martedì 19 gennaio 2010

CORREVANO GLI ANNI DELLA CRAXIANA MILANO DA BERE MA NEL 1987 L’ALLORA GOVERNATORE CARLO A. CIAMPI PROMUOVEVA IL RISANAMENTO AVVIATO DA BETTINO - E ALLE FINANZE IMPOSE IL REPUBBLICANO VISENTINI. IL DOGE INDISCUSSO DEL RIGORE - NEL 2005 SUL CORRIERE DI MIELI GIà VENIVA RIVALUTATO IN ECONOMIA L’EX LEADER PSI - ALLA FACCIA DELL’AMARO BRAGANTINI EVAPORATO CON IL MAL DI PIL (SFONDAMENTO MOSTRUOSO DEL DEBITO PUBBLICO) MA DIFESO D’UFFICIO IN TV DA DE BORTOLI CHE PER 'BAR CONDICIO' METTE INSIEME CAPRA E CAVOLI: IL SOCIALISTA CRAXI E IL DC DE MITA

Perché non mi dite

dove sta la verità?

(Adso)

"Ecco, il massimo

che si può fare

è guardare meglio"

(Guglielmo)

(U.Eco In nome della Rosa)

Nella cambusa dei collaboratori del Corrierone, raccolta negli ultimi dieci anni con sapienza (e furbizia intellettuale) dall'oste del revisionismo alla matriciana Paolino Mieli, non manca come già osservato il rinomato digestivo Bragantini. Anche se l'opinionista-banchiere, gustato al naturale, avrebbe tutti i titoli per contribuire ad alzare il tasso (accademico e alcolico) dei gradi della polemica.


La pagina del Corriere con le firme di Bragantini e Cafagna
A volte, però, al fine di dare un retrogusto cerchiobottista alle sue idee, egli sembra piegare le proprie opinioni alle ragioni dello chef di turno. Nel caso ultimo (caso Craxi), il soave pasticciere Flebuccio de Bortoli. Peccato.

Così sull'operato del Cinghialone in tema di risanamento, anche Bragantini si è voluto esibire in quell'arte mielesca e para-guresca di cui, nell'haute cousine di via Solferino, sono maestri inarrivabili, il fornaio della virgola politologica, Angelo Panebianco, e l'olimpionico dei volteggi (ideologici), Ernestino Galli della Loggia.


ANGELO PANEBIANCO - copyright Pizzi
Quest'ultimo, passato via Mieli-Express, con tanto di moglie a carico e rosario d'ordinanza, dagli scantinati di "Mondoperaio" (animati dal laico socialista Claudio Martelli), ai piani alti della Fiat di carta (Agnelli-Romiti).

Ma torniamo al Bragantini da Imola. L'ex allievo del mitico professor Federico Caffè alla Sapienza di Roma, giovedì scorso ha distillato una sua opinione decaf su Craxi e De Mita nelle pagine politiche del "Corriere della Sera". La sua tesi è stata questa: l'assoluta mancanza di Pil (sfondamento mostruoso del debito pubblico) da parte degli ex presidenti del Consiglio, il socialista Craxi e il democristiano De Mita.


ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
Il primo, Bettino, sicuramente non sarebbe meritevole di una targa stradale a Milano. Iniziativa proposta dal sindaco Letizia Moratti, non dalla famiglia Craxi. Che si tratta di un falso problema l'ha spiegato puntualmente Sergio Romano proprio nelle pagine delle lettere del Corriere. Ma è l'accostamento Craxi-De Mita che appare davvero singolare. E improponibile. Una forzatura da bar condicio? Una partenza sbagliata, insomma, quella di Bragantini.

Craxi e il suo principale collaboratore al governo (l'intoccabile e neppure citabile Dottor Sottile, Giuliano Amato), infatti, ha governato, per ben quattro anni (1983-87). Un record. E alle Finanze impose il repubblicano Bruno Visentini. Il Doge indiscusso della politica del rigore.


CLAUDIO MARTELLI GNAM - copyright Pizzi
De Mita, invece, resistette alla guida del governo appena dodici mesi. Davvero pochini. Neppure un novello Luigi Einaudi, chiamato a risanare i conti pubblici, avrebbe potuto farcela. I buchi di cassa, quelli sì figli della devastante crisi degli anni Settanta, furono ereditati così soprattutto dal primo Gabinetto Craxi. Crisi di cui, speriamo solo per un'amnesia momentanea, l'ex Angelo controllore (della Consob) non sembra aver tenuto conto nella polemica. Pazienza.


CRAXI BETTINOPrima, però, di mettere sul tavolo le "carte" della polemica Bragantini-Dagospia (relazioni di Bankitalia, giudizio degli esperti e opinionisti meno settari sul bilancio di una stagione difficile e tormentata), va segnalato che sabato sera, nel programma di Fabio Fazio "Che tempo che fa", Ferruccio de Bortoli, sia pure di en passant e sapendo di sostenere una sciocchezza, è tornato a bocciare in economia e finanza i Diarchi, Craxi-De Mita. Perché?

Flebuccio ha voluto indossare la toga dell'avvocaticchio del Diavolo, per difendere il suo illustre Angelo (collaborazionista), caduto in peccato mortale. Della serie, cane da guardia non morde cane da riporto. Ma, per dirla con Nietzsche, spesso le convinzioni (di parte) come quelle espresse in tv dal Flebuccio in-gessato (Caraceni?) "sono più pericolose delle bugie".


Sergio Romano
Intanto, prima di salire in cattedra i direttori farebbero bene a frugare nei propri archivi per evitare figuracce. Lunedì 14 febbraio 2005 (direzione Mieli) - dunque cinque anni fa - sulla pagina-vetrina dell'inserto "Corriere Economia" apparivano quasi appaiate (vedi foto) un'argomentata presa di posizione di Bragantini sulla privatizzazione della Rai e un'analisi, altrettanto approfondita, del prof. Luciano Cafagna sull'operato di Bettino-statista. Il titolo dell'articolo era eloquente: "Craxi ebbe molti meriti anche in economia".

Non abbiamo trovato traccia di una replica risentita di Bragantini sulla riflessione di allora, ovviamente opinabile, del suo collega e amico di banco sulle pagine del Corriere, Luciano Cafagna. Forse perché non si discuteva di intestare una via a Craxi. Bah.

Eppure, scriveva l'autore del commento a cinque anni appunto dalla scomparsa di Bettino:

"L'Italia in cui Craxi parve entrare a gamba tesa non era solo l'Italia del terrorismo, ma era anche l'Italia dell'inflazione a due cifre, della finanza pubblica indebitata da quindici anni di spesa pubblica in deficit spending...". Che fare?


Craxi e Ciriaco De Mita
Bloccare l'inflazione, rilanciare la crescita della produzione, così da "fornire mezzi per pagare il debito contratto negli anni, e avviare sul piano contabile un risanamento capace di restituire margini di manovra al governo dell'economia, nei rapporti interni e in quelli all'esterno".

Bene, a giudizio di Cafagna, professore di area socialista ma considerato tra i maggiori studiosi dello sviluppo economico in Italia, "Craxi operò bene almeno nelle prime due direzioni (fermare l'inflazione e rilancio della produzione). E lo spiega dati alla mano. Mentre sul terzo punto (il risanamento finanziario in senso stretto) Bettino fu cauto: "forse perché temeva l'impopolarità della strette monetarie e fiscali".


Salvatore Bragantini E tanto per restare in casa Flebuccio, cioè in via Solferino, il suo principale editorialista di allora, Alberto Ronchey, osservò che la vittoria di Craxi al referendum sul taglio della scala mobile, poteva essere considerata un "secondo miracolo economico dopo quello degli anni Cinquanta". Obiezioni dai mandarini dell'attuale contabilità accademica di Craxi? Se ci sono, battete un colpo.

Nel suo libro-intervista con Pigi Battista, "il Fattore R" (Rizzoli, 2004), l'Ingegnere, secondo l'appellativo affibbiatogli dal caustico Fortebraccio dell'Unità, dichiarava inoltre di non aver cambiato complessivamente idea su Craxi:

"A volte dissentivo apertamente (...) ma non posso non riconoscere che anche grazie a Craxi l'Italia e l'Europa legata all'occidente hanno vinto, a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, la loro battaglia della Marna".


GIULIANO AMATO - Copyright Pizzi
L'ultima parola (anch'essa contestabile) sul presunto sfascismo finanziario di Craxi va lasciata all'ex governatore di via Nazionale, Carlo Azeglio Ciampi. Nelle considerazioni finali svolte dal numero uno di Bankitalia nella primavera del 1987 si può leggere, tra l'altro:

"... nel 1986 si sono concentrati i frutti di una azione tenace e di tendenze positive come non era più avvenuto da quando la prima crisi petrolifera (...) Le imprese hanno realizzato ampi margini di utile, hanno effettuato investimenti in impianti e macchinari (...) il fabbisogno statale è stato contenuto entro 110 miliardi (...) sceso da 47 mila a 36 miliardi (...) Soprattutto l'inflazione è stata piegata (...) Nel confronto con i principali Paesi, il differenziale inflazionistico sfavorevole all'Italia, che all'inizio degli anni Ottanta era del 9%, nel 1986 è sceso al 2%".


Fabio Fazio e Ferruccio de Bortoli
Nella sua relazione Ciampi aggiunge:

"...Quei progressi sono stati il risultato ultimo dell'azione del Governo (Craxi), che si oppose alla deriva a cui, all'inizio degli anni Ottanta, i prezzi e il sistema produttivo stavano abbandonandosi e che affrontò le cause interne dell'inflazione". Per poi concludere:


PAOLO MIELI - copyright Pizzi
"L'economia italiana è stata sottratta a squilibri irreparabili".

Prima ancora dello "scandalo Fazio" non abbiamo mai avuto il mito di Bankitalia. Ma i pensieri dei Governatori valgono (e contano) sia quando sono in positivo che in negativo. Quanto alle vicende dell'Italia la pensiamo esattamente come il coraggioso Bragantini delle conclusioni in "Capitalismo all'italiana" (Baldini e Castoldi, 1996): "Tutto nella nostra storia indica che il particolare, l'interesse individuale, prevale costantemente su quello generale". E non va bene, ovviamente.
by dagospia

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