A fine 2011, imperava lo spread:
cadeva Berlusconi arrivava Monti a “salvare” il Paese ed Elsa Fornero
imponeva con qualche lacrima la nota riforma pensionistica che ha creato
gli esodati.
In questo bailamme, è
passato quasi inosservato il pagamento pronta cassa di oltre 2 miliardi
di euro che lo Stato ha fatto alla banca americana Morgan Stanley.
Soldi del contribuente italiano, che sono serviti a chiudere
anticipatamente un derivato stipulato anni prima dal ministero del
Tesoro nella speranza di risparmiare. Era una scommessa, che purtroppo è
andata male. Ad accorgersene, pare strano, sono stati i giornali
stranieri.
Passa qualche mese e a marzo 2012 finalmente l’On. Idv Borghesi fa partire un’interrogazione parlamentare.
Il Tesoro risponde a mezza bocca, manda avanti il sottosegretario
all’Istruzione, ma finalmente – dopo anni di richieste – si viene a
sapere quanti derivati lo Stato ha in pancia: 160 miliardi di €. Cioè
quasi l’8% di tutto il nostro debito pubblico. Il Parlamento torna a
dormire un altro po’ e siamo al 2013.
Un’indagine riservata della Corte dei Conti sui derivati finisce nelle mani di qualche giornalista:
stavolta viene a galla che su tutta quella montagna di derivati lo
Stato ci sta perdendo, e le cifre sono grosse. Il Tesoro tace. Il
ministro Saccomanni minimizza. Anzi, su iniziativa del Direttore Maria
Cannata, il Mef rilancia: un progetto da realizzare tramite la Legge di
stabilità per l’anno 2014 dice che, oltre ai derivati nuovi, lo Stato
potrà fornire garanzie sui derivati già stipulati, “anche” per cassa.
Sospettiamo che “anche” per le banche voglia dire: “sicuramente”.
Per semplificare, se
la scommessa (il derivato) sta andando male per – diciamo – 1 miliardo
di €, la banca può chiedere allo Stato di congelare su un conto una
bella fetta di questa somma a garanzia dei suoi impegni. Prima non
succedeva: la parola del governo era sufficiente. Ma ora le banche non
si fidano più dello Stato e chiedono contante in garanzia. Guarda caso,
altri Paesi ritenuti poco affidabili, come Irlanda e Portogallo, proprio
su pressione delle banche, avevano poco prima varato la stessa norma.
Nel complesso, c’è chi dice che lo Stato dovrebbe sborsare fino a 8 miliardi di garanzie e succede un finimondo.
La Direzione II del Mef vuole tirare dritto, ma le critiche sono
pesanti e bipartisan e la misura non passa. Tutto tace per un altro po’,
ma nella legge di stabilità 2015 ecco che rifà capolino la norma sulla
garanzia pro-banche.
Ricomincia il balletto parlamentare:
arriva una nuova interpellanza – questa volta di Daniele Pesco, M5S –
il Tesoro minimizza ed a parlare lo scorso 5 dicembre arriva Massimo
Cassano, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali.
Insomma, pare che dei derivati ne parlino tutti, tranne quelli del Mef.
Stavolta, per bocca del sottosegretario Cassano esce qualche numero in
più: “Le operazioni in derivati hanno generato un esborso netto nel 2013
di poco superiore ai 3 miliardi”… “il valore di mercato, aggiornato al
II trimestre 2014, è negativo per 34,428 miliardi di euro”.
Traduzione: solo nel 2013 abbiamo già pagato 3 miliardi di € sui derivati e si rischiano 34 miliardi di perdite totali.
Saccomanni disse di stare tranquilli, perché rischiare di perdere, non
vuol dire perderli per davvero. Sarà stato anche vero, ma se ora su
quelle perdite potenziali bisogna dare liquidità in garanzia, il
discorso cambia. I soldi escono per davvero, così la banca può stare
tranquilla. Qualcuno chiede una nuova Commissione d’indagine (la terza
in dieci anni?).
http://www.corriere.it/inchieste/reportime/economia/tesoro-tira-dritto-derivati-stato-8-miliardi-garanzia-banche-d-affari-estere/8f88d6e6-8a19-11e4-a99b-e824d44ec40b.shtml
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