Stefano Caselli e Stefano Feltri per "il Fatto quotidiano"
L'ultima assemblea degli azionisti della storia della Fiat, almeno di quella che abbiamo conosciuto fino ad ora, non passerà di certo alla storia. È una breve, stanca liturgia. Soltanto pallida copia delle maratone oratorie dei tempi dell'Avvocato Gianni Agnelli. Oggi i piccoli azionisti non hanno che cinque minuti a testa per esprimere le proprie osservazioni e quando il tempo scade, inesorabilmente, il microfono smette di funzionare.
MARCHIONNE SALUTA A PUGNO CHIUSO
"Centodieci anni fa - proclama fiero il presidente John Elkann, che per un giorno ruba la scena all'ad Sergio Marchionne - la prima assemblea si riuniva in corso Dante. Oggi Fiat torna a essere quella che era in origine: un'azienda che produce soltanto automobili". I nuovi modelli sono parcheggiati fuori, nei corridoi del centro congressi del Lingotto: le Lancia Flavia, Ypsilon, Voyager e Thema (nel nuovo look american style), L'Alfa Romeo Giulietta, la Jeep Grand Cherokee, una Cinquecento, la Ferrari Ff e la Maserati Mc.
CONCESSIONARIA CHRYSLER
Per raggiungere gli ambiziosi risultati di produzione annunciati da Sergio Marchionne per il 2014 non resta che venderle. Che Fiat sia in grado di farlo è un dubbio che arrovella un azionista particolarmente audace: "Non siamo qui a farci prendere per il culo - urla in faccia all'ad - state raccontando un sacco di balle. Come si fa ad arrivare a 1,6 milioni di auto prodotte in Italia, il triplo di oggi, se lei continua a fare la guerra a tutti gli stabilimenti"?
CHRYSLER
C'è un piccolo gruppo che annuisce, ma si tratta per lo più di professionisti d'assemblea, in grado di far (quasi) perdere la pazienza perfino al sempre sorridente Elkann. Per il resto, gli azionisti votano al 99,98 per cento l'approvazione del bilancio 2010 e la destinazione dell'utile di esercizio, con qualche isolato mugugno sull'esiguità del dividendo rispetto all'anno precedente.
Marchionne è ancora assai popolare, qui, quasi nessuno ha visto Report domenica sera e l'eventualità che la testa della Fiat voli oltreoceano non è cosa che preoccupi più di tanto: "Un'azienda non è un ente di beneficenza - dice un anziano azionista - deve fare utili. Se qui o in America, poco importa".
Ma che nella testa di Sergio Marchionne ci sia più Detroit che Torino risulta abbastanza evidente: "Puntiamo a raggiungere il 51 per cento in Chrysler entro fine anno", ha ribadito per l'ennesima volta (oggi la quota è al 25). Le ragioni dell'ottimismo sono tutte in Chrysler dove, secondo quanto riferisce il manager, "adesso in cassa abbiamo una liquidità superiore a quella che è stata data dal Tesoro".
LINGOTTO
Questo significa due cose: che la Chrysler ha buone possibilità di riuscire a restituire i prestiti al governo Usa e a quello canadese e che potrebbe essere presto pronta alla quotazione in Borsa. Quindi diventa più urgente per Fiat arrivare al 51 per cento, perché aumentare la partecipazione quando le azioni saranno scambiate a Wall Street sarà molto più costoso.
La seconda ragione di tanta fretta la suggerisce lo stesso Marchionne, confermando i sospetti dei suoi critici: "Se Fiat arriva al 51 per cento entro la fine di quest'anno, il 2012 avrà risultati che saranno combinati tra Fiat e Chrysler. È obbligatorio". Tradotto: i conti di Fiat Auto saranno annacquati in quelli di un gruppo globale. E tutti gli obiettivi che Marchionne ha promesso di raggiungere in termini di produzione e vendite perderanno di fatto ogni senso, visto che non si potrà più separare l'andamento di Detroit da quello di Torino.
JOHN ELKANN
Perché se tra un anno il giudizio si dovrà dare ancora soltanto sui conti di Fiat Auto (Fiat Industrial avrà un suo bilancio), i risultati rischiano di essere impietosi. Lo sa anche Marchionne che mentre i concorrenti continuano a guadagnare quote di mercato ai suoi danni predica solo pessimismo: "Impossibile fare previsioni sulle quote di mercato. È inutile che ci illudiamo che questo sia un mercato di rose e fiori".
Dal lato dei rapporti con i sindacati, forse proprio perché tanto occupato a Detroit, Marchionne sembra meno bellicoso: ricorda che negli ultimi anni gli impianti italiani hanno lavorato al 54 per cento del potenziale (soprattutto perché di auto non se ne vendevano) e spiega che per le fabbriche di Cassino e Melfi "non c'è urgenza" di applicare il contratto di Mirafiori e Pomigliano. La priorità è quotare Chrysler in Borsa, non piegare la Fiom.
by dagospia
giovedì 31 marzo 2011
GOODBYE FIAT, DETROIT TI ASPETTA - MARPIONNE PRESENTA I CONTI AGLI AZIONISTI PER L’ULTIMA ASSEMBLEA ITALIANA: SE IL SUO PIANO DI COMPRARE IL 51% DI CHRYSLER ENTRO L’ANNO VA IN PORTO, NEL 2012 I RISULTATI SARANNO COMBINATI - COSÌ IL PROGRESSIVO "SVUOTAMENTO" DELLA FIAT, CHE CONTINUA A PERDERE QUOTE DI MERCATO, SARÀ ANNACQUATO (E ASSORBITO?) IN CHRYSLER, IN RISALITA GRAZIE AI MILIARDI DI OBAMA E ALLA RIPRESA AMERICANA…
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