Il regime avanza inesorabilmente. Lo fa passo dopo passo, facendosi
precedere dalle spedizioni militari del braccio armato. La giustizia politica
è sopra ogni altra l’arma preferita. Il resto è affidato
all’informazione, in gran parte controllata e condizionata, alla tattica
ed alla conquista di aree di influenza. Il regime avanza con la
conquista sistematica di cariche, sottocariche, minicariche, e con una
invasione nel mondo della informazione, dello spettacolo, della cultura e
della sottocultura che è ormai straripante. Non contenti dei risultati
disastrosi provocati dal maggioritario, si vorrebbe da qualche parte
dare un ulteriore giro di vite, sopprimendo la quota proporzionale per
giungere finalmente alla agognata meta di due blocchi disomogenei,
multicolorati, forzati ed imposti. Partiti che sono ben lontani dalla
maggioranza assoluta pensano in questo modo di potersi imporre con una
sorta di violenta normalizzazione. Sono oggi evidentissime le influenze
determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di potere oligarchici.
A ciò si aggiunga la presenza sempre più pressante della finanza
internazionale, il pericolo della svendita del patrimonio pubblico,
mentre peraltro continua la quotidiana, demagogica esaltazione della
privatizzazione. La privatizzazione è presentata
come una sorta di liberazione dal male, come un passaggio da una sfera
infernale ad una sfera paradisiaca. Una falsità che i fatti si sono già
incaricati di illustrare, mettendo in luce il contrasto che talvolta si
apre non solo con gli interessi del mondo del lavoro ma anche con i più
generali interessi della collettività nazionale. La “globalizzazione”
non viene affrontata dall’Italia con la forza, la consapevolezza,
l’autorità di una vera e grande nazione, ma piuttosto viene subìta in
forma subalterna in un contesto di cui è sempre più difficile
intravedere un avvenire, che non sia quello di un degrado continuo, di
un impoverimento della società, di una sostanziale perdita di
indipendenza.
I partiti dipinti come congreghe parassitarie divoratrici del danaro
pubblico, sono una caricatura falsa e spregevole di chi ha della democrazia
un’idea tutta sua, fatta di sé, del suo clan, dei suoi interessi e
della sua ideologia illiberale. Fa meraviglia, invece, come negli anni
più recenti ci siano state grandi ruberie sulle quali nessuno ha
indagato. Basti pensare che solo in occasione di una svalutazione della
lira, dopo una dissennata difesa del livello di cambio compiuta con uno
sperpero di risorse enorme ed assurdo dalle autorità competenti, gruppi
finanziari collegati alla finanza
internazionale, diversi gruppi, speculando sulla lira evidentemente
sulla base di informazioni certe, che un’indagine tempestiva e
penetrante avrebbe potuto facilmente individuare, hanno guadagnato in pochi giorni un numero di miliardi pari alle entrate straordinarie della politica di alcuni anni. Per non dire di tante inchieste finite letteralmente nel nulla.
D’Alema ha detto che con la caduta del Muro di Berlino si aprirono le
porte ad un nuovo sistema politico. Noi non abbiamo la memoria corta.
Nell’anno della caduta del Muro, nel 1989, venne varata dal Parlamento
italiano una amnistia con la quale si cancellavano i reati di
finanziamento illegale commessi sino ad allora. La legge venne approvata
in tutta fretta e alla chetichella. Non fu neppure richiesta la
discussione in aula. Le Commissioni, in sede legislativa, evidentemente
senza opposizioni o comunque senza opposizioni rumorose, diedero vita,
maggioranza e comunisti d’amore e d’accordo, a un vero e proprio colpo
di spugna. La caduta del Muro di Berlino aveva posto l’esigenza di un
urgente “colpo di spugna”. Sul sistema di finanziamento illegale dei
partiti e delle attività politiche, in funzione dal dopoguerra, e
adottato da tutti anche in violazione della legge sul finanziamento dei
partiti entrata in vigore nel 1974, veniva posto un coperchio.
La montagna ha partorito il topolino. Anzi il topaccio. Se la Prima
Repubblica era una fogna, è in questa fogna che, come amministratore
pubblico, il signor Prodi si è fatto le ossa. I parametri di Maastricht
non si compongono di regole divine. Non stanno scritti nella Bibbia. Non
sono un’appendice ai dieci comandamenti. I criteri con i quali si è
oggi alle prese furono adottati in una situazione data, con calcoli e
previsioni date. L’andamento di questi anni non ha corrisposto alle
previsioni dei sottoscrittori. La situazione odierna è diversa da quella
sperata. Più complessa, più spinosa, più difficile da inquadrare se si
vogliono evitare fratture e inaccettabili scompensi sociali. Poiché si
tratta di un Trattato, la cui applicazione e portata è di grande importanza per il futuro dell’Europa
Comunitaria, come tutti i Trattati può essere rinegoziato, aggiornato,
adattato alle condizioni reali ed alle nuove esigenze di un gran numero
ormai di paesi aderenti.
Questa è la regola del buon senso, dell’equilibrio politico, della
gestione concreta e pratica della realtà. Su di un altro piano stanno i
declamatori retorici dell’Europa, il delirio europeistico che non tiene contro della realtà, la scelta della crisi,
della stagnazione e della conseguente disoccupazione. Affidare effetti
taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo
aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti
sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e
finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro. La pace si
organizza con la cooperazione, la collaborazione, il negoziato, e non
con la spericolata globalizzazione forzata. Ogni nazione ha una sua
identità, una sua storia, un ruolo geopolitico cui non può rinunciare.
Più nazioni possono associarsi, mediante trattati per perseguire fini
comuni, economici, sociali, culturali, politici, ambientali. Cancellare
il ruolo delle nazioni significa offendere un diritto dei popoli e
creare le basi per lo svuotamento, la disintegrazione, secondo processi
imprevedibili, delle più ampie unità che si vogliono costruire. Dietro
la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di
nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente
finanziaria e militare.
(Bettino Craxi, estratti dal libro “Io parlo, e continuerò a parlare”, ripresi da “Il Blog di Lameduck”
il 19 maggio 2015. Il libro, edito da Mondadori nel 2014, cioè 14 anni
dopo la morte di Craxi, raccoglie scritti del leader socialista
risalenti alla seconda metà degli anni ‘90. Scritti che oggi appaiono
assolutamente profetici).
http://www.libreidee.org/2015/05/craxi-via-noi-il-regime-violento-della-finanza-vi-fara-a-pezzi/
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