Da "Il Foglio" del 16 aprile 2011
SIMON MURRAY
C'erano tutti, salvo il presidente, nominato all'ultimo momento e quindi troppo tardi per arrivare in tempo giovedì alla presentazione agli analisti di Glencore, il colosso delle materie prime di cui, finora, si era sempre saputo poco. Anzi, quasi nulla, nonostante questo gigante domiciliato a Baar, nel cuore del cantone elvetico di Zug, controlli circa la metà degli scambi mondiali di materie prime, fatta eccezione di quelli conclusi direttamente tra produttori e consumatori.
Un dato che i vertici di Glencore, una società con un fatturato superiore a Nestlé o Ubs, hanno rivelato solo questa settimana - in contemporanea all'annuncio ufficiale di volersi quotare in Borsa a Londra e Hong Kong - al pari di altri numeri altrettanto impressionanti: dalle mani dei trader di Glencore passa il 38 per cento dell'alluminio mondiale, tra il 20 e il 25 del carbone e del cobalto, quote poco meno rilevanti di rame e zinco, oltre a una bella fetta dei cereali che corrono tra il sud e il nord del pianeta. Inoltre, a differenza delle altre case che controllano il mondo delle materie prime, Glencore non si limita a commercializzare cibi o petrolio.
SIMON MURRAY NELLA LEGIONE STRANIERA
No, nelle miniere e nelle fabbriche, quindici in tutto in tredici paesi - non manca l'Italia, grazie all'impianto di Porto Vesme in Sardegna - lavorano più di 50 mila persone che assicurano al gruppo profitti che, a fine 2011, dovrebbero superare i 6,5 miliardi di dollari. Un fiume di denaro sull'onda del boom delle commodities, che giustifica una valutazione di 60 miliardi, base per la prossima quotazione, a Londra e a Hong Kong, del 20 per cento della società. Assai più dei 35 miliardi stimati un anno fa e, lasciano intendere a Goldman Sachs che ha messo in guardia i mercati dagli eccessi toccati dai prezzi delle materie prime, forse un po' cara.
Ma non per gli investitori che già fanno la fila per entrare nella società più misteriosa della finanza globale, dalla cinese Cnooc allo sceicco del Qatar. Tutti in attesa di una visita del neopresidente, Simon Murray, ex legionario d'Algeria che ha fatto fortuna in quel di Hong Kong alla corte del tycoon Li Ka Shing, scelto dopo che più di un candidato, all'ultimo momento, aveva dato forfait, alimentando la fama "gialla" di una società che sembra tratta di peso da un libro di Le Carré.
SIMON MURRAY DI GLENCORE
IL FONDATORE CHE AIUTAVA IL MOSSAD
Tutto nasce nel 1974 ad opera di Marc Rich, profugo ebreo fuggito dall'Europa nazista all'età di sette anni. Rich, da buon autodidatta, diventa presto uno dei più abili mercanti di greggio. E' lui, in occasione del primo choc petrolifero del 1973, ad aver inventato il mercato "spot" del petrolio, fino ad allora monopolio degli stati e del Big Oil.
SEDE GLENCORE NEL CANTONE DI ZU IN SVIZZERA
Non c'è affare, in quei turbolenti anni Settanta, in cui non ci sia lo zampino di Rich, come confesserà più tardi al suo biografo David Amman: corruzione in Nigeria, contrabbando in Sudafrica o a vantaggio dell'Unione sovietica, tanti lavori più o meno sporchi per il Mossad che ha benedetto la sua carriera. Per i servizi di Israele, rivelerà, compie anche l'affare che gli costerà 17 anni di esilio dagli Stati Uniti: la vendita di contrabbando di petrolio iraniano, dopo la rivoluzione, a Tel Aviv, in uno spericolato "triple play" che non finirà bene.
E' il procuratore generale Rudolph Giuliani in persona - che poi diverrà sindaco di New York fino al 2001 - a processare e condannare Rich per crimini contro gli Stati Uniti, costringendo il finanziere ad un esilio dorato in Svizzera, in attesa dell'estradizione. Che alla fine non arriverà perché, altro colpo di scena, nel gennaio del 2001, ultimo giorno prima di lasciare la Casa Bianca, Bill Clinton firmerà la sua grazia per cui, pare, si siano mossi perfino Ehud Barak, già primo ministro d'Israele e attuale ministro della Difesa, e Shimon Peres, già primo ministro e oggi presidente dello stato ebraico. Nel frattempo, però, mister Rich non era rimasto con le mani in mano.
MINIERE GLENCORE
Nel 1993-1994, in particolare, aveva cercato di impadronirsi del mercato mondiale dello zinco: gli andò male e ci rimise, almeno all'apparenza, il controllo della società, da allora diretta dall'amministratore delegato Ivan Glasenberg, sudafricano di poche parole con la passione della marcia, e dal tedesco Willy Strothotte, che fino a marzo ha guidato la controllata Xstrata, colosso delle miniere che, dopo la quotazione di Glencore, potrebbe riunirsi alla casa madre. Sotto la loro guida, la società cambia nome - adottando il marchio "Glencore" - ma non le abitudini.
MARC RICH DI GLENCORE
IL PRESIDENTE CHE COMBATTEVA AD ALGERI
La riservatezza regna sovrana tra i quadri di un gruppo che, al pari della banca d'affari Goldman Sachs, ha quasi i connotati di una setta: ai 500 trader selezionati nelle migliori università del pianeta si chiede un'obbedienza estrema, oltre al fatto di dover essere al centro delle informazioni, politiche e finanziarie, di mezzo mondo.
MARC RICH RORNA DALLESILIO
E di agire con l'aggressività di un esercito privato: come nella regione di Katanga, in Congo, dove tra il 2007 ed il 2009 Glencore si assicura il controllo delle più importanti miniere di zinco per meno di 500 milioni di dollari, grazie a un patto con il presidente Joseph Kabila, ma soprattutto sfruttando la crisi finanziaria che fa saltare i canali di finanziamento per i precedenti proprietari.
BIOGRAFIA SU MARC RICH
Con l'arrivo in Borsa, che consentirà a Glencore, multinazionale tanto potente quanto sconosciuta, di fare shopping di miniere e di società, arriverà un po' di trasparenza nel palazzo di vetro e acciaio di Baar, al cui ingresso spicca un'enorme sfera bucata verso l'alto da una piramide. Sarà questo, almeno, uno dei compiti del nuovo board, chiamato a offrire una faccia rispettabile al colosso delle commodities. A partire da Tony Hayward, ex Bp, silurato per l'incidente nel Golfo del Messico ma ben introdotto nei circoli petroliferi russi, chiamato in consiglio come indipendente, al pari di Li Ning, uno dei miliardari più potenti di Hong Kong.
GLENCORE
Ma di questo, mentre i 500 trader diventati miliardari con la quotazione (ma avranno l'obbligo di non vendere per i prossimi cinque anni) continueranno a fare buoni affari, dovrebbe occuparsi soprattutto il neopresidente: Simon Murray da Leicester, classe 1940, una vita che ben si concilia con la storia di Glencore.
A 18 anni Murray, figlio di militari, s'imbarca per l'America del sud. Un anno dopo si arruola nella Legione straniera dove combatterà tra Orano e Algeri nel secondo reggimento dei parà, impegnato nel rastrellamento della casbah. Negli anni Sessanta lascia la Legione da sergente e cerca (e trova) fortuna a Hong Kong. Ha scritto un libro sulle sue avventure. Grazie a Glencore troverà materiale per il seguito.
by dagospia
giovedì 5 maggio 2011
GLENCORE, SEGNATEVI QUESTO NOME - È LA MULTINAZIONALE SVIZZERA CHE SPECULA SULLE MATERIE PRIME (ALLUMINIO, RAME, CEREALI), FINORA SEGRETA, DOMANI QUOTATA - VALE 60 MILIARDI $, E TUTTI VOGLIONO UNA FETTA - MEJO DI UNA SPY-STORY: L’ATTUALE PRESIDENTE COMBATTEVA NELLA LEGIONE STRANIERA - IL FONDATORE, IL PROFUGO EBREO RICH, SI INVENTÒ IL MERCATO DEL PETROLIO NEGLI ANNI ‘70: CORRUZIONE IN NIGERIA, LAVORI PIÙ O MENO SPORCHI PER IL MOSSAD, FINO AL CONTRABBANDO CON L’IRAN CHE PORTERÀ L’ESILIO E LA CONDANNA DEGLI USA. MA CLINTON, SPINTO DA PERES E BARAK, NEL 2001 FIRMÒ LA GRAZIA…
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