n un'intervista inedita del 1997
Bettino Craxi: «Io condannato a morte»
«Disprezzo i comunisti che parlano come se il comunismo non ci fosse mia stato. Molti socialisti mi hanno tradito»
Bettino Craxi (Reuters)
Bettino Craxi (Reuters)
ROMA - «Sono condannato all'ergastolo e a morte, punto e basta». Bettino Craxi, in un'intervista inedita registrata in Tunisia, nel 1997 e consegnata dalla figlia Stefania alla trasmissione In mezz'ora di Lucia Annunziata, ribadisce la convinzione dell'ingiustizia che riteneva di aver subito nella sua vicenda giudiziaria.
«INGIUSTIZIA» - «Questa è una forma di rogo. Io sono condannato all'ergastolo, ho una pena a vita, perché a una certa età un carico di questo tipo equivale all'ergastolo, la mia libertà equivale alla mia vita, nessuno mi può toccare, se mi tocca io muoio. Sono condannato all'ergastolo e a morte, punto e basta», diceva l'ex leader socialista. «È ingiustizia impressionante che un Paese civile, un Paese libero, un Paese democratico, un Paese cristiano non dovrebbe consentire nei confronti di chi ha dato la sua vita al Paese».
«TRADITORI» - In un altro passaggio, Craxi parla anche di alcuni dirigenti dell'ex Partito comunista: «Vedo dei comunisti che parlano come se il comunismo non ci fosse mai stato, come se non vi avessero partecipato. Io, verso questo tipo di compagni che si camuffano ho un senso di disprezzo. Si può cambiare e correggere, senza per questo il bisogno di diventare prigionieri della menzogna». Giudizi duri anche su alcuni «suoi» socialisti: «Gran parte mi ha voltato le spalle. Se la parola traditori ha senso in tempo di pace, allora una parte di loro sono dei traditori». Altri, invece, «hanno solo paura» o sono «alla ricerca di un loro ruolo».
«BECCHINI» - Commentando le foto di alcuni dirigenti di partito dell'epoca, sulle quali campeggia una scritta «becchini» (si vedono i volti di Oscar Luigi Scalfaro, Mino Martinazzoli e Ottaviano Del Turco), Craxi spiega: «Ci sono dei becchini, ma non sono molto importanti. Sono gli affossatori dei loro partiti, hanno contribuito potentemente all'affossamento dei loro partiti e alla loro liquidazione».
SICUREZZA - In un altro passaggio del filmato, Craxi commenta le imponenti misure di sicurezza intorno alla sua villa, sottolineando che la decisione non è stata sua, ma del governo tunisino ed è stata presa per «preoccupazioni originate da qualche fattore ambiguo. Sono protetto come se fossi esposto a un grande rischio, a un grande pericolo. Ma non credo, non sono Trotsky», dice l'ex presidente del Consiglio abbozzando un sorriso. Infine un commento conclusivo: «È difficile che io venga preso da un rimpianto, più facile che venga preso da quella che si chiama autocritica».
03 gennaio 2010
by corriere.it
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