l sopravvissuto alla strage di via D' Amelio
" ma i miei colleghi potevano salvarsi "
in un libro i ricordi dell' agente Vullo Antonio. il suo racconto e ' stato raccolto da un giovane giornalista palermitano Francesco Massaro autore di " la ragazza poliziotto. storia di Emanuela Loi "
------------------------- PUBBLICATO ------------------------------ TITOLO: "Ma i miei colleghi potevano salvarsi" IL SOPRAVVISSUTO In un libro i ricordi dell' agente Vullo "Da allora per me e' un lungo incubo Sono qui perche' rispettai le consegne" - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - PALERMO . Due anni di incubo, passati in silenzio a macerarsi nel ricordo della micidiale esplosione di via D' Amelio. Sei morti, il giudice Borsellino carbonizzato, cinque poliziotti dilaniati, Palermo che sprofonda negli abissi. Due anni di dolore e di amarezza. Lui, Antonio Vullo, e' l' unico superstite di quel massacro. Ha visto morire il magistrato e i colleghi ma se gli dicono che e' stato fortunato, sul suo viso cala un' ombra di tristezza. "Fortunato? Per niente. Vivere un' avventura del genere e' , comunque, allucinante. Forse sono un miracolato, questo si' , ma per favore, non chiamatemi fortunato". Vullo parla per la prima volta da quel giorno maledetto che segno' pesantemente la sua vita. Il suo racconto e' stato raccolto da un giovane giornalista palermitano, Francesco Massaro, autore del libro La ragazza poliziotto. Storia di Emanuela Loi (Edizioni Arbor), un volume che parte dalla vicenda umana della gente sarda per arrivare ai problemi e alle speranze di tanti ragazzi delle scorte buttati nella mischia, costretti a vivere a fianco a fianco con la morte, in una sorte di roulette russa dove nessuno sa mai chi riuscira' a salvare la pelle. Antonio Vullo ce l' ha fatta, un po' per la sua buona stella, ma molto perche' ha rispettato alla lettera le consegne: "Se anche gli altri poliziotti della scorta fossero stati prudenti . spiega ., sarebbero ancora qui, tra di noi". L' agente "miracolato" ricostruisce momento per momento le sequenze della strage. "Quel giorno andammo a prendere Borsellino a Villa Grazia di Carini, dove aveva pranzato con la famiglia e con alcuni amici... Io guidavo la prima Croma. Assieme a me viaggiavano Li Muli e Traina. Dietro c' era l' altra blindata con Catalano, Cusina ed Emanuela Loi... Sapevo che avremmo dovuto accompagnarlo dalla madre. Nell' aria si avvertiva qualcosa di strano... Claudio mi guardo' in faccia e mi disse: "Osserva il cielo. Sta diventando cupo". Era vero. Eppure quella era una giornata splendida... Io mi guardavo attorno come se presentissi qualcosa...". Il corteo d' auto taglia la citta' svuotata dalle ferie, arriva in via San Polo e svolta per via Autonomia Siciliana. Via D' Amelio e' distante 200 metri, in fondo alla strada. Ma arrivato all' incrocio, Vullo si ferma all' improvviso. "Li' non c' ero mai stato e non potevo immaginare che davanti all' abitazione della madre di Borsellino fossero posteggiate tutte quelle auto. Mi sembro' strano non trovare un divieto di sosta". Siamo ai momenti cruciali di quella domenica fatale. "Il giudice mi supera e va a piazzarsi davanti al cancelletto. Lo affianco, lascio scendere i colleghi, poi avanzo di una quindicina di metri. Il mio compito e' quello di posizionarmi a un' estremita' della strada per impedire l' accesso alle altre auto. Quando vedo che la parte che devo tener d' occhio non ha vie d' uscita, tiro un sospiro di sollievo. Faccio manovra, mi metto di traverso e aspetto che Borsellino entri nel portone". I macellai della mafia sono nascosti chissa' dove, con il telecomando in mano, pronti a scatenare l' apocalisse. Vullo ricorda: "L' altra auto di scorta era accanto alla Croma del magistrato. Sul momento non ci ho fatto caso, ma ripensandoci Catalano, Cusina ed Emanuela non avrebbero dovuto trovarsi la' . Loro dovevano chiudere l' altra estremita' di via D' Amelio, come insegnano al corso. Se l' avessero fatto, se fossero rimasti lontani da Borsellino, si sarebbero certamente salvati". Il boato scuote mezza citta' . "Una fiammata mi investe, l' auto viene sollevata da terra e rovesciata. Apro lo sportello e mi tiro fuori prima che la blindata esploda. Sento scoppi, esplosioni. Vedo fumo e morte. Prendo la pistola, istintivamente, e a un certo punto vedo sbucare dalla nebbia un poliziotto, uno delle volanti, il primo ad arrivare. Poi su di me scende il buio".
Mignosi Enzo
Pagina 9
(18 luglio 1994) - Corriere della Sera
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