di Lorenzo Baldo - 25 marzo 2013
Palermo.
“Quella di Ilardo è una storia unica ed eccezionale nella storia del
nostro Paese”. Il pm Nino Di Matteo sintetizza così l’epopea del
confidente di Michele Riccio, Luigi Ilardo, ucciso il 10 maggio 1996,
poco prima di diventare a tutti gli effetti collaboratore di giustizia.
Ed è partendo da quella storia che il processo Mori-Obinu ha mosso i
passi più importanti. Nella sua requisitoria Di Matteo ricostruisce
minuziosamente la cronologia dei fatti sottolineando come il col.
Riccio, relativamente all’attività investigativa legata a Luigi Ilardo,
“non fece mai mancare il flusso informativo” rivolto all’autorità
giudiziaria. A suffragio di ciò vengono citate le dichiarazioni del
generale Antonino Tomaselli che ricordava come lo stesso Riccio si
premurava con i suoi superiori di avvisare l’allora procuratore di
Palermo Giancarlo Caselli; vengono citate altresì le dichiarazioni
dell’allora sostituto procuratore Giuseppe Pignatone che in aula ha
riportato i colloqui investigativi avuti con lo stesso Riccio. Di Matteo
ricorda come lo stesso ex ufficiale abbia consegnato per primo i
pizzini di Bernardo Provenzano di seguito utilizzati come “scrittura
comparativa” per quelli successivi attribuiti all’ex primula rossa.
Secondo il pm palermitano Luigi Ilardo era “un’’arma’ vivente a
disposizione dello Stato” che, però, lo Stato non ha voluto utilizzare
per sconfiggere Cosa Nostra. Di Matteo riprende le dichiarazioni del
colonnello Riccio che attestano il rigore della sua metodologia
operativa in contrasto con quanto asserito dallo stesso ex comandante
del Ros. “Mori aveva disposto che non c’era bisogno di fare relazioni di
servizio – aveva detto in aula Riccio all’udienza del 16 dicembre 2008
–, ed io invece ho detto ‘mi dispiace ma io faccio sempre relazioni di
servizio su tutte le attività e su dati informativi che acquisisco’, e
da allora in poi ho sempre fatto relazioni di servizio e le ho
consegnate al Colonnello Mori”. Nel suo excursus storico il pm evidenza
come i floppy disk consegnati dallo stesso Riccio e contenenti le sue
relazioni dell’epoca abbiano superato l’accertamento peritale
predisposto dalla procura e dal Tribunale. Grazie all’ausilio delle
agende personali di Michele Riccio e Mario Mori il pm attesta come il
rapporto operativo dello stesso Riccio con il Ros risaliva ad alcuni
mesi prima del 31 ottobre ’95 e non al giorno prima come invece asserito
da Mori. Di Matteo ribadisce come sia stato Riccio a dover obbedire a
Mori il quale gli ha imposto di non intervenire a Mezzojuso quando
Ilardo si incontrava con Provenzano e non il contrario come riportato
dall’ex comandante del Ros. Per il pm infatti la versione di Mori si
rivela immancabilmente “non credibile”. Un’ulteriore importanza viene
data inoltre alle testimonianze dei magistrati Teresa Principato e
Nicolò Marino, tra coloro che collaborarono con lo stesso Riccio. In
sostegno delle tesi dell’accusa viene citato più volte il rapporto
“Grande Oriente” la cui stesura come ricorda il pm avvenne “sotto il
pressante e incessante controllo del Ros”. In merito al fatto che in
alcuni punti il rapporto non coincideva con quanto successivamente
dichiarato dallo stesso Riccio è il pm a fare luce. “Come poteva Obinu –
si chiede Di Matteo – firmare un documento nel quale si scriveva che
Ilardo e Riccio volevano catturare Provenzano e Mori li aveva
stoppati?!”. Ad avallo di ciò vengono riportate le testimonianze degli
ispettori della Dia Francesco Arena e Mario Ravidà che a suo tempo
avevano raccolto le rimostranze di Riccio sulle censure da lui subite da
parte del Ros nel redigere quel rapporto. Una su tutte l’eliminazione
dal rapporto dei riferimenti ai contatti “politici” di Ilardo che, in
tempi non sospetti, portavano a Marcello Dell’Utri e a Forza Italia in
primis. Ecco che riecheggiano le parole di Riccio: “Lui (Mori, ndr) mi
disse nelle relazioni che facevo di non fare nessun riferimento ai
contatti con gli uomini politici che Ilardo effettuava di volta in
volta. Ovviamente io ho sempre riferito diciamo in maniera compiuta
tutti i contatti...”. Peccato che quanto riferito da Riccio sulla
questione politica si sia sempre scontrato con un apparato dello Stato
decisamente ostile e refrattario a simili informazioni. Quello stesso
Stato che probabilmente si è attivato subito per eliminare Luigi Ilardo
prima che quest’ultimo svelasse chi - al suo interno - aveva ordinato
stragi e omicidi eccellenti.
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Ilardo e' attendibile, lo ha stabilito la sentenza ''Grande Oriente''
http://www.antimafiaduemila.com/2013032541891/primo-piano/processo-mori-obinu-vita-e-morte-di-luigi-ilardo.html
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