Luca Rocca per Il Tempo
«Ustica»,
l’ultimo film di Renzo Martinelli, presentato come la «verità rivelata»
sulla strage del 27 giugno 1980, è l’opposto della verità. La sola cosa
certa, dopo averlo visto in anteprima, è che il regista ha rimesso in
circolo ipotesi scartate da anni di inchieste, respinte anche dai
magistrati che processarono per depistaggio i generali dell’Aeronautica
(tutti assolti), resettate dai più grandi periti internazionali.
CATERINA MURINO IN USTICA
Lo
ha fatto, Martinelli, con un film scritto male e a nostro modesto
avviso recitato peggio, proiettando immagini fantasiose, facendoci
ascoltare dialoghi mai avvenuti e ricostruendo una vicenda dolorosa, che
costò la vita a 81 innocenti, dando sfogo al più classico cliché del
complottismo. Di motivi per ignorarla, la pellicola di Martinelli, ce ne
sono anche troppi.
1. IL BLUFF DEL MIG
La
tesi del film è che, cercando di inseguire un Mig23 libico «nascosto»
sotto la pancia del Dc9, un caccia americano provoca la caduta del
velivolo civile italiano. Dal Dc9, incredibilmente, non parte nessun
allarme. E che fine fa il caccia Usa? Si lascia intendere, senza
mostrarlo, che sia precipitato in mare nei pressi del Dc9. Ma non esiste
alcuna prova. E da dove sarebbe partito? Per anni si è sostenuto dalla
portaerei Usa Saratoga. Fino a quando è stato provato che quella nave
era attraccata al porto di Napoli (come dimostrano alcune foto che
ritraggono due sposini con alle spalle proprio la Saratoga), e nessun
caccia può decollare da una portaerei non in navigazione.
2. CACCIA INVISIBILE
Nel
film viene evidenziato che, stando sotto la pancia del Dc9, il Mig non è
visibile al radar che scorge un solo segnale. Ma il caccia non compare
dal nulla, là sotto ci deve pur arrivare. E nessun radar segnala il suo
tragitto, né quello dei caccia Usa, prima e dopo?
3. VENTUNO GIORNI DOPO
IL FILM DI MARTINELLI SU USTICA
Il
27 giugno 1980 la pilotessa, protagonista del film, si reca sulla Timpa
delle Magare, in Calabria, e scopre che un Mig libico si è schiantato
su quel costone. Il pilota è morto. Ma i riscontri sulla caduta del Mig
21 giorni dopo, cioè il 18 luglio, sono così lampanti da aver indotto i
magistrati a dire: «Le prove acquisite su questo episodio non sono state
tali da far ipotizzare un coinvolgimento di tale velivolo con la caduta
del Dc9». E infatti le relazioni dei carabinieri e dei vigili, le
testimonianze a caldo di sei cittadini calabresi, fax, dispacci e
fonogrammi, lo confermano: insomma, non è caduto lo stesso giorno del
dc9 ma tre settimane dopo.
4. FANTASIOSI SPARI
La
pilotessa nota dei buchi sulla fusoliera del Mig. Pensa (anche perchè
nel film il caccia Usa spara) siano stati provocati da una
mitragliatrice. Non è così. I fori, come emerso dalle indagini, si
formano perché il Mig viene trascinato via per tre chilometri su di una
pietraia, ridotto a pallottola e ingabbiato con i cavi.
5. FUSOLIERA USA INESISTENTE
La
pilotessa afferma che «in mezzo agli oggetti» ritrovati in mare nei
pressi del Dc9 c’è «un pezzo della fusoliera di un caccia americano».
Pura invenzione. Tanto che Priore (la cui sentenza-ordinanza su Ustica
ha dato adito ad anni di sospetti) scrive che quel pezzo di metallo non è
mai stato repertato.
6. IL PERDONO DI ALLAH
La
pilotessa trova accanto al corpo un foglio sul quale il pilota del Mig
ha appuntato, in arabo, una richiesta di perdono indirizzata ad Allah.
Un testamento mai esistito. Ma poi, quando lo avrebbe scritto? Mentre i
caccia Usa lo inseguivano? Dopo la caduta perché rimasto vivo dopo lo
schianto?
7. ECCO IL MISSILE
A
un certo punto il marito della pilotessa, il deputato «Acquaformosa»,
spiega alla moglie che il Dc9 è stato colpito, per sbaglio, da un
missile di un caccia Usa. Teoria cassata per la totale assenza di tracce
di impatto esterne sul Dc9.
8. SEGGIOLINO MAI REPERTATO
La
moglie del politico spiega che il quotidiano «Paese Sera» parla di un
giubbotto Usa e un seggiolino eiettabile recuperati vicino al Dc9. È
vero che fra i reperti c’è un giubbotto statunitense della Saratoga (che
per anni ha solcato quelle acque e, dunque, un giubbotto perso è una
non notizia), ma anche Priore esclude la presenza del seggiolino:
«Nessuna traccia né nelle relazioni di recupero né tra i reperti».
9. MORTI (NON) SOSPETTE
A
un certo punto muore, precipitando con un elicottero, prima un
possibile testimone in grado di rivelare che il Mig è precipitato il 27
giugno, poi, in un incidente stradale, la pilotessa. Sono le cosiddette
«morti sospette» che per anni hanno alimentato dietrologie folli. Un
capitolo che persino Priore liquida così: «Il numero delle morti
violente si azzera se si tiene conto della durata delle indagini e
quindi di un tasso fisiologico dei decessi», e ancora di più «se tali
vicende vengono vagliate escludendo deduzioni di fantasia».
USTICA
10. RADAR «PULITI»
Poco
prima di morire la pilotessa parla con una giornalista investigativa,
mamma di una bambina che si trovava a bordo del Dc9, e le spiega che il
velivolo dell’Itavia non era in volo da solo. Ma la presenza dei plot
radar -12 e -17, che per i magistrati rappresenterebbero la prova di jet
vicino al Dc9, è stata definita dai giudici «un salto logico
ingiustificabile».
11. TESI «DECOMPOSTE»
Il
deputato incontra il perito che ha eseguito l’autopsia sul pilota del
Mig. Il medico gli riferisce che il corpo del cadavere era «pieno di
vermi» e la morte risaliva ad almeno 20 giorni prima del 18 luglio. Ma
nella realtà i due periti che eseguono l’esame autoptico scrivono che la
morte risale proprio al 18 luglio. Dopo sei anni cambiano idea e, in
una presunta «memoria aggiuntiva» (mai trovata), la collocano a prima di
quella data. Dopo pochi mesi tornano alla versione originale: il pilota
è morto il 18 luglio e l’avanzato stato di decomposizione è dovuto
«all’esposizione all’aria aperta per parecchie ore», al «tipo di cassa
con cui venne tumulata» e al forte caldo.
12. IMPICCATO SOSPETTO
Quando
il deputato vedovo e la giornalista vanno a casa del maresciallo
dell’Aeronautica Mario Alberto Dettori (forse in servizio la sera del 27
giugno al radar di Poggio Ballone, anche se non esiste conferma
ufficiale), lo trovano impiccato a un albero. Un’altra morte sospetta
per Martinelli. Che ignora, ancora, la verità storica.
13. GOLA PROFONDA
Un
radarista incontra, in un buio parcheggio sotterraneo, la giornalista
(una scena simile a quella di «Tutti gli uomini del presidente» sullo
scandalo Watergate). Le lascia un nastro registrato nel quale viene
spiegato che la sera del 27 giugno c’era in volo un «Hawacs», un aereo
d’avvistamento radar. La «gola profonda» svela che il radarista di
Ciampino, notando la traccia del Dc9 che si sposta dalla sua rotta,
contatta il pilota per dirgli di rimanere sulla linea di volo
prefissata. Ma il pilota replica di non aver virato. Il radarista,
sottolinea la «gola profonda», aveva visto, in realtà, la traccia del
Mig 23 mettersi in coda al Dc9. Ma allora, di tracce ne avrebbe dovuto
vedere due, del Dc9 e del Mig, e non una sola. Illogicità.
14. ALLARME FASULLO
ustica big
Lo
stesso messaggio della «gola profonda» svela che due F104 italiani
vedono il Mig e lanciano tre volte l’allarme. Martinelli non dice che
ogni giorno di quel mese, da quello stesso caccia, è stato accertato che
partiva un allarme per via di un’anomalia tecnica più volte segnalata.
15. TRAFFICO INVISIBILE
Ai
due caccia italiani, e ai due francesi decollati dalla Corsica, viene
ordinato di rientrare. Del Mig si occupa la coppia di jet americani. Un
traffico da ora di punta che esiste solo nella fantasia di Martinelli.
16. COLLISIONE IMPOSSIBILE
strage di ustica
Il
film si conclude con il caccia Usa che si accorge tardi della presenza
del Dc9 e gli piomba addosso spezzandolo in due. Come ha potuto non
vederlo prima attraverso il radar?
USTICA
2, LA VENDETTA. UNA STRAORDINARIA COINCIDENZA O UN COLPO BASSO? IL
PARLAMENTARE “CATTIVO” DEL FILM SI CHIAMA FRAGALA', COME IL PARLAMENTARE
DI AN CHE FECE FUOCO E FIAMME CONTRO IL PRECEDENTE FILM SU MORO DI
MARTINELLI (PIAZZA DELLE CINQUE LUNE)
Maurizio Gallo per Il Tempo
Una
«vendetta», un’«offesa voluta e dolosa», che ha come obiettivo
diffamare un parlamentare tragicamente scomparso sei anni fa. Il film su
Ustica di Renzo Martinelli ha colpito una famiglia già distrutta dal
dolore, quello per la perdita di Enzo Fragalà, ucciso a Palermo nel 2010
in circostanze ancora da chiarire. Potrebbe essere una semplice
coincidenza, un’omonimia casuale.
Ma
la figlia Marzia, 36 anni, madre di due bambine e anche lei penalista
come il padre, è convinta del contrario. «Siamo sconvolti, non ci
aspettavamo un colpo del genere - spiega al telefono - L’intenzione è
chiaramente diffamatoria e stiamo preparando una diffida immediata
sull’uscita del film e una querela per diffamazione».
La
sua amarezza si estende ad alcuni ex colleghi del papà e al Governo:
«Mio padre ha sempre ricercato la verità su Ustica e sosteneva l’ipotesi
della bomba, ne parlavamo spesso a casa e ho il garage pieno di faldoni
della commissione d’inchiesta - racconta - La cosa che mi stupisce di
più è che, malgrado Martinelli ne abbia parlato in conferenza stampa,
nessuno si sia indignato per quello che ha messo in bocca a mio padre».
Marzia
Fragalà non pensa che il riferimento sia stato involontario: «Sono
certa del dolo, il nostro nome non è così comune e poi rammento ancora
la querelle che ci fu in merito al film di Martinelli su Moro - precisa -
Il regista sosteneva che mio papà non voleva conoscere la verità solo
perché aveva criticato la ricostruzione della vicenda. Ora fa dire al
personaggio delle frasi vergognose. E noi prepariamo la querela».
Rincara
la dose Giovanni Pellegrino, ex presidente della Commissione
parlamentare stragi tra il ’94 e il 2001, nello stesso «settennato» di
Fragalà: «Assolutamente no - è la sua risposta - Fragalà non ha mai
ostacolato la ricerca della verità. Era uno dei membri più attenti e
presenti della commissione. A lungo sposò la tesi del duello aereo e
poi, con tutto il centrodestra, abbracciò quella della bomba a bordo».
Dopo
la denuncia de Il Tempo, anche il mondo politico si è svegliato. Carlo
Giovanardi, senatore di «Idea», sottolinea che il film «non si limita a
riciclare ipotesi-spazzatura già fatte a pezzi nel processo penale», ma
tira in ballo «un sedicente onorevole Fragalà che l'ignaro spettatore
rischia di confondere con l’onorevole di Alleanza nazionale» e, quindi,
«infanga la memoria di chi non si può più difendere».
RENZO MARTINELLI
Sulla
stessa linea, l’ex Ccd Eugenio Baresi, ex segretario della commissione:
«È inaccettabile che si offenda la memoria e il lavoro di un
parlamentare corretto e perbene». Maurizio Gasparri, vicepresidente del
Senato, sospetta «una sorta di ritorsione postuma» contro «il mio amico
Fragalà» che «ebbe modo di criticare il precedente film di Martinelli» e
che «si è sempre battuto a 360 gradi per la verità in tanti campi,
compreso quello di Ustica».
Sorpreso
anche Federico Mollicone, già consulente della commissione Stragi e
Mitrokhin, vicinissimo a Fragalà: «Ci addolora vedere come il nome di
Enzo venga usato per descrivere un rappresentante del governo
depistatore e, addirittura, mandante di omicidi». Per l’ex forzista
Ruggero Manca, «il cognome Fragalà dato al "cattivo" del film vuole
essere una vendetta postuma» e «si è di fronte a una vicenda squallida,
orribile e di ignobile gusto».
Ignazio
La Russa, di Fratelli d’Italia, spera «che Martinelli faccia al più
presto chiarezza. Il suo silenzio non fa che accrescere il sospetto che
questa "coincidenza politica" sia figlia delle critiche che Fragalà
aveva rivolto al regista per il film su Moro». Gaetano Quagliariello
(Idea), infine, parla di «una scelta poco edificante, che nessuna
passata polemica tra il politico e il regista può giustificare».
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/tempo-fa-strage-film-martinelli-ustica-16-buoni-motivi-121690.htm
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