONTEZEMOLO AL 16%. LA SOGLIA CRAXI: CON IL 14% BETTINO ERA PREMIER
Celestina Dominelli per "Il Sole 24 Ore"

Cosa accadrebbe se l'ex leader di An, Gianfranco Fini, divorziasse da Silvio Berlusconi? Il premier, sondaggi alla mano, la sua risposta l'ha già fornita al diretto interessato: se Fini scegliesse di andare da solo sarebbe la sua fine. Almeno a detta del Cavaliere. Ma gli esperti cosa pensano? A giudicare dalle risposte, lo scenario non è poi così fosco. Perché un partito nuovo di zecca guidato da Fini riuscirebbe a racimolare il 7% di consensi.
Bruno Tabacci

«Se si andasse al voto domani - spiega Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing - e nell'offerta elettorale ci fosse una nuova forza politica di Fini, questa new entry riuscirebbe a raccogliere il 7% dei consensi». Il bottino, però, sarebbe ancora più interessante se l'ex leader di An costruisse un partito di più grande respiro. «Se nel progetto fossero cooptati anche il numero uno dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, e il leader di Alleanza per l'Italia, Francesco Rutelli chiarisce Noto - quel pacchetto di consensi crescerebbe fino al 13%.

Per arrivare addirittura al 16% se della partita fosse anche il presidente della Fiat, Luca Montezemolo». L'eventuale fuga in avanti di Fini potrebbe dunque condizionare lo scenario politico, ma provocherebbe qualche scompenso anche dentro il Pdl. Che, aggiunge Noto, «senza l'ex leader di An perderebbe il 20% del suo elettorato». Vero è, osserva Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos, «che il tempo rema contro Fini».

Un conto, precisa il sondaggista, «è considerare un progetto di lungo respiro, da qui a tre anni, che avrebbe un certo seguito. Altra cosa è immaginare una nuova formazione politica con elezioni immediate visti i trend che hanno segnato le ultime consultazioni: la netta tendenza alla semplificazione politica, a ridurre i partiti, ma soprattutto il forte astensionismo.
Nando Pagnoncelli

Due aspetti che penalizzerebbero nel breve periodo una nuova formazione politica». Anche se fosse guidata da un leader che, prosegue Pagnoncelli, «gode comunque di un apprezzamento altissimo, pari al 60%, non solo tra gli elettori del centro-destra». Il motivo? «In quel 60% - chiarisce Pagnoncelli - è compreso anche chi ha fiducia in Berlusconi e non è escluso che, nel caso di un eventuale strappo, si schieri con il premier».

La fiducia accordata a un politico, quindi, non si traduce automaticamente in consenso. «Basti pensare a Bettino Craxi - aggiunge Pagnoncelli - che era popolarissimo, ma il Psi non riuscì mai sfondare il tetto del 14%». Gli esempi, però, non mancano nemmeno guardando al presente. «Non c'è un rapporto tra gradimento di un leader e peso elettorale del suo partito - dice Nicola Piepoli, presidente dell'omonimo istituto -. Umberto Bossi ha sempre avuto percentuali scarse di gradimento. Malgrado ciò la Lega ha sbancato alle ultime consultazioni».

3- MANNHEIMER: FINI HA UN SERBATOIO DEL 20%, VOTI CERTI AL 5%. IL CONSENSO DI GIANFRY: GIOVANI, LAICI E TRASVERSALI AI DUE POLI
Renato Mannheimer per "Il Corriere della Sera"

La presa di posizione di Fini ha in buona misura sconvolto lo scenario politico. Diversi commentatori - ma anche il presidente del Senato - hanno addirittura ipotizzato la possibilità di nuove elezioni. Se si dovesse tenere una consultazione anticipata, è ragionevole pensare che potrebbero incrementarsi ancora le astensioni, come ulteriore'espressione del disappunto degli elettori.
MANNHEIMER

Per il resto, appare azzardato stimare oggi la misura dei consensi ottenibili dalle diverse forze politiche e, in particolare, il seguito che potrebbe raggiungere una eventuale lista ispirata dal presidente della Camera e autonoma rispetto al Pdl: l'esito delle consultazioni sarà infatti molto fortemente condizionato dagli sviluppi del dibattito politico e, in particolare, dalla campagna elettorale.

È possibile, tuttavia, azzardare qualche ragionamento sulla base degli attuali livelli di popolarità che i due leader ottengono tra la popolazione. Come si sa il consenso attualmente riscontrabile (e misurato attraverso l'espressione di giudizi positivi sul rispettivo operato) nei confronti di Berlusconi e di Fini è assai differente, n Cavaliere fa riscontrare in questo momento un'approvazione pari al 52%, mentre il presidente della Camera, ormai da molti mesi, lo supera attestandosi oggi al 64%. Naturalmente, i due seguiti si sovrappongono in parte, dato che molti elettori dichiarano di stimare sia Berlusconi sia Fini.

Per entrambi, i giudizi favorevoli provengono da molteplici segmenti di elettorato, anche se la maggior parte del seguito personale dei due leader dichiara di votare per il Pdl. Ma la misura di questa prevalenza è diversa, il consenso per il Cavaliere appare molto più concentrato nel suo partito (il 93% degli elettori del Pdl ha una valutazione positiva per Berlusconi) e tra gli indecisi (ove il 41% simpatizza per il Cavaliere), mentre per Fini il seguito è più distribuito in tutto l'arco politico (anche se la maggioranza di chi manifesta il suo apprezzamento per il presidente della camera si professa comunque elettore azzurro), con, anche nel suo caso, una forte presenza tra chi è oggi indeciso su cosa votare (il 61% di costoro manifesta il suo apprezzamento per Fini).

In caso di elezioni, dunque, il presidente della Camera, per approfittare del consenso attualmente espresso dalla popolazione, dovrebbe «conquistare» anche una quota degli elettori che oggi votano per altri partiti. Ma esiste una parte di elettorato che, più probabilmente di altre, potrebbe seguire Fini in una eventuale avventura elettorale. Come si è detto, molti giudizi positivi per Berlusconi e Fini provengono da persone che esprimono approvazione per entrambi i leader.

C'è però una quota, abbastanza consistente, di cittadini che afferma di stimare l'operato del presidente della Camera e, al tempo stesso, esprime un giudizio negativo sul Cavaliere. Questi «estimatori esclusivi» per Fini costituiscono oggi quasi il 20% dell'elettorato e formano, in qualche modo, la sua «riserva di caccia» privilegiata. Tra costoro, si può rilevare un'accentuazione di 24-35enni e di laici, vale a dire di persone che non si recano mai alle funzioni religiose.

Ancora una volta, però, bisogna sottolineare come questo segmento sia oggi distribuito tra diversi partiti e come quindi non sia del tutto agevole persuaderlo a optare per l'eventuale lista di Fini, anche se c'è una quota notevole (25%, pari al 5% dell'elettorato nel suo insieme) di «estimatori esclusivi» per Fini tra chi si dichiara in questo momento indeciso sulla scelta da fare in caso di elezioni.

Solo una minoranza di chi stima Fini e non Berlusconi vota già oggi per il Pdl. Costoro - circa il 2% dell'elettorato - rappresentano dunque una sorta di «zoccolo duro» che dovrebbe comunque seguire il presidente della Camera. Una sorta di base di partenza dalla quale Fini può partire per verificare il suo reale seguito tra gli italiani.

by dagospia

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