Le rivelazioni dell'ex guardasigilli alla Commissione Antimafia
di Maria Loi - 12 novembre 2010
Roma. Sono di ieri sera le clamorose dichiarazioni dell’ex Ministro di Grazia e Giustizia Giovanni Conso, che nell’audizione della Commissione Antimafia ha dichiarato di non aver rinnovato, il 4 novembre 1993, il 41 bis per 140 detenuti del carcere palermitano dell’Ucciardone.
Conso, guardasigilli nei governi Amato e Ciampi a cavallo degli anni 1993 e 1994, ha precisato davanti alla Commissione che indaga sulle stragi del ’92 e ’93 che questa decisione non fu frutto di nessuna trattativa con Cosa Nostra, ma di una provvedimento preso in assoluta solitudine per evitare che la mafia avesse motivi per riprendere le stragi.
Nel gennaio del 1994 Conso invece rinnovò il 41 bis per un gruppo di boss di Cosa Nostra “ma si trattava di capi, Fidanzati, Calò e tanta altri. C’era lo stesso rapporto che c’è tra i ricchi e i poveri”.
Sulla decisione di novembre del 1993 Conso ha spiegato che fu presa “non in un’ottica di pacificazione, ma per vedere di fermare la minaccia di altre stragi. C’era già stato l’arresto di Riina, e si parlava di un cambio di passo della mafia con il nuovo capo, Provenzano”; poi Conso ha aggiunto ancora: “Il vice di Riina aveva un’altra visione: puntare sull’aspetto economico ed abbandonare le stragi. Ecco perché decisi di lasciar stare un atto che non era obbligatorio”.
Ma sulle dichiarazioni dell’ex ministro in merito agli equilibri interni a Cosa Nostra ci sono già molte perplessità. I primi a sollevarle sono stati il capogruppo dell’Italia dei Valori Luigi Li Gotti e il senatore del Pd Giuseppe Lumia.
Entrambi si sono domandati come abbia fatto l’ex uomo di governo a sapere della linea adottata da Provenzano all’interno di Cosa Nostra se alla fine del ’93 Provenzano era ancora uno sconosciuto per gli investigatori. Questo – ho osservato Lumia – è un cambiamento che abbiamo saputo molto tempo dopo i fatti e non da subito”.
Conso ha replicato affermando che sì ci furono “delle azioni successive, ma deboli, approssimative e che non arrivarono mai alla strage ringraziando Dio”. “All'epoca non ebbi percezione - ha detto ancora - che ci fosse la mano dei servizi segreti in questa vicenda. I dubbi mi sono venuti dopo, quando il segreto di Stato ha bloccato tutto. All'epoca nessuno mi disse nulla”.
Stupore per le parole di Conso anche dai familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. “Siamo costernati – ha detto Giovanna Chelli – siamo allo scandalo più puro: chi deve, si vergogni di averci così drammaticamente ingannato”.
Nel frattempo dalla procura di Palermo, il capo della Procura palermitana Francesco Messineo ha fatto sapere che valuteranno nei prossimi giorni se sentire l’ex ministro. “Le dichiarazioni da lui rese a noi sultano assolutamente nuove” ha detto Messineo, che, insieme ai sostituti Nino Di Matteo, Paolo Guido e all’aggiunto Antonio Ingroia, decideranno se ascoltare Conso in merito all’indagine sulla cosiddetta trattativa tra mafia e Stato.
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anche se fosse un iniziativa presa da solo da Conso ( ma io non ci credo) è un fatto gravissimo: di fatto Lo Stato si è calato le braghe di fronte alla mafia
RispondiEliminaLe stragi, lo stop di Conso al 41 bis sullo sfondo della trattativa tra Stato e mafia
non è gravissimo ma molto peggio.
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