martedì 1 marzo 2011

CARO AMICO MUAMMAR - SE “REPUBBLICA” ATTACCA I VERGOGNOSI RAPPORTI ECONOMICI TRA IL CAVALIER POMPETTA E GHEDDAFI, DE BENEDETTI È DAL 2002 CHE FA AFFARI IN LIBIA, PRIMA DELLO “SDOGANAMENTO” PRODIANO DEL RAÌS: ORA SORGENIA RISCHIA 500 MLN € IN FORNITURE DI GAS - TREMANO ANCHE GLI ALTRI “LIBICI”: BOLLORÉ RE DI MISURATA, TARAK BEN AMMAR DUCA DI TRIPOLI, GERONZI BARONE (MARIO) DEL DESERTO DI SABA…

SORGENIA E IL GASDOTTO LIBICO - GLI AFFARI DI DE BENEDETTI COL REGIME...
Fosca Bincher (Franco Bechis) per "Libero"


CARLO DE BENEDETTI
L'accordo commerciale non è mai stato strombazzato più di tanto. Anzi, si è evitato con cura di farlo emergere proprio mentre il quotidiano del gruppo, La Repubblica, lanciava strali verso i vergognosi accordi finanziari fra il governo italiano guidato da Silvio Berlusconi e quello libico di Muammar Gheddafi.

Ma a dipendere da quegli accordi, e soprattutto da quelli che riguardano Eni, è anche una delle aziende di punta del gruppo di Carlo De Benedetti, Sorgenia. Grazie a un accordo firmato nel lontano 2002, divenuto operativo dal 2004, Sorgenia importa due miliardi di metri cubi annui di gas naturale dalla Libia che arrivano tramite il gasdotto Green Stream. Si tratta proprio del canale di distribuzione cui sono stati chiusi i rubinetti all'indomani dello scoppio della rivolta libica e della terribile repressione da parte del colonnello Gheddafi.


DISCORSO GHEDDAFI
La chiusura dei rubinetti del gasdotto è legata all'evoluzione della crisi libica, ma potrebbe non essere di breve durata. L'Eni riesce a compensare quel che perde con il gas algerino e quello russo.

Per l'azienda di De Benedetti non c'è questa flessibilità, e la crisi libica rischia di provocare conseguenze serie. Anche se il prezzo del gas come la domanda di fornitura da parte di Sorgenia è scesa rispetto al boom degli anni 2007-2008, ancora nel 2009 il fatturato per la commercializzazione di quel gas libico ammontava a 573 milioni di euro, circa un quinto del fatturato di Sorgenia.

Per De Benedetti la crisi libica vale quindi più di mezzo miliardo di euro, ed è comprensibile la preoccupazione del gruppo per l'evoluzione di quella guerra civile. Preoccupazione decisamente più grande dell'imbarazzo per quel business così poco politically correct con il colonnello Gheddafi...


2 - I TRE MOSCHETTIERI DI TRIPOLI - DA CESARE GERONZI A TARAK BEN AMMAR E VINCENT BOLLORÉ, IL SALOTTO BUONO CHE SOFFRE PER LA CADUTA DEL COLONNELLO...
Vittorio Malagutti per "il Fatto Quotidiano"


GASDOTTO
Una riunione lampo nelle stanze ovattate di Mediobanca. Giusto pochi minuti ieri pomeriggio al termine della riunione del patto di sindacato dell'istituto che fu di Enrico Cuccia. C'erano Cesare Geronzi, Vincent Bollorè e Tarak Ben Ammar, un terzetto che fila d'amore e d'accordo ormai da anni, sempre a farsi da sponda l'uno con l'altro in tutte le partite della finanza nazionale.

Di questi tempi con le Assicurazioni Generali percorse da veleni e sospetti e il Corriere della Sera alla ricerca di nuovi equilibri, di certo i tre alleati avranno fatto il punto su molte questioni. Ma con Libia che brucia c'è da scommettere che i tre consiglieri di Mediobanca si saranno scambiati le rispettive impressioni sul crollo del sanguinario regime di Muammar Gheddafi.


Di Libia e dintorni loro sì che se ne intendono. C'è Bolloré, per dire, che giusto un mese fa si era assicurato la gestione del porto di Misurata, la città libica dove gli insorti stanno cercando di scacciare le milizie governative. Per lui, il finanziere francese socio di Mediobanca, di Generali e di Salvatore Ligresti, il padrone di una rete logistica che avvolge tutta l'Africa, forse quell'affare non sarà stato neppure granché. Ma ci teneva molto, a giudicare da come lo ha pubblicamente celebrato. E invece niente. Peccato. Se ne riparla, forse, dopo la rivoluzione, una volta sgombrate le macerie.


TARAK BEN AMMAR
Già, le macerie. Un cumulo di macerie è anche l'eredità lasciata dai regimi corrotti del Nordafrica, ma se c'è uno che non si preoccupa è il franco tunisino Tarak Ben Ammar. Lui che per anni si è vantato delle sue amicizie nei Palazzi del potere da Tunisi e Tripoli, lui che produce film in società con la Fininvest del suo amico Silvio Berlusconi e con una delle tante holding del governo di Tripoli, lui, ancora, che è si è vantato di aver sponsorizzato il trattato di amicizia del 2008 tra il governo berlusconiano e quello libico, proprio lui, Tarak, ieri pomeriggio si è prodotto in un'estemporanea performance verbale a uso e consumo dei giornalisti.

Tema: la rinascita della democrazia nei Paesi arabi del Mediterraneo. "Ho visto una gioventù che vuole libertà e dignità", ha scandito il querulo socio di Gheddafi. E ha invocato l'aiuto dell'Europa per i Paesi che si incamminano verso la democrazia. "Sarebbe una win win situation", ha concluso, cioè vantaggiosa per tutti. Per lui di sicuro, visto che riuscirebbe nell'impresa di continuare a far soldi come ne ha fatti fino ad ora, al tempo dei dittatori.


VINCENT BOLLORE
TRIPOLI BEL SUOL D'AFFARI
Quanti ricordi per Tarak. E quanti anche per Geronzi, l'inaffondabile banchiere che nel 1997 incontro Gheddafi in persona nel deserto di Saba. Quella volta c'erano in ballo affari importanti. Di più: c'era da rilanciare la Banca di Roma e i soldi del dittatore libico facevano proprio comodo. Tripoli comprò il 5 per cento dell'istituto romano che dopo qualche anno diventò Capitalia per poi andare a fondersi con Unicredit. Viene da lì la partecipazione dei libici nel capitale della banca guidata fino a pochi mesi fa da Alessandro Profumo.


CESARE GERONZI
La geronziana Banca di Roma condivideva con la Libia anche una partecipazione nell'Ubae, l'istituto con sede nella città eterna specializzato nel credito all'export verso il mondo arabo. Il controllo adesso fa capo alla Libyan foreign bank, ma con il 10 per cento troviamo Unicredit (erede di Capitalia) e poi con quote inferiori al 5 per cento ciascuno anche Eni, Intesa, Monte dei Paschi, Telecom Italia.


BANCA UBAE - MARIO BARONE, GIOVANNI VICINELLI, FERDINANDO VENTRIGLIA, ABDALLA SAUD
Ai tempi, correvano gli anni Settanta, Ubae era sponsorizzata da Mario Barone, banchiere amico di Giulio Andreotti e in affari anche con Michele Sindona. Di lì a poco i soldi di Gheddafi si presero una quota di Fiat. Per poi approdare anche nella Banca di Roma. Geronzi entusiasta. "I libici sono stati i migliori azionisti che io abbia mai avuto", ha dichiarato nell'agosto scorso l'ex presidente di Generali. Davanti a lui una platea di cattolicissimi ciellini al Meeting di Rimini.

by dagospia

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