martedì 15 marzo 2011

CHI È IL REGISTA DELLA PARTITA DELLE NOMINE? CHI DECIDE I NUOVI VERTICI DI ENI, ENEL, FINMECCANICA, TERNA, POSTE? LE COPPIE CONTRO BERLUSCONI-LETTA E BOSSI-TREMONTI? - 2- O MAGARI C’È UNA REGIA "NON MOLTO CHIARA" CHE DECIDERÀ IL DESTINO DI SCARONI O SARMI O DEL NEO-LEGHISTA PONZELLINI ALLA BANCA DEL SUD (CHE GESTISCE IL FONDO DI GARANZIA PER LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE, IL 70% DELLE QUALI SI TROVA AL CENTRO NORD)? - 3- E CHE NE DITE DEL POSSIBILE RITORNO DI "ARROGANCE" PROFUMO NEL CDA DELL’ENI COME AMMINISTRATORE INDIPENDENTE. UNA POSIZIONE DI SECONDA FILA, MA OCCUPATA DA UN NOME PESANTE COME UN MACIGNO CHE OSCILLA SULLA TESTA DI SCARONI - 4- PROFUMO, PRIMA USCITA DA EX BANCHIERE, SCORTATO DALLA "VELINA" GAD LERNER: "LA MIA LIQUIDAZIONE DI 40 MILIONI DI EURO? IL PROBLEMA VERO: NON È QUANTO GUADAGNA PROFUMO MA QUANTE TASSE PAGA PROFUMO E QUANTO EVADONO ALTRI" -

- BANCA DEL SUD A PONZELLINI E IL RITORNO DI PROFUMO
Sergio Rizzo per il Corriere della Sera


MASSIMO PONZELLINI PIERO GNUDI
Che negli ambienti di governo si faccia il nome di Massimo Ponzellini come futuro timoniere della tremontiana Banca del Mezzogiorno non può essere giudicata una sorpresa. Non tanto perché sia ormai pacifico che l'ex giovane manager prodiano dell'Iri è tenuto da tempo in palmo di mano da Giulio Tremonti, il quale già nel 2001 l'avrebbe voluto al ministero dell'Economia e poi gli ha consegnato prima Patrimonio spa e quindi il Poligrafico dello Stato.

Ma neppure perché, grazie alla proprietà transitiva, l'ex vicepresidente bolognese della Banca europea per gli investimenti sia entrato nelle grazie di Umberto Bossi al punto da farsi battezzare in questo modo dal capo del Carroccio: «Qualche amico la Lega lo ha alla Banca popolare di Milano. Ponzellini lo abbiamo nominato noi» . C'è infatti di più. C'è la prospettiva che anche le banche popolari, e in testa a tutte proprio quella di Milano, siano della partita insieme alle Poste e magari ad altri istituti di credito come le banchette cooperative.


ANGI33 VEGAS TREMONTI PEDULLA PONZELLINI
Chi, allora, meglio di Ponzellini per gestire una Banca del Mezzogiorno così composta, che per giunta avrà una forte impronta nordista ? Basta dire che la futura banca altro non è che il Mediocredito centrale: ex istituto del Tesoro «ripubblicizzato» (Unicredit lo vende alle Poste, mantenendo un'opzione per riacquistare il 10%) al quale verrà cambiato nome.

E si dà il caso che il Mediocredito gestisca il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, il 70% delle quali si trova al Centro Nord. Curioso, no? Per quanto nemmeno politicamente sorprendente, l'eventuale arrivo alla Banca del Mezzogiorno di uno dei commensali dell'ultima cena degli Ossi di Calalzo di Cadore con Bossi e Tremonti sarebbe davvero l'unica vera sorpresa della nuova tornata di nomine pubbliche.


TREMONTI BOSSI RESIZE
L'unica, se si eccettua il possibile ingresso dell'ex amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo nel consiglio dell'Eni come amministratore indipendente. Una posizione di seconda fila, ma occupata da un nome pesante come un macigno. Per il resto, prepariamoci alla solita scena. Assisteremo al terzo mandato di Fulvio Conti all'Enel e di Paolo Scaroni all'Eni? Possibilissimo.


OMI08 I GUARGUAGLINI I LETTA
Come non è affatto improbabile che alla Finmeccanica venga confermato Pier Francesco Guarguaglini, il quale ha appena festeggiato i suoi 74 anni. Resterà magari con il ruolo di presidente affiancato da manager interni come Giorgio Zappa, Giuseppe Zampini o Giuseppe Orsi, come ha ipotizzato una settimana fa su questo giornale Mario Sensini?

E i presidenti di Eni ed Enel, anche quelli finiranno per essere rinnovati nonostante le pressioni della Lega per avere una poltrona di peso anche lì? Chissà. Roberto Poli (Eni) e Piero Gnudi (Enel) sono coetanei ed entrambi stanno seduti su quelle poltrone da nove anni. Ma fra i due c'è qualche differenza. Poli è stimatissimo da Berlusconi, al punto da avere anche un posto nel consiglio di amministrazione della Mondadori.


4ANG34 CALVESI GUARGUAGLINI MITORAIJ VELTRONI LETTA
Gnudi è invece considerato più vicino al suo conterraneo Pier Ferdinando Casini, nove anni fa presidente della Camera e ora invece all'opposizione. Fin troppo facile ipotizzare chi dei due verrebbe sacrificato a Bossi se proprio fosse necessario. Anche perché non è detto che vada in porto il disegno della Lega: mettere le mani sulle Poste.


DANILO BROGGI
L'amministratore delegato Massimo Sarmi, anch'egli ininterrottamente sullo stesso scranno da nove anni, è stato collocato lì nel 2002 per volontà dell'attuale nemico giurato di Berlusconi. Ovvero, Gianfranco Fini. Ma con il tempo ha trovato il modo di crearsi altre sponde. Tanto a sinistra, quando era necessario, quanto a destra. Soprattutto ha stretto un'alleanza di ferro con la Cisl, organizzazione sindacale potentissima alle Poste.

Non a caso il presidente Giovanni Ialongo è l'ex segretario dei postali di quella organizzazione sindacale. Non è quindi da escludere che Sarmi sia avviato a battere il record del quarto mandato consecutivo, nonostante la Lega abbia rivendicato il suo posto. Per chi? Il loro candidato è l'amministratore delegato della Consip Danilo Broggi.


MASSIMO SARMI GIOVANNI MARIA FLICK
Ma c'è pure chi immagina sofisticate variazioni sul tema, tipo l'ex direttore generale della Rai e attuale amministratore delegato di Terna Flavio Cattaneo (che però difficilmente si muoverà), o l'intraprendente presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua, apparso anche come protagonista negli spot televisivi del suo istituto. Suggestioni. Ma anche se diventassero realtà, la sostanza non cambia.


Il rituale è identico, ingessato ormai da dieci anni. Perché è da un decennio ormai che a decidere sono sempre le stesse persone: il governo di Silvio Berlusconi e il suo ministro dell'Economia Giulio Tremonti nel ruolo di azionista. Nel breve intervallo di due anni del centrosinistra, fra il 2006 e il 2008, il governo di Romano Prodi non volle fare le nomine delle grandi holding pubbliche pur avendone tecnicamente la possibilità.


GIULIO TREMONTI TOMMASO PADOA SCHIOPPA - COPYRIGHT PIZZI
Investito dalle polemiche sollevate dal centrodestra ancor prima che potesse decidere, il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, scomparso a dicembre del 2010, rinviò le assemblee a dopo le elezioni. Restituendo così la palla a Tremonti. E da un decennio anche i destinatari di quegli importanti incarichi, in un Paese con una classe dirigente sempre più vecchia, sono sempre gli stessi.

Il mercato ama la stabilità, si dice. Così al massimo, nel gioco della lottizzazione, ci si scambia le poltrone dei comprimari. Passando da un consiglio all'altro. Senza sapere perché, né di chi sia davvero la regia di certi spostamenti. Ma con il sospetto che una regia ci sia, e non molto chiara. Forse più che un sospetto.


DEBENEDETTI E LERNER
2- PROFUMO, PRIMA USCITA DA EX BANCHIERE «LA MIA LIQUIDAZIONE? PAGO LE TASSE, ALTRI EVADONO»
Paola Pica per il Corriere della Sera

Viene presentato come «top manager e imprenditore» , è scritto anche nel programma, ma nessuno riesce poi a rispettare la consegna: lui per primo, che risponde sempre da banchiere, scattando in difesa della categoria. «Avete ragione- ammette quando Gad Lerner glielo fa notare tra le risate del pubblico- sono entrato in banca a 21 anni e ci sono rimasto fino a 54. Il mio mestiere mi è sempre piaciuto e mi piace ancora. Con questo non dico che continuerò a farlo, non so nemmeno io cosa farò» .


MASSIMO GIANNINI ALESSANDRO PROFUMO
Alessandro Profumo sceglie Trieste per la sua prima uscita pubblica a quasi sei mesi dall'addio a Unicredit. E' qui, l'ex amministratore delegato dato in corsa per un incarico Ue, a parlare di «Economia egoista, economia amica. La responsabilità sociale delle imprese tra illusione e realtà» . Incontro organizzato dal «Piccolo» con la fondazione Illy e Nordest Europa.

«Alessandro Profumo e io siamo legati da amicizia e affetto ma proverò a fare la carogna» promette Lerner, che attacca a più riprese sugli eccessi della finanza, sui compensi stellari dei suoi protagonisti, compreso quello di Profumo liquidato con 40 milioni di euro, sulle relazioni del capitalismo italiano con i fondi sovrani arabi. «Il mio compenso? E' stato costruito dal consiglio di amministrazione assumendo i parametri del terzo quartile delle banche europee- non si sottrae Profumo -. Se il signor Profumo fosse andato a lavorare come amministratore delegato in una di quelle banche sarebbe stato pagato più o meno così.


SCA24 LETTA PAOLO SCARONI MOGLIE
Detto questo- ha aggiunto - nego che debbano essere i singoli a fare scelte contro il mercato. Va rilevato poi che nella cultura cattolica l'alto reddito può essere un problema, cosa che non avviene in quella protestante dove la retribuzione è un indicatore delle tue capacità» .

Il problema vero «non è quanto guadagna Profumo ma quante tasse paga Profumo e quanto evadono altri. Io pago le tasse volentieri quando so che qualcuno riceve in cambio servizi sociali, scuole e sanità» . L'altra palla che scotta è quella dei libici in Unicredit.


PROFUMO LIGRESTI
«Bisogna capire- dice Profumo - quali sono le regole di comportamento con questi paesi e soprattutto se vogliamo " contaminarci" o no. Io ho intrattenuto relazioni con il governatore della Central Bank of Libya, Farhad Bengdara, un signore che ha studiato a Londra e che stava cercando di far crescere la middle class. La sua partecipazione all'aumento del 2008 si è svolta in totale trasparenza» .

Sull'etica dell'impresa Lerner vuole capire a che punto è la riflessione, perché quella finanza esplosa nel 2008 ha prodotto «enormi sofferenze sociali» . «Sono convinto- dice Profumo - che non ci sia alcuna contraddizione tra la responsabilità e capacità di creare valore. Il capitale va remunerato. Ma l'impresa può crescere in modo sostenibile se trova legittimazione nella comunità» .

by dagospia

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