L’Italia si radicalizza, nel dopoguerra, intorno a due poli: un polo
cristiano e un polo di sinistra, che si scinde in più realtà. E poi ha
delle forze storiche – liberali, repubblicani – che provengono dalla storia
risorgimentale. In questo quadro l’Italia resiste finché non crolla il
Muro di Berlino. Fino ad allora, gli americani finanziano la Dc, i russi
finanziano il Pci, gli altri si procurano da vivere un po’ come
possono. E il sistema politico va avanti, in una specie di benessere
garantito dai finanziamenti esteri su cui si modellano i due grossi
partiti, mentre gli altri partiti hanno campo libero nel finanziamento
illecito, cioè nel finanziamento che ipocritamente veniva considerato
illecito, cioè sottobanco. Cosa succede nel 1989? Crolla il Muro. E nel
momento in cui vengono meno i due blocchi e gli americani non hanno più
paura dei russi, pernsate che diano ancora soldi alla Dc? I russi a loro
volta non esistono più, ma le strutture dei partiti rimangono uguali:
dipendenti da mantenere, sedi, palazzi, giornali, volantini da
distribuire. Dove prenderli, i soldi? In più, finché c’era solo una
emittente televisiva il costo della politica
era di un certo importo; una volta nata la Tv commerciale, che gli spot
se li fa pagare, e non c’è più solo la “Tribunale elettorale” di Jader
Jacobelli, il costo aumenta ancora.
Tutto questo costo dove viene trasferito? Nel finanziamento illecito.
Che invece di essere un fenomeno sopportabile perché residuale al
grosso del finanziamento della politica, diventa un dramma, perché tutto costa il triplo. E come reagisce il sistema italiano
a tutto questo? Non reagendo. Cioè, invece di capire che deve correre
ai ripari, si fa cogliere di sorpresa. Da che cosa? Da una casta, che
era stata toccata nei suoi interessi, e reagiva: era la casta dei
magistrati. Dopo il caso Tortora, e dopo aver cercato più volte di
prendere il sopravvento sulla politica – ma non ci riusciva, perché allora c’erano delle garanzie come l’immuità parlamentare, dei limiti al suo potere
– i magistrati sferrano l’attacco di Tangentopoli avendo diversi
obiettivi. Il primo, la reazione di casta al referendum che Craxi gli
aveva fatto, sulla responsabilità dei magistrati – referendum vinto ma
non eseguito, perché in quel rederendum si aboliva il fatto che i
magistrati non rispondessero nei loro errori. E i magistrati allora
hanno preteso, tramite i due maggiori partiti e mettendo in minoranza
Craxi, che invece, pur riconosciuti responsabili dei loro errori, non li
pagassero – né sul piano della carriera, né sul piano economico.
L’attacco sferrato con Tangentopoli aveva un primo obiettivo: far
cadere l’immunità parlamentare, che aveva sempre frenato l’attacco della
magistratura. Bisognava poterli arrestare, i politici. Bisognava poter
adoperare la carcerazione preventiva, in quella maniera, per poi
stabilire il predominio, l’abuso. La carcerazione preventiva
(obbligatoria per reati come omicidio e rapina) è prevista se c’è
pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e di reiterazione del
reato. Viceversa, la carcerazione preventiva non si può applicare,
perché “nulla pena sine condanna”, niente pena senza prima una condanna,
non del pubblico ministero ma del giudice. Pensate che nel 1994 la
Cassazione, per salvare tre mandati di cattura assolutamente illegittimi
di Di Pietro, fece una sentenza di questo tipo, a sezioni unite: la
custodia cautelare è sempre giustificata se l’imputato non confessa. E’
come il famoso comma 22 del codice militare tedesco nazista, che
diceva: chi è pazzo può chiedere di essere esentato dal servizio
militare, ma chi chiede di essere esentato non è pazzo. E’ la legge
perfetta, perché il cerchio si deve chiudere.
La custodia cautelare sempre giustificata se l’imputato non confessa?
Di fronte a una sentenza di questo tipo, uno si deve chiedere qual è
l’utilità del processo. In Italia, la custodia cautelare viene adoperata
per scopi istruttori o per anticipare la pena. Ormai, il reato del
politico che ruba è diventato odioso, agli italiani. Tant’è vero che gli
italiani, da decenni, accettano dei politici incapaci, purché non
rubino. Pensate a quanto stareste meglio se aveste dei politici capaci,
che rubano. Il problema di uno che fa un lavoro è che sia bravo, non che
sia onesto. Onesto è una conseguenza dell’essere bravo. Scipione
l’Africano fu condannato per corruzione. In ogni posto del mondo vedo
politici che vanno sotto processo: è giusto che vengano condannati, è
giusto che vadano in galera. Quello che non è giusto è che vengano
utilizzati dalla comunicazione per far passare sotto silenzio delle
altre cose. Il problema di uno Stato che non funziona non è la
corruzione. Non è il politico disonesto: è l’incapacità. Perché una
persona anche onesta, ma incapace, lo Stato lo fa andare a rotoli lo
stesso. Oggi pretendono che non ci siano pregiudicati. Io la metterei in
altri termini: non devono esserci persone condannate che non hanno
scontato la pena.
In uno Stato laico, una volta che hai scontato la pena, tu il debito
con la società l’hai pagato. Devi scindere il piano etico, pure
importante, dal piano pratico: la giustizia deve funzionare. E la
giustizia non va avanti sulla verità, va avanti su un fatto
convenzionale che si chiama verità processuale, che non è
necessariamente la verità. Ma l’azione di Mani Pulite aveva un bersaglio
principale, che era Craxi, perché Craxi aveva detto di voler fare
parecchie cose. Per esempio, nazionalizzare la Banca d’Italia. E di chi è
la Banca d’Italia? E’ delle banche. E le banche di chi sono? Finanza massonica e finanza
cattolica. Ma c’è un altro problema: la Banca d’Italia, all’epoca, era
il controllore delle porcate che facevano questi, che erano controllati e
controllori: erano i proprietari della Banca d’Italia, che avrebbe
dovuto controllarli. Quindi, Craxi si mette contro un bel po’ di nemici. Si mette contro il potere bancario, forse il potere
tout-court. Si mette contro i preti, perché vuole riformare pure i
Patti Lateranensi – sapete come sono i preti: finché uno gli bestemmia
davanti, gli danno 25.000 pater noster, ma gli vuoi far pagare le tasse
s’incazzano.
Dopodiché si scopre, tramite il caso Gelli, che Craxi finanziava
Arafat. Perché i famosi 2 miliardi che Craxi dice a Martelli di prendere
da Gelli e di versare sul “Conto Protezione”, cosa che non vi dicono,
un minuto dopo sono stati presi da Craxi per darli ad Arafat, cioè ai
palestinesi. E’ sottile il confine tra terrorismo e insurrezione: Pietro
Micca che fa saltare mezza Torino mettendo le bombe nei sotterranei per
noi è un patriota, mentre un terrorista palestinese è un terrorista.
Pietro Micca lottava per la sua terra, perché l’Italia fosse unita; i
palestinesi perché esista una Palestina: uno ha messo le bombe ed è un
eroe, quegli altri mettono le bombe e per noi sono dei mascalzoni.
Ricordiamoci dell’Achille Lauro, e qui c’è un’altra cosa che non vi
dicono: l’operazione Achille Lauro era mirata a colpire il Mossad
decapitando il “B’nai Brit”, la massoneria ebraica, che ha le
caratteristiche di tutte le massonerie: come la massoneria americana
funziona in stretta alleanza con la Cia, il “B’nai Brit” è la parte
segreta dei servizi israeliani, cioè del Mossad. Il capo dei “B’nai
Brit” – e questo è quello che non vi dicono – era quel signore sulla
sedia a rotelle che i palestinesi buttarono giù dalla nave.
Si chiamava Leon Klinghoffer. I giornali scrissero che la vittima era
un povero paralitico, ma non dissero chi era veramente.
Tornando a Craxi: fin qui si è inimicato le banche, i cattolici, gli
ebrei; poi dà parere negativo al riconoscimento dei comunisti
nell’Internazionale Socialista; poi Reagan gliela giura, perché a
Sigonella ha mandato i carabinieri a puntare le armi sui marines (per
proteggere il commando palestinese dell’Achille Lauro), quindi ha contro
anche gli americani, e parte della massoneria: perché Spadolini, che
era uno dei capi della massoneria italiana, era dell’opinione che
bisognasse aiutare Reagan, e quando chiese alla massoneria ufficiale di
prendere posizione, e la massoneria non lo fece, Spadolini si mise “in
sonno”, e trasformò Craxi in un problema anche per la massoneria. A quel
punto, Craxi era uno che non poteva attraversare la strada neanche
sulle strisce pedonali. Per cui, nel momento in cui la magistratura fa
sapere che sta per fottere Craxi – e qui trovate traccia di quei famosi
incontri dei servizi segreti con Di Pietro e gli americani – ognuno ci
mette del suo per darle una mano. Così, Craxi finisce ad Hammamet.
Ad Hammamet, Craxi ci finisce anche per un uleriore motivo: era
antipatico. La sua principale sconfitta? Non essere riuscito a superare
il 15%. Alla gente stava sulle palle. Qui non c’erano complotti: Craxi
non sfondava sul piano del consenso popolare – poi bisognerebbe
interrogarsi sulla qualità di un popolo che vota Berlusconi e non Craxi.
In ogni caso, visto che più del 12-13% non otteneva, Craxi ha perso
anche per colpa sua: se fosse stato più forte, questa facilità nel farlo
fuori non ci sarebbe stata. Resta però un fatto: c’era stata una
riunione su una bellissima barca inglese parcheggiata vicino a Roma, ad
Anzio, in cui si erano incontrate dieci, quindici, venti persone, e
avevano deciso che l’Italia stava diventando troppo forte, con Craxi.
L’Italia era arrivata tra i primi 5 soggetti economici del mondo. Aveva
fatto la richiesta ufficiale per fare il G5; esisteva il G7 e adesso c’è
il G4, fatto apposta per escludere l’Italia che voleva il G5.
Soprattutto, siccome era stata decisa dalla finanza internazionale l’operazione
euro, in Italia serviva una persona che avesse un’ampia disponibilità a
“mettersi a 90 gradi”, e questa persona non era Craxi.
Un minuto dopo che hanno fatto l’euro, Craxi ha dichiarato alle
telecamere che l’euro sarebbe stato una sciagura. Lo sapeva anche prima.
Ma lo sapevano anche loro, che se andava Craxi – e non Prodi – a
rappresentare l’Italia, non sarebbe mai passato quel tasso di cambio
euro-lira. Non ce l’avrebbero mai fatta, a imporcelo. Mai. Dunque il
problema era questo, e l’operazione è andata a buon fine. E, facendo
l’operazione Craxi, sono stati regolati anche altri conti: i vecchi
conti Sindona, Gelli, Calvi. Soprattutto, tutti quei paraculi della Dc
che pensavano che facessero fuori solo Craxi e non anche loro, hanno
dovuto pagare dazio. Chi non ha pagato? I comunisti, che hanno fatto
passare la teoria che Greganti fosse un ladro, e loro non c’entrassero
niente. Sapete chi l’ha fatta, quell’operazione? Un magistrato che è
morto, Gerardo D’Ambrosio, che poi è diventato senatore dell’ex Pci.
Siccome un altro giudice, Tiziana Parenti, voleva mettere in galera
mezzo Partito Comunista, come vice-procuratore generale D’Ambrosio ha
avocato a sé l’indagine e l’ha chiusa così, con Greganti unico
colpevole. Poi è diventato senatore del Pd.
Perché Craxi si è lasciato distruggere senza difendersi, cioè senza
svelare all’opinione pubblica italiana tutti questi retroscena?
All’inizio a dire il vero ha provato a difendersi, in Parlamento. Disse:
«Chi di voi può dire di non aver fatto tutto quello che ho fatto io, si
alzi in piedi». E non si è alzato nessuno, neanche i leghisti. Poi,
però, a Craxi sono stati minacciati i figli. Craxi aveva già deciso di
andare in televisione e di tirar fuori tutta una serie di carte. Tra
queste c’era un famoso “Dossier Di Pietro”, che riteneva la carta
vincente finale, perché dimostrava che Di Pietro era il prodotto di quel
tipo di organizzazione. Per fare questa operazione chiamò Mentana, al
Tg5, ma lo chiamò direttamente, senza passare per Berlusconi, perché
Mentana tempo prima era stato collocato a Rai2 da Craxi. Poi chiamò
Paolo Mieli per fare un’intervista di due pagine sul “Corriere della
Sera”. Dopodiché
chiamò la Rai per un’intervista che avrebbe dovuto fare prima con
Giancarlo Santalmassi, poi con Minoli, e che poi invece non fece. Perché
quella notte successero tre cose.
A casa della figlia Stefania si introdussero delle persone che
bruciarono tutti i suoi vestiti. A casa di suo figlio Bobo si recarono
delle persone che razziarono tutto quello che c’era. E nella sua casella
della posta trovò un messaggio con scritto che, se avesse fatto quelle
interviste, avrebbero pagato i suoi figli. Una delle cose che nessuno vi
dice, che non sono mai state pubblicate e che vi dico io, è che era lo
stesso messaggio che avevano ricevuto altri personaggi di Tangentopoli,
che avevano deciso di parlare e si sono suicidati. A quel punto, Craxi
decise di telefonare a Cossiga, il quale aveva un grosso complesso di
colpa nei suoi confronti, perché sapeva cosa stava accadendo, tant’è
vero che si era precipitato a fare senatori a vita Giulio Andreotti e
Gianni Agnelli, per evitare che in Tangentopoli ci finissero dentro
anche loro, ma non si era premurato di avvisare Craxi. Cossiga a sua
volta contattò il capo della polizia dell’epoca, che si chiamava
Vincenzo Parisi, il quale fece un’abile opera di mediazione tra Di
Pietro, il pool di Mani Pulite e Craxi, per concordare la latitanza:
Craxi se ne sarebbe andato ad Hammamet normalmente, non avrebbe parlato,
e solo tre mesi dopo ci sarebbe stato l’ordine di carcerazione.
I magistrati sapevano benissimo che Craxi sarebbe andato ad Hammamet
col suo passaporto, e il ministero degli esteri concordò con Ben Alì –
che era il dittatore della Tunisia – che l’Italia non avrebbe mai
avviato una richiestra di estradizione. Craxi si tenne la libertà di
parlare una volta ad Hammamet, ma in Italia no: la minaccia verso i
figli l’aveva ritenuta concreta. Molta gente si era ammazzata, attorno a
Mani Pulite. O forse era stata ammazzata. Io ero coinvolto nel processo
a Raul Gardini e, come avvocato, avevo accesso a documenti non
pubblicati. Era la prima volta che vedevo qualcuno che si suicida sparandosi
due proiettili mortali alla tempia. Due, capite? Non possono essere
entrambi mortali. Se uno si spara un colpo in testa, come può spararsi
anche un secondo colpo? Forse Gardini stava per rivelare il nome di chi
portò il famoso miliardo a Botteghe Oscure? Chi lo sa.
Il potere
è astratto, è automatico. Ci sono meccanismi nei quali entri e magari
ti ammazza il nemico che meno ti aspetti: tu non sai che calli stai
pestando, di chi sono, perché, da dove vengono quei soldi, chi è in
affari con chi. Magari pensi di fare uno sgarbo a Tizio, e s’incazza
Caio, che non sapevi fosse in affari con quello. I meccanismi del potere sono di una complessità inaudita. Non è una vita facile, quella di chi sceglie di stare nel potere.
Certo, sai sempre come pagare le bollette, però non sai mai da dove ti
arrivano le coltellate. Quando Craxi ha accettato di deporre al processo
Cusani, quando già l’accordo l’avevano fatto, Di Pietro è stato
criticato perché l’interrogatorio era mite, era troppo rispettoso. In
realtà era il segnale che aveva chiesto Craxi a Parisi per non fare le
interviste. Disse: «Io le interviste non le faccio. Ma, a parte il fatto
che lasciate in pace i miei figli, non voglio finire in galera. Perché
se finisco in galera, e so come sono fatto, poi m’incazzo, parlo, e
m’ammazzano i figli. O ammazzano me». Una tazzina di caffè: com’è morto
Sindona? Com’è morto Papa Giovanni Paolo I? Ti portano una camomilla le
monache: è perfetto.
Con Craxi, è stato eliminato chi era capace. La disonestà? Bettino
Craxi non era ricco. Il famoso tesoro di Craxi non l’hanno trovato
perché non è mai esistito. I 13 miliardi che gli hanno trovato sul
famoso conto svizzero erano i soldi del partito. Mentre i grandi partiti
i conti del finanziamento illecito li intestavano ai segretari
amministrativi, i piccoli partiti li intestavano ai segretari politici –
il conto del Pri era intestato a Giorgio La Malfa, che ha avuto i suoi
guai, come Renato Altissimo del Pli. Craxi, quando passò le consegne a
Del Turco, cercò di passargli anche i conti; ma Del Turco, che era un
po’ fifone, disse “no, non
li voglio”, non scordandosi che un conto simile l’aveva quand’era
segretario generale della Uil, perché anche i sindacati facevano i
finanziamenti illeciti.
Siamo un paese strano: ci colpevolizzano col debito pubblico, senza
tenere conto del fatto che abbiamo il massimo risparmio privato europeo e
il più alto numero di proprietari di case. Questo dovrebbe contare, per
la solidità del sistema, e invece quando vanno a trattare in sede Ue si
calano le brache, compreso l’ultimo, Renzi, che sembra un pretino, un
seminarista di trent’anni fa. Un leader forte, l’Italia non se lo può
permettere, perché una delle caste italiane se lo sbrana. Questi pretini
spretati hanno paura di fare la fine dei Craxi. Meglio calarsi le
brache e tirare a campare, poi si vedrà. C’è questo cortocircuito, in
cui il nostro sistema non difende più l’istituzione. Quando hanno
scoperto un sacco di magagne su Kohl, i tedeschi l’hanno mandato a casa,
non in galera: perché era Kohl. E quando sono state scoperte un sacco
di magagne su Mitterrand, i francesi – compresa l’opposizione – non
l’hanno mandato in galera, l’hanno mandato a casa.
Da noi, Craxi è stato mandato ad Hammamet, senza tener conto che
aveva rappresentato un’istituzione. E lo stesso sta succedendo a
Berlusconi – che a me non è simpatico, non l’ho mai votato, però non
posso immaginare che uno, quando fa il presidente del Consiglio, abbia i
carabinieri appostati alla porta per vedere con chi scopa, perché non
c’è rispetto – non verso ciò che uno è, che sono fatti suoi – ma ciò che
uno rappresenta, che sono anche fatti miei. E se uno mi rappresenta
indegnamente io lo mando a casa, non in galera, perché mandandolo in
galera sputtano anche me, indebolisco la mia economia, il mio sistema. Invece qui, pur di prenderne il posto e farsi la guerra
(non vale solo per Berlusconi, l’ha fatto anche lui agli altri) vige
questa mentalità, per cui oggi magari l’idea è quella di fottere Renzi
per mettersi al posto suo, e per fottere Renzi o Berlusconi o D’Alema ci
si allea con i nemici dell’Italia, con la stampa estera per
sputtanarli, con i parlamentari europei per attaccarli. Ma che logica è?
Che popolo siamo?
(Gianfranco Carperoro, estratti delle dichiarazioni rese il 13 maggio
2014 alla conferenza pubblica dell’associazione “Salusbellatrix” a
Vittorio Veneto, ripresa integralmente su YouTube. Studioso
di simbologia, esoterista, già avvocato e magistrato tributario,
giornalista e pubblicitario, Carpeoro è autore di svariati romanzi ed è
stato “sovrano gran maestro” della comunione massonica di Piazza del
Gesù).
http://www.libreidee.org/2015/02/la-vera-storia-della-fine-di-craxi-e-leuro-rovina-dellitalia/
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