Cosa sono i derivati?
I derivati sono contratti finanziari il cui valore appunto deriva da
quello di un bene (titoli, indici, materie prime o altro) chiamato
sottostante. I derivati sono nati essenzialmente come strumenti di
copertura dai rischi, dando la possibilità di acquistare o vendere
qualcosa (il sottostante) in una data futura e a un prezzo deciso al
momento della sottoscrizione del contratto.
Facciamo un semplice esempio per chiarire. Ho un pastificio, e voglio
proteggermi da un possibile aumento dei prezzi del grano nel futuro.
Posso acquistare un derivato che mi da il diritto di comprare un certo
quantitativo di grano a una data futura ma a un prezzo stabilito già
oggi. In questo modo mi metto al riparo da possibili oscillazioni dei
prezzi. La controparte, tipicamente una banca o un altro soggetto
finanziario, in cambio di una commissione per la vendita del derivato si
farà carico di questi rischi.
Quanti tipi di derivati esistono?
Le tipologie di derivati sono moltissime. Una prima distinzione è tra
quelli regolamentati e quelli “fatti su misura”, in cui due controparti
si accordano direttamente per comprare o vendere un derivato con
particolari caratteristiche in termini di sottostante, durata del
contratto o qualsiasi altra clausola contrattuale. Questa categoria di
derivati non regolamentati è spesso indicata come OTC (Over The
Counter). Sono strumenti sui quali la trasparenza e i controlli sono
insufficienti o addirittura inesistenti, ma sono anche la stragrande
maggioranza, si parla di circa il 95%, dei derivati circolanti.
Possiamo poi ricordare diverse tipologie. I future, che obbligano ad
acquistare o vendere il sottostante in una data futura; le opzioni, che
danno all’acquirente la possibilità, ma non l’obbligo, di farlo; gli
swap, che consentono di scambiare due sottostanti e via discorrendo.
I derivati si distinguono anche in termini di sottostante, che può
andare dal prezzo di una materia prima, come nell’esempio riportato in
precedenza con il grano, all’andamento di un titolo (azione o
obbligazione) a quello di particolari indici, a qualsiasi altra cosa su
cui ci sia un’incertezza futura. Posso avere derivati che hanno come
sottostante la probabilità di eventi metereologici, o addiritura
derivati che hanno per sottostante altri derivati. In pratica scommetto
sul valore futuro di una scommessa.
Derivati e speculazione
E’ la natura stessa di derivati a renderli strumenti particolarmente
adatti alla speculazione. In pratica posso scommettere su un prezzo
futuro. Compro un derivato sul grano, che mi consente di acquistarne una
data quantità tra un mese ma a un prezzo fissato già oggi. Se tra un
mese il prezzo del grano è salito, grazie al mio derivato potrò
comprarlo a un prezzo inferiore e rivenderlo subito dopo, guadagnando.
Nella realtà dei fatti non devo nemmeno comprare e vendere
fisicamente il grano, ovvero non deve esserci la consegna del
sottostante. Tutto avviene direttamente sui mercati finanziari. Se il
mio derivato mi consente di acquistare il grano a 100 e alla scadenza il
suo valore sul mercato è 120, incasso semplicemente la differenza.
Per molte materie prime e altre tipologie di derivati nel 99% non c’è
la consegna del sottostante. Come dire che scommetto sul prezzo futuro
del grano ma non ho nessun interesse nel grano. Non ho un pastificio né
sono un produttore. Sto unicamente realizzando una scommessa speculativa
sul prezzo futuro di qualcosa.
Oggi queste scommesse esasperano l’andamento dei prezzi, creano
volatilità e instabilità. Gli impatti e i danni maggiori sono tanto sui
piccoli produttori di grano quanto sui consumatori, che si ritrovano in
balia della montagna russa dei prezzi generata dalla speculazione.
Vantaggi e rischi dei derivati
I derivati sono così diffusi perché permettono di moltiplicare le
possibilità di profitto, ma moltiplicano nello stesso modo i rischi e le
possibilità di perdite. Questo avviene grazie alla leva finanziaria che
permettono di sfruttare. Capiamo con un esempio.
Voglio scommettere sul prezzo futuro del petrolio. Ne compro un certo
numero di litri per 5.000 euro, lo metto in cantina, spero che il
prezzo salga e lo rivendo. Questa è una “normale” speculazione.
Qual è il vantaggio di usare i derivati? Al di là della scomodità di
acquistare e stoccare il petrolio, devo materialmente avere i 5.000 euro
per comprarlo. Se decido di usare i derivati, invece, non devo avere
questa somma, ma unicamente il capitale necessario per comprare il
derivato stesso. Mettiamo che la controparte, tipicamente una banca, mi
vende per 100 euro il derivato che mi consente di comprare tra un mese
gli stessi tot litri di petrolio al prezzo di 5.000 euro. Se tra un mese
il petrolio vale 5.500, posso comprarlo e rivenderlo immediatamente e
realizzare cosi un guadagno di 500 euro. Tolti i 100 euro che ho pagato
il derivato, ho realizzato con i miei 100 euro un profitto di 400,
ovvero del 400%. Senza usare i derivati e la leva finanziaria che
sfruttano, gli stessi 500 euro li avrei guadagnati a fronte di un
investimento di 5.000, realizzando un profitto del 10%.
I derivati sono sottoposti a regolamentazione o sfuggono ai controlli?
Il 95% dei derivati che circolano nel mondo sono Over The Counter, o
OTC, ovvero sono quelli non regolamentati, dove due controparti si
mettono d’accordo tra di loro per l’aquisto di un derivato. I controlli
su questa montagna di strumenti sono praticamente impossibili. Quando è
esplosa la bolla dei mutui subprime negli USA, si è scoperto che circa
la metà dei derivati che si pensava dovessero servire per coprire il
rischio di questi mutui era stato stipulato al telefono tra le due
controparti, senza informare nessuna autorità di vigilanza o
sorveglianza.
In totale si stima che i derivati OTC ammontino almeno a una dozzina
di volte il PIL del mondo, ovvero la ricchezza effettivamente prodotta
in un intero anno nell’economia reale. Altri analisti segnalano che il
totale potrebbe superare anche di venti volte il PIL del mondo. Non è
possibile fornire una stima più precisa, proprio a causa della completa
mancanza di trasparenza di tali strumenti.
I rischi dei derivati sono enormi per tutti, non solo per chi opera in Borsa e non solo nel mondo finanziario.
Come accennato i derivati creano una gigantesca instabilità sui
mercati, esasperano le oscillazioni dei prezzi, e sempre più spesso
arrivano addirittura a determinare i prezzi.
Il ragionamento è forse un po’ tecnico, ma permette di capire a fondo la follia finanziaria nella quale siamo immersi.
Il punto di partenza è che i derivati sono diventati dei beni essi
stessi. Vengono acquistati, venduti e ci si specula sopra. Oggi non
compro un derivato sperando che salga il prezzo del sottostante, ma
sperando che salga il prezzo del derivato stesso per rivenderlo subito
dopo. In altre parole esiste un mercato dei derivati fatto di propri
ritmi e contrattazioni.
Il derivato può cambiare di valore perché cambia quello del
sottostante, ma anche per diversi altri fattori: l’andamento generale
dei mercati finanziari, quello di altri derivati e via discorrendo.
Spieghiamo meglio questo passaggio fondamentale. Un derivato sul grano
potrà salire di valore perché aumenta il prezzo del grano, ma anche
perché, ad esempio, un momento di euforia sui mercati fa salire le
borse, perchè un’ondata speculativa trascina al rialzo il valore dei
derivati, perché nuovi attori, ad esempio un fondo pensione di grandi
dimensioni, decide di entrare sul mercato dei derivati aumentandone la
domanda, e via discorrendo.
Il problema di fondo è che il mercato dei derivati è spesso di
dimensioni decine di volte superiori a quello del mercato dei
corrispondenti sottostanti. Questo significa che il prezzo dei derivati
viene determinato solo in minima parte dall’andamento del mercato
“reale”, e molto più significativamente da fattori squisitamente
finanziari quali quelli enunciati in precedenza.
In pratica sulla base di tali fattori finanziari ci sarà una domanda e un’offerta di derivati, che ne determinano il prezzo e successivamente
questo prezzo fissato sul mercato dei derivati influenza, se non
determina, quello spot nell’economia reale. Questo “successivamente”
riassume l’inaccettabile rapporto di forza tra mondo finanziario ed
economia reale. Il prezzo del grano nel mondo reale viene determinato, o
per lo meno influenzato, da quello dei derivati sul grano. Alla borsa
di Londra si dice che i derivati sono “the tail that wags the dog”, la
coda che scodinzola il cane.
In molti casi non dovrebbe essere possibile usare derivati.
Per esempio, non dovrebbe essere possibile scommettere sul prezzo
futuro di cibo e materie prime, andando di fatto a guadagnare sulla fame
dei più poveri. Non dovrebbe essere possibile scommettere sul
fallimento di intere nazioni, come avviene adesso con centinaia di
miliardi di derivati che speculano sul default della Grecia o
dell’Italia.
Di fatto l’utilizzo speculativo è talmente superiore a quello di
copertura dei rischi per cui dovrebbero essere utilizzati che l’insieme
dei derivati andrebbe rimesso oggi in discussione. Se oggi un’impresa
deve acquistare un derivato è per coprirsi dai rischi di instabilità
dovuti in primo luogo all’eccesso di derivati sui mercati. La logica
sembra la stessa della lobby delle armi negli USA: per evitare future
stragi nelle scuole non bisogna limitare la diffusione delle armi, ma al
contrario armare anche insegnanti e bidelli.
Si possono contenere e regolamentare strumenti come i derivati?
Le proposte sono diverse, e molte reti della società civile
internazionale le studiano da tempo, chiedendo una loro introduzione.
Una delle più efficaci è l’idea di tassare le transazioni finanziarie,
e quelle in derivati in particolare, in modo da aumentare la
trasparenza e i controlli e di scoraggiare le operazioni speculative di
breve termine. In ogni caso va drasticamente aumentata la trasparenza,
cosi come i controlli, sui derivati OTC. Un’altra proposta molto
efficace è quella di prevedere l’obbligo di consegna del sottostante per
tutti i derivati. Se compro un derivato sul grano è perché nel mondo
reale lavoro con il grano, non per una pura scommessa finanziaria.
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