giovedì 4 novembre 2010

OBAMA SE VUOI SALVARE L ECONOMIA AMERICANA USA L ORDINE ESECUTIVO N 11110 DI JFK

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LA VERA SCONFITTA DI OBAMA? IL SUO BLA-BLA RETORICO CHE HA FATTO FELICI SOLO I GIORNALI LIBERAL MA NON HA FATTO RIPARTIRE L’ECONOMIA ORMAI SCHIACCIATA DALLA CINA, MAGGIOR CREDITORE DEGLI USA: “QUESTE UMILIANTI PERDITE SONO MIA RESPONSABILITÀ” - NEL 2009, I SUOI CONSULENTI (CHE NEL FRATTEMPO SE LA SONO DATA A GAMBE) GLI AVEVANO GARANTITO LA RIPRESA, CHE È STATA INVECE TROPPO LENTA - MANO TESA AI REPUBBLICANI, ANCHE SULLA RIFORMA SANITARIA - ORA BISOGNA VEDERE SE I SUOI AVVERSARI PREFERIRANNO BLOCCARE TUTTO E FARLO SPROFONDARE… Maurizio Molinari per "La Stampa"


OBAMA COMMUNIST Autocritica per la sconfitta, umiltà nell'affrontarne le conseguenze e mano tesa ai vincitori repubblicani per concordare iniziative capaci di rilanciare l'occupazione sostenendo le imprese. I messaggi che Obama recapita all'America.

Il presidente ha parlato per un'ora dalla East Room di una Casa Bianca assediata dai successi ottenuti dai conservatori nel voto di Midterm.

Dal balcone della East Wing si vedono gli striscioni colorati appesi sulla facciata della Camera di Commercio con quattro lettere stampate a caratteri cubitali: J-O-B-S ovvero «posti di lavoro». È il messaggio che racchiude la protesta degli oltre 36 milioni di cittadini che hanno votato contro i democratici in segno di protesta per le scelte economiche dell'amministrazione. Il nervosismo è palpabile oltre il cancello nero su Pennsylvania Avenue.


Obama Reggie Love, l'inseparabile bodyman del presidente, esce e rientra in continuazione con l'auricolare staccato mandando in tilt la sicurezza mentre il guru David Axelrod non riesce a celare la delusione sul volto e il portavoce Robert Gibbs non alza mai gli occhi dal Blackberry.

Nella Brady Room, la sala stampa, sullo schermo che dà in diretta le notizie sull'agenda del presidente i fatti sono datati fino al 1 novembre, dando l'impressione che dopo l'Election Day tutto è rimasto in sospeso. In effetti l'America aspetta le parole del presidente che ha perduto delle elezioni trasformatesi in referendum.


David Axelrod
Obama risponde arrivando puntuale alle 13 in una East Room gremita di reporter e telecamere. È vestito di grigio, parla a voce bassa, muove spesso le mani ed evita le battute. L'intenzione è incarnare sui teleschermi - tutti i maggiori network danno la conferenza stampa in diretta - l'immagine dell'umiltà. È lui stesso che lo dice, esordendo con «ci sono Election Nights che infondono energia e felicità e altre che si vivono con umiltà».


bush georgew 007Anche per questo ha scelto di indossare una cravatta rossa, il colore dei repubblicani che lo hanno battuto privando i democratici del controllo della Camera e guadagnando terreno al Senato grazie alla riconquista di distretti e collegi che lui aveva espugnato nel 2008. «Mi assumo le responsabilità di queste umilianti perdite - afferma con un inequivocabile mea culpa - perché in questi due anni non abbiamo fatto abbastanza progressi, gli elettori che mi avevano votato si aspettavano risultati che non si sono concretizzati».


John Boehner
Chiedendo scusa agli americani Obama punta a smentire l'immagine di presidente orgoglioso e altezzoso al punto da ignorare cosa avviene nel Paese. «Ho provato dolore per la sconfitta di tanti eccellenti deputati e senatori, a volte chi ricopre il mio incarico ha difficoltà a mantenersi in contatto con la gente, è già successo a Ronald Reagan e Bill Clinton dopo due anni di presidenza di essere puniti per come andava l'economia».

Nel parterre della East Room la percezione è che Obama sia pronto a fare qualsiasi ammissione pur di trasmettere nelle case la convinzione che ha compreso gli errori commessi, a cominciare dalla disoccupazione. «Se oggi fosse al 5 o 6 per cento la situazione sarebbe ben differente», sottolinea, con un implicito rimprovero a quei consiglieri economici che a inizio 2009 gli assicurarono la possibilità di creare in fretta posti di lavoro. «Ci sono mancati i risultati» ripete a più riprese, con voce sempre più tenue, guardando negli occhi il reporter che lo ha paragonato a George W. Bush, che perse Midterm nel 2006.


teaparty G È in tale cornice che il presidente tende la mano ai leader repubblicani, il deputato dell'Ohio John Boehner e il senatore del Kentucky Mitch McConnell: «Serve responsabilità in entrambi i partiti, nessuno ha il monopolio della saggezza, dobbiamo sederci in una stanza assieme e lavorare per risollevare l'America, per poter fare dei progressi entro il 2012».

Obama guarda alla sua destra il ritratto di Teddy Roosevelt - presidente repubblicano simbolo delle grandi riforme di inizio Novecento - e ammette che «senza i repubblicani al Congresso non si potrà fare nulla». I reporter lo incalzano con domande aspre sulle concessioni che è disposto a fare e Obama non si tira indietro.


Obama e il libro volante Incomincia dalla Sanità, la riforma a lui più cara che Boehner vuole smantellare: «Se i repubblicani suggeriscono delle modifiche positive sarò felice di considerarle, a cominciare dalle norme percepite dalle piccole aziende come un ostacolo alla conduzione dell'attività» e che frenano la creazione di lavoro.


JON STEWART E Barack Obama Sui tagli fiscali varati da Bush, e in scadenza a fine anno, ribadisce la volontà di rinnovarli per la classe media e aggiunge che «bisogna aiutare le imprese a investire» lasciando intendere di essere pronto a fare altrettanto per le aziende pronte ad assumere. Infine sulla spesa pubblica, che Boehner vuole tagliare con la scure, Obama riconosce che «la gente è preoccupata dal deficit» e invita a «compiere assieme delle scelte su dove tagliare».

Insomma, nessuna porta è chiusa ai repubblicani e il terreno di compromesso possono essere le misure per spingere le aziende a creare lavoro. E per ribadire che questa è la direzione termina parlando dell'imminente viaggio in Asia «dove andrò per aiutare le imprese ad entrare su nuovi mercati».

In attesa di sapere come i repubblicani reagiranno alla mano tesa, Obama ha dato una dimostrazione di cosa significa essere politicamente nati a Chicago, la città «con le spalle grosse» dove i leader sopravvivono alle crisi solo riuscendo ad essere degli ottimi incassatori di colpi.





BY DAGOSPIA

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