martedì 19 gennaio 2010

SECONDA FACCI-ATA DELLA BIOGRAFIA RIGOROSAMENTE NON AUTORIZZATA DI DI PIETRO - LO STUDENTE DI PIETRO, MATRICOLA 144836, DIVENNE DOTTORE IL 19 LUGLIO 1978 - DIEDE VENTIDUE ESAMI IN TRENTUN MESI SI LAUREÒ CON 108 E NON LO DISSE A NESSUNO - DAL LIBRO "L'ANNO DEI COMPLOTTI", 1995: "IN OCCASIONE DI UNA FESTA A LOS ANGELES IN ONORE DELL’ALLORA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ITALIANO [PROCLAMATO UOMO DELL’ANNO DALLA NIAF], UOMINI D’AFFARI LEGATI A FRANK STELLA, IL RICCHISSIMO PRESIDENTE DELLA PIÙ AUTOREVOLE ORGANIZZAZIONE DI ITALO-AMERICANI, SI INCONTRARONO CON UOMINI DEL DIPARTIMENTO DI STATO. UNO DEI FUNZIONARI DEL GOVERNO USA, IN QUELLA OCCASIONE FU UDITO DIRE, IN RIFERIMENTO A CRAXI: “QUESTO LO FACCIAMO FUORI PRESTO”. ERA IL 1987. QUATTRO ANNI DOPO SCOPPIAVA MANI PULITE, UN’OPERAZIONE CHE EVIDENTEMENTE ERA INIZIATA MOLTO PRIMA" -

Filippo Facci per "Libero"

Seconda e ultima parte del Tonino segreto. Quando lavorava per una ditta di armamenti; la laurea sprint; i silenzi attorno a una misteriosa struttura di intelligence antiterrorismo.


di pietro
antonio di pietro idv

Il percorso biografico che portò Antonio Di Pietro sino al suo viaggio misterioso alle Seychelles - raccontato da Libero di domenica - non è meno carico di piccoli e grandi interrogativi che forse andrebbero semplicemente risolti: se solo Di Pietro si decidesse a farlo.

I temi sono sempre gli stessi: l'inizio della sua carriera a sorvegliare ditte di armamenti, l'effettiva attività svolta da poliziotto: se ricostruire la sua acerba carriera si è rivelato un inferno, probabilmente, è perché l'ex magistrato su questi temi ha sempre taciuto. Le biografie, quelle autorizzate, glissano.

Si torna dunque al 1973 e a un Tonino giovanissimo, quando, in febbraio, gli giunsero due notizie. La prima era che aveva passato il concorso dell'Aeronautica: avrebbe controllato le produzioni che una ditta, l'Elettronica Aster, eseguiva per conto del Ministero. Questo a Milano e poi in Brianza, nella sede di Barlassina. La seconda notizia è che la sua fidanzata era incinta, sicché entro due mesi provvederà a un matrimonio riparatore: ma questo ora non interessa.


Di Pietro con la moglie
Di Pietro si Dimette - 6 dic 1994
E' un Di Pietro difficile da immaginare. Aveva una barba improponibile (foto dell'epoca lo mostrano poi con scarpe bianche, pantaloni bianchi, giacca bianca, cravatta bianca e camicia nera) e nei ritagli di tempo amministrava stabili, perché come ministeriale guadagnava 170mila lire il mese.


Di PietroSecondo un testimone, Tonino cominciò a lavorare al Centro Regione Aerea di piazza Novelli, a Milano. Secondo un altro, passò direttamente in un ufficio di Barlassina, in provincia di Como. Secondo un altro ancora, trascorse qualche tempo negli uffici dell'Aeronautica di Linate, o forse in Via Farini sempre a Milano. La versione più probabile è che facendo parte del Dca (Direzione costruzione armamento) abbia saltabeccato qua e là prima di passare, dopo poco tempo, all'Ustaa di Barlassina.


Antonio Di Pietro
Un colonnello del genio dell'Aeronautica, Michele Merlo, aveva lasciato il corpo per entrare nella proprietà della Aster, azienda di apparecchiature elettroniche; all'interno di questa società era dislocata una postazione dell'Ustaa (Ufficio sorveglianza tecnica armamento aeronautico) e fu appunto lì che ministero della Difesa aveva spedito Di Pietro. Secondo Merlo, dal 1975. Secondo un amico di Tonino di allora, Gianni De Cet, nel '73.


Antonio Di PietroL'Ustaa, in sostanza, aveva il compito di sorvegliare l'operato delle aziende fornitrici, ossia che i prodotti corrispondessero ai requisiti contrattuali per quantità e termini di consegna. E questo faceva Tonino: compilare i documenti che accompagnavano i materiali al collaudo e dare un'occhiata perché tutto fosse prodotto come i capitolati d'appalto prevedevano.

L'ufficio si occupava, e saltuariamente anche Di Pietro, di aziende come la Breda Meccanica, l'Aerea, la Salmoiraghi e altre ancora. Ma il suo ufficio era appunto dislocato presso la Aster di Barlassina, e di essa Tonino si occupava in prevalenza. Si parla di un'azienda che lavorava per conto dell'Aeronautica, della Marina e dell'Esercito, che collaudava pezzi di alta tecnologia adottati dai paesi Nato e che, in consorzio con altre aziende (ma solo successivamente, e tanto per fare un esempio), avrebbe prodotto parti dei sistemi di controllo dei caccia Tornado. Il giovane Di Pietro, per dire, si occupava perlopiù di «Arma Nike», parti di missili in dotazione alle nazioni del Patto Atlantico.

Va da sé che un organismo cruciale come l'Ustaa fosse a contatto con il Sismi: si vorrà dare per scontato che i Servizi segreti militari tengano d'occhio perlomeno i centri di produzione militare. E, come detto, nelle aziende in questione non si producevano gavette. Quelli con il Sismi, beninteso, non erano contatti ufficiali (non lo sono mai) ed era ben logico che i proprietari delle aziende ne fossero tenuti all'oscuro per quanto possibile.


Antonio Di Pietro
Antonio Di pietro - Coppola e SigaroMa che qualche militare o dipendente abbia svolto un doppio incarico è tuttavia sicuro, e sono stati appurati dei casi anche negli ambienti della Aster. Alcune sparate su un Di Pietro «dei servizi segreti» nascono da queste considerazioni, poste in maniera mai seria e comunque indimostrate. Non era strano che il Sismi fosse a contatto con la Cia, e che questa fosse legittimamente interessata al controllo e alla supervisione di quelli che in fondo, anzi principalmente, erano prodotti strategici della Nato.

Tanto che i militari, gli industriali bellici e i dipendenti come Di Pietro dovevano preliminarmente (ogni sei mesi, più o meno) passare il vaglio del Nos, il Nulla osta sicurezza. In un mare di sigle, dipartimenti e organismi non stupirebbe se fosse caduto in confusione persino l'ex capo del Sismi Fulvio Martini, a suo tempo da noi interpellato: «Da quel che ho capito Di Pietro lavorava all'Usi, l'Ufficio sicurezza»; ma come, non si chiamava Ustaa? «Io credo che lavorasse all'Ufficio sicurezza... Ma forse ha cambiato nome dopo la legge del '77-78, la 801. Io non conosco l'Ustaa, conosco l'Uspa»; cioè? «Ufficio sicurezza Patto Atlantico».


craxi e di pietro
ANTONIO DI PIETROL'Ustaa, o quel che fosse, comunque esisteva. anche se Di Pietro ha fatto di tutto per complicare le cose. Un amico di Tonino, Gianni De Cet, ha raccontato che nel 1974 Di Pietro accompagnò addirittura suo padre Giuseppe alla sede di Barlassina «per mostrargli dove lavorava»; è De Cet ad accompagnare Tonino per la prima volta a Barlassina; ed è stato confermato che fu Di Pietro stesso a indicare ai biografi il nominativo di Michele Merlo (proprietario della Aster) tra quelli da contattare perché raccontassero bene di lui.

Ma niente da fare: «Non lavoravo alla Aster» disse Di Pietro il 7 febbraio 1997 in tribunale e in ogni sede possibile. E chiusa lì. È vero, lavorava all'Ustaa, non alla Aster. Ma l'Ustaa era solo un ufficio dentro la Aster. Ma Di Pietro ogni volta non lo spiega: nega. Fa di tutto insomma per autorizzare misteri e sospetti.

Per capire: in un interrogatorio reso a Brescia nel 1995 metterà per iscritto di aver lavorato per il Controllo armamenti del ministero della Difesa dal 1973 al 1977; subito dopo, in un libro che raccoglie le sue carte processuali, comparirà una correzione: dal 1973 al 1979, come per coprire quel paio d'anni in seconda stesura; finché, da altri documenti ufficiali e non smentibili, si apprende che vi lavorò dal 10 febbraio 1973 al 15 gennaio 1980. In un libretto a sua firma titolato La mia politica, nel 1997, torna a scrivere: fino al 1977. Si parla dell'uomo che invoca trasparenza.


ANTONIO DI PIETRO
Nel 1977, tuttavia, qualcosa accade. All'Ustaa, Di Pietro si fa vedere sempre meno. Di quel periodo si sa che sfornò un esame universitario dietro l'altro, al limite del miracolo: diede ventidue esami in trentun mesi, si laureò con 108 e secondo le biografie non lo disse a nessuno: un'impresa che di norma riesce a pochi studenti modello, gente che non ha altre occupazioni oltre allo studio.


ANTONIO DI PIETRO
Di Pietro invece - sempre secondo certe biografie, da lui praticamente dettate - era pendolare, amministratore condominiale, ristrutturava una villa, giocava da portiere in una squadretta e sciava nei week-end. Il che, beninteso, non significa nulla: in fondo alla Aster aveva orari da ministeriale, staccava alle 14. A generare qualche sciocco sospetto, forse, il fatto che non festeggiò mai la laurea, nessun amico o familiare assistette alla tesi, ai genitori non aveva neppure mai detto d'essersi iscritto, e fotografie dell'evento non ce ne sono.

L'unica testimonianza - dopo una quindicina d'anni di ricerche - l'ha rilasciata una donna di Gallarate, L.M.B.: «Conobbi Tonino alla Statale di Milano nell'autunno del 1980. Lui era già laureato, faceva il poliziotto ma si stava preparando al concorso per la magistratura. Mi diede in prestito i suoi appunti, li conservo ancora. Sorvolando su errori grammaticali e di sintassi, scoprii subito che aveva una capacità di sintesi e una testa incredibilmente acuta.


ANTONIO DI PIETRO
Mi aveva chiesto di restituirglieli, perché li noleggiava a pagamento. I quadernoni di Tonino sono costellati, per intere pagine, di "prove" di firme... sicuramente aveva fin d'allora manie di grandezza. Io non ero sua compagna di corso, non ho assistito alla discussione della sua tesi, la mia testimonianza lascia il tempo che trova: ma mi chiedo come sia possibile fare il magistrato senza titolo».


di piertro che si scaccolaLo studente Di Pietro Antonio, matricola 144836, divenne dottore il 19 luglio 1978 con una tesi sull'attuazione della Costituzione nel primo trentennio di applicazione. Relatore il costituzionalista Paolo Biscaretti di Ruffia, correlatore l'assistente Maria Paola Viviani.
Purtroppo Biscaretti di Ruffia è morto, ma nel 1995 fece in tempo a controllare il suo quadernetto personale in cui annotava tutti gli studenti laureatisi con lui. Di Pietro c'era, disse. Il nome del futuro magistrato compare anche nell'archivio informatico dell'Università. E il Rettore, con lettera privata, ha confermato che Di Pietro Antonio risulta laureato. In quale straordinario modo, si può vedere qui di seguito:

1975
28 maggio - Storia del diritto romano (400 pagine): 28/30
4 giugno - Istituzioni di diritto romano (700 pagine): 25/30
4 luglio - Istituzioni di diritto privato (1100 pagine e 2969 articoli del codice civile): 24/30.
10 novembre - Diritto costituzionale (700 pagine e 139 articoli): 30/30.
(data illeggibile) Diritto costituzionale comparato: 26/30.


craxi e di pietro1976
20 febbraio - Esegesi delle fonti del diritto italiano: 26/30
28 aprile - Contabilità dello Stato: 26/30
3 maggio - Diritto regionale e degli enti locali: 29/30
15 giugno - Diritto ecclesiastico: 26/30
1° ottobre - Diritto canonico (300 pagine): 28/30
25 ottobre - Diritto commerciale (1400 pagine): 27/30
30 novembre - Economia politica (700 pagine): 26/30
20 dicembre - Organizzazione internazionale: 27/30


CRAXI
1977
24 gennaio - Scienze delle finanze e diritto finanziario (800 pagine): 26/30
7 febbraio - Storia del diritto italiano (650 pagine): 28/30
31 marzo - Diritto processuale civile (1000 pagine e 831 articoli): 28/30
18 aprile - Diritto tributario (450 pagine): 27/30.
24 maggio - Diritto penale (1200 pagine, 734 articoli): 27/30
7 luglio - Procedura penale (1100 pagine, 675 articoli): 28/30
29 ottobre - Diritto civile (800 pagine): 25/30

1978
26 gennaio - Diritto amministrativo (1400 pagine): 28/30
19 luglio - Tesi di 320 pagine e laurea. Voto finale 108/110.

In un libretto a firma Antonio Di Pietro degli anni novanta, «La mia politica», è scritto: «Si è laureato con il massimo dei voti». Non è vero, come visto: prese 108. Purtroppo la maggior parte dei professori dell'epoca sono morti. Quelli vivi sarebbe anche normale che non ricordassero uno che non frequentava i corsi. Per la stessa ragione, forse, non figura neanche uno studente tra i centomila personaggi intervistati nel corso degli anni Novanta perché dicessero «anch'io conoscevo Di Pietro».


Craxi Il quotidiano «Il Foglio» aveva ritenuto di averne individuato perlomeno uno, di personaggio: Agostino Ruju, assistente di Diritto civile del professor Pietro Trimarchi. Di Ruju erano assodati i rapporti intrattenuti con carabinieri, poliziotti, finanzieri e uomini del Sisde e Sismi. All'interno dell'Università milanese era un punto di riferimento per figli di generali e di questori e vantava la tessera «Amici dei carabinieri».

Il «Foglio» aveva ipotizzato che Ruju avesse preso a cuore anche le sorti del giovane Di Pietro, ma l'interessato ha smentito la circostanza dapprima cortesemente e si è detto anzi convinto che Tonino avesse studiato al Sud. «Dopo la pubblicazione dell'articolo era semplicemente terrorizzato» hanno fatto sapere dal quotidiano. Va detto che Ruju fu arrestato da Di Pietro per Mani pulite ed era in attesa di giudizio.

Ma una cosa curiosa, da principio, aveva fatto in tempo a dirla: «Se è vero che Di Pietro sostenne Diritto privato il 4 luglio del '75, ricordo che quello fu il mio primo appello da assistente: bocciai tutti». Messa così è inquietante. Qualche mese dopo, per fortuna, correggerà il tiro sul «Corriere della Sera»: l'esame? «Non l'ha certo sostenuto con me. Io ero appena stato nominato assistente, ricordo bene quell'appello: lui è stato promosso, mentre io ho bocciato tutti». E messa così è diverso: potrebbe anche solo significare che Di Pietro era il migliore di tutti. A ogni modo, anche qui, le illazioni del Foglio non hanno trovato conferma.

Divenuto dottore, Di Pietro si licenziò dal ministero della Difesa. Ma neanche qui risulta niente di chiaro: parlò di dimissioni avvenute nel 1977 (in un interrogatorio bresciano) e poi corresse in 1979 (in un suo libro di memorie difensive) e a complicare le cose contribuisce un'intervista che il noto giornalista Paolo Guzzanti fece il 29 aprile 1993 ad Antonia Setti Carraro, suocera del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e madre della sfortunata Emanuela con lui assassinata a Palermo.


CRAXI SUL PALCO
La signora, affettuosamente, riferì che aveva conosciuto Di Pietro (già celeberrimo, nel periodo dell'intervista) quand'era un «agente» al servizio del generale: novità assoluta e titolo di merito stranamente escluso da ogni profilo biografico. Il 1° maggio 1993 «La Stampa» pubblicò l'intervista. Domanda: «Lei ha conosciuto Di Pietro?». Risposta: «Benissimo. Le dirò che era alle dipendenze del generale Dalla Chiesa».

I nuclei del generale erano dei gruppi interforze, un apparato di intelligence antiterrorismo a metà strada tra magistratura e ministero dell'Interno, a stretto e giustificato contatto con i servizi segreti. Dopo la pubblicazione dell'intervista non accadde nulla, nessuno smentì nulla. La signora, anzi, ringraziò. Quattro anni dopo, il 16 settembre 1997, Guzzanti ripropose la confidenza della Setti Carraro e scoppiava il finimondo.


Un immagine di Bettino Craxi ad Hammamet
Lei smentiva in maniera un po' disordinata, poi riferiva che a dirle dell'attività di intelligence svolta da Di Pietro (dunque confermata) fu lo stesso Di Pietro quando le rese visita in compagnia di un «alto magistrato». Ricontattata a bocce ferme, la signora Setti Carraro ha detto: «Mi venne a trovare a casa accompagnato da una collega magistrato di cui adesso non ricordo il nome, mi pare fosse la figlia di uno dei presidenti del Tribunale di Milano. S'intrattenne a casa mia per circa un'ora e mezzo e, parlando, mi disse di aver lavorato alle dipendenze di mio genero a Milano. Per quello che ricordo non faceva parte della sua scorta personale ma era uno degli agenti che avevano il compito, credo, di tenere sotto controllo l'accesso ai covi».

La citata «figlia di uno dei presidenti del Tribunale» dovrebbe essere il pm Gemma Gualdi, in realtà nuora del presidente della Corte d'appello Piero Pajardi e molto amica di Di Pietro, tanto che questi, nello st

esso periodo, cercava di cooptarla nel Pool di Mani pulite. Per quanto riguarda i covi, è lo stesso Di Pietro - anche se ieri, sul suo blog, ha negato tutto - ad aver ammesso una sua «attività di investigazione riservata presso il covo terroristico di via Astesani sotto coordinamento dell'allora mio dirigente Vito Plantone»: l'ha scritto in una memoria difensiva del 2 luglio 1995.


Antonio Di Pietro al No-B Day
Non era proprio il primo che passava, Plantone: aveva guidato l'irruzione nel covo del brigatista Walter Alasia e aveva dato la caccia ai peggiori delinquenti degli anni Settanta prima di diventare questore. Ma Di Pietro non ha mai voluto dire una parola sull'argomento. Lo stesso Di Pietro che di lì a poco diverrà magistrato. E che partirà per strane vacanze alle Seychelles.

2 - DI PIETRO NELLE MANI DELLA CIA? UN VECCHIO SOSPETTO IN UN LIBRO DEL 1995.


Di Pietro Sigaro
Dal libro di Fabio Andriola e Massimo Arcidiacono «L'anno dei complotti», Baldini&Castoldi, Milano 1995: (pagina 83)
«Il giornalista Francesco D. Caridi [...] ha scoperto un particolare importante circa il possibile coinvolgimento di ambienti statunitensi nell'attacco a Craxi. In occasione di una festa a Los Angeles in onore dell'allora presidente del Consiglio italiano [proclamato Uomo dell'Anno dalla NIAF], uomini d'affari legati a Frank Stella, il ricchissimo presidente della più autorevole organizzazione di italo-americani, si incontrarono con uomini del Dipartimento di Stato. Uno dei funzionari del governo USA, in quella occasione fu udito dire, in riferimento a Craxi: "Questo lo facciamo fuori presto". Era il 1987. Quattro anni dopo scoppiava Mani Pulite, un'operazione che evidentemente era iniziata molto prima.»

Nota degli stessi Autori: «Nel febbraio del '95 è stato reso noto un rapporto della Cia di dieci anni prima in cui gli spioni americani prevedevano già oltre alla svolta democratica del Pci, il dissolvimento della Dc e il ritorno della destra».




[19-01-2010]
by dagospia

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