martedì 12 gennaio 2010

ECCO LA VERITÀ! "CRAXI NON LASCIÒ L’ITALIA DI SOPPIATTO PER SFUGGIRE ALLA GIUSTIZIA, MA PERCHÉ QUALCUNO AVEVA DECISO CHE NON DOVESSE PIÙ OCCUPARSI DI POLITICA. QUINDI NON È VERO CHE CI FU LATITANZA. FU SPEDITO IN ESILIO DOPO I MINACCIOSI CONSIGLI DEI SERVIZI SEGRETI E UN ACCORDO INTERCORSO CON L’ESTABLISHMENT" - NARRA UMBERTO CICCONI: "UNA SERA DEL 1993, IN PIAZZA NAVONA, SI AVVICINARONO CON FARE CIRCOSPETTO DUE PERSONE, CERTAMENTE DEI SERVIZI SEGRETI. “SE NE VADA, PRESIDENTE, IL MOMENTO È PERICOLOSO. DIA RETTA A NOI E NON LE SUCCEDERÀ NULLA” - CRAXI: “IO NON HO PAURA DI ESSERE UCCISO. MA QUESTI MI VOGLIONO FAR MORIRE DA LADRO. PROPRIO DISTRUGGERE LA MIA DIGNITÀ E LA MIA IMMAGINE, NON SOLO LA MIA VITA”

SEGRETI E MISFATTI - GLI ULTIMI VENT'ANNI CON CRAXI - RICORDI DI UMBERTO CICCONI (Sapere 2000 edizioni multimediali) - Tutte le foto sono tratte dal libro e sono coperte da copyright Umberto Cicconi e gentilmente concesse dalla casa editrice a Dagospia - riproduzione vietata.


Segreti e Misfatti Craxi cover
Allo scoppio di Tangentopoli era deciso a rimanere in Italia e rispondere alle accuse dei magistrati. Intanto riceveva gli avvisi di garanzia, uno dopo l'altro, che poco dopo si sarebbero trasformati in mandati di cattura e poi in processi. Parlavamo sempre dello stesso problema, dalla mattina alla sera. Sapevo a memoria qualsiasi sfumatura.


l incontro del camper Craxi con Veltroni e D' Alema
Come i bambini che ascoltano, attenti, continuamente il racconto di un adulto, ogni tanto lo correggevo se sbagliava qualcosa. Era dibattuto tra la libertà dell'esilio e la prigione, tra il partire e il rimanere in Italia, tra la pensione e la vita attiva, seppure piena di problemi. Anche in casa e tra gli amici c'era chi gli consigliava di andarsene e chi di rimanere.

"In molti mi suggeriscono di andar via. Ma non era convinto che fosse la decisione giusta. Tutt'al più mi faccio qualche giorno di carcere e poi tutti capiranno che non sono un delinquente, diceva. Certo, non sarà l'onorevole detenzione politica di Sandro Pertini e di tanti altri compagni. Io verrò arrestato come ladro. Ma poi la verità verrà a galla. Intanto vogliono umiliarmi, per distruggermi. Tutti sanno che ho sempre fatto politica. È l'unica cosa che mi appassiona. Che i soldi non mi interessino lo sanno tutti. Il fatto è, però, che intanto mi sporcheranno le dita, me le intingeranno nell'inchiostro per prendermi le impronte. Saranno gentili, anzi gentilissimi. Forse mi offriranno persino il caffè. Ma con la stricnina, come hanno fatto con Michele Sindona" .


Craxi e Ciriaco De Mita
Craxi e Andreotti in aereo
Una sera del 1993, mentre passeggiavamo in piazza Navona, si avvicinarono con fare circospetto due persone, certamente dei servizi segreti. Lo capimmo subito, perché gli agenti di scorta, che a una certa distanza ci precedevano e ci seguivano, fermavano chiunque si avvicinasse. Quella volta, invece, non intervennero. Era nervosissimo perché era la seconda volta che veniva avvicinato. "Se ne vada, Presidente, il momento è pericoloso, gli dissero. Dia retta a noi e non le succederà nulla".


Craxi con Arnaldo Forlani, Pierferdinando Casini e Nicola Mansi nel 1990 a Rimini
Non rientrammo subito in albergo. Continuammo a passeggiare per molto tempo ancora, ma senza che dicesse più una parola. Passeggiammo nel silenzio assoluto. Fino ad allora era deciso a rimanere. Dopo quell'incontro, invece, capì che non c'era più nulla da fare. Era tutto già stabilito: se fosse rimasto lo avrebbero eliminato e non avrebbe più potuto dimostrare la propria innocenza. O, peggio ancora, se la sarebbero presa con qualcuno della famiglia. "Io non ho paura di essere ucciso. Ma questi mi vogliono far morire da ladro. Ciò che vogliono è proprio distruggere la mia dignità e la mia immagine, non solo la mia vita".


Cossiga abbraccia Craxi
Qualcuno lo voleva morto. Ormai era un uomo che metteva paura. E gli avvertimenti prima o poi si concretizzano. Rimanere diventava sempre più pericoloso. Andarsene dava una garanzia maggiore di sopravvivenza. L'indomani lo accompagnai all'aeroporto di Ciampino, sempre seguito dalla scorta che gli spettava come ex Presidente del Consiglio. Craxi non lasciò l'Italia precipitosamente e di soppiatto per sfuggire alla giustizia, ma perché qualcuno aveva deciso che non dovesse più occuparsi di politica. Ecco perché non è vero che ci fu latitanza. Fu spedito in esilio dopo i minacciosi consigli dei servizi segreti e un accordo intercorso con l'establishment.


Claudio Martelli piange sulla bara di Craxi
Non ci doveva essere neppure un giudizio del Tribunale, dato che Craxi non sarebbe potuto tornare in Italia per difendersi. Il patto era che non mettesse più piede in patria. Non era scritto nella Costituzione, come per gli eredi maschi dei Savoia, ma gli accordi erano su per giù gli stessi. Infatti, non gli fu concesso di recarsi in nessun paese europeo nemmeno per curarsi, neppure quando era ormai in fin di vita. Oggi forse sarebbe ancora vivo se si fosse potuto operare in Italia o in Francia o in Svizzera.

In Tunisia ci sono medici bravissimi, ma mancano le strutture sanitarie. Dovendosi curare lì, era praticamente condannato. Comunicare alla scorta l'itinerario della giornata e indicare direzione aeroporto di Ciampino, poteva sembrare la solita routine. Invece, fattomi salire in camera sua: "Io parto, accompagnami all'aeroporto". Vedendo nel mio sguardo lo stupore e la delusione di non doverlo seguire, aggiunse: "Per ora tu rimani a Roma, mi raggiungerai tra qualche giorno. Intanto, procurati degli scatoloni, riponici tutti quei documenti e nascondili in un posto sicuro".


Bettino Craxi e Edoardo Cicconi
Capii che aveva deciso di lasciare l'Italia definitivamente. Ancora oggi non riesco a cancellare dai miei ricordi quell'immagine triste. È come se l'avessi fotografata con l'obiettivo della mia mente. La foto non ha colori. Lui che girava lo sguardo a 360 gradi attorno a sé, come per memorizzare quella stanza disordinata nella quale aveva gioito per tanti anni. Non avrebbe più rivisto quella stanza che per anni era stata la sua casa e anche la vera stanza del potere.

Mi sembrò improvvisamente minuscola rispetto ai programmi, idee, leggi, progetti che da lì erano usciti. Una stanza così piccola per un uomo tanto grande. Anche il partito ormai era una larva, mentre sotto la sua guida sembrava un gigante. Avrebbe potuto abitare palazzi lussuosi e avere decine di persone al suo servizio. Ma, in fondo, a lui non importava il benessere.
Invece altri l'hanno ottenuto tramite lui.

Non parlammo fino a Ciampino. Comunicavamo attraverso la profonda tristezza, che ognuno di noi esprimeva in silenzio. Nicola Mansi , che anche nell'ultimo viaggio verso l'aeroporto era alla guida dell' auto blu, aveva capito che era stato condannato a non rivedere più la sua Italia. Sulla pista lo aspettava un aereo privato. "Voglio venire a Hammamet con te", gli dissi ancora una volta. Credevo che andasse a Tunisi. Ma lui, che me lo aveva lasciato credere fino a quel momento: "Non vado a Tunisi e non posso portarti con me perché in due sarebbe più complicato. Ti chiamerò appena posso".


Berlusconi al funerale di Craxi sullo sfondo Giuliano Cicconi Salvatore Lo Giudice Maria Vittoria Pillitteri
Non lo sentii per qualche giorno e vivevo malissimo. Era la prima volta che mi separavo per tanto tempo. Mi telefonò tre giorni dopo chiedendomi di chiamarlo da una cabina pubblica lontana dal centro, soprattutto distante da casa mia. Andai in Vespa al Quarticciolo, una borgata romana. Da lì lo chiamai. Senza dirmi dove si trovasse, mi confermò che stava bene e che qualche giorno dopo ci saremmo visti.

Mi sollecitò a raggiungere Anna , Bobo e Scilla , che si trovavano a Cap Ferrat, nell'appartamento che avevamo preso in affitto qualche mese prima. Infatti, prima di Hammamet il suo esilio doveva essere Parigi, perché sembrava che la Francia lo avrebbe accolto. Del resto, non c'era motivo di dubitarne, dato che chiunque in passato vi aveva sempre trovato asilo per motivi politici, persino in relazione ad accuse di terrorismo. Dunque partii per Cap Ferrat. Lì capii che nessuno sapeva esattamente dove fosse andato, né dove si trovasse. Si diceva vagamente che "era andato in giro per il mondo".

Un giorno telefonò per dire che era sulla via del ritorno. L'indomani andammo a prenderlo all'aeroporto di Nizza. Scese dall'aereo in maniche di camicia. Per bagaglio aveva una minuscola ventiquattr'ore. Lì per lì non disse nulla del misterioso viaggio. Solo molto tempo dopo mi confidò la destinazione e lo scopo.

- NOTIZIE SULL'AUTORE
Umberto Cicconi, nato a Roma nel 1958, fotoreporter, inseparabile e strettissimo collaboratore di Bettino Craxi, possiede uno degli archivi fotografici più completi d'Italia. Fu proprio Craxi - di cui Cicconi curò l'immagine per più di 20 anni - a inculcargli l'idea che le foto non sono solo immagini, ma soprattutto documenti.

Cicconi visse per vent'anni in simbiosi con Craxi, dividendo con lui gioie e crucci, soddisfazioni e angosce. "Ci separavamo solo quando era ora di dormire - dice Cicconi - ma la mattina, quando Bettino si svegliava io ero già dietro la sua porta della stanza d'albergo con la leica a tracolla. Bettino non faceva un passo senza avermi al suo fianco".




[11-01-2010]
by dagospia

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