La campagna elettorale più costosa della storia si avvia all’epilogo. Tirate le somme dopo l’Election Day del 4 novembre, secondo le stime il conto finale per l’elezione del presidente degli Stati Uniti, di 35 senatori e di tutti i 435 deputati della Camera sarà di 5,3 miliardi di dollari, di cui 2,4 miliardi solo per la corsa alla Casa Bianca. [...]
Il totale della raccolta di fondi per le due campagne – presidenziale e per il rinnovo del Congresso – è stato stimato dagli esperti del Center for Responsive Politics (CRP). Una cifra enorme, se si pensa che è superiore al Pil di molti paesi del mondo. Nello stesso tempo, però, va messa in proporzione con la marea di soldi che si spostano in America anche in un’ epoca di crisi come quella attuale. Lo scorso San Valentino, per esempio, gli americani hanno speso assai più di 5,3 miliardi di dollari in rose e regali. E la Coca-Cola spende ogni anno in pubblicità 2,6 miliardi di dollari, più di quanto è costata la corsa alla Casa Bianca.
In ogni caso, si tratta di “una campagna destinata a passare alla storia da questo punto di vista”, come spiega Sheila Krumholz, direttrice del CRP. “Ci siamo meravigliati per anni – aggiunge – per il costo delle elezioni, specie quelle presidenziali, ma questa è la prima a superare i 5 miliardi”. Nel 2004, l’insieme delle campagne per Casa Bianca e Congresso fu finanziato con una raccolta di 4,2 miliardi di dollari. Stavolta solo i due candidati presidenti, Barack Obama e John McCain, hanno raccolto insieme un miliardo di dollari.
Obama si è rivelato una vera macchina da soldi, capace di trascinare i democratici anche nella raccolta finanziaria per le campagne elettorali di aspiranti senatori e deputati. Dai primi mesi del 2007, quando ha cominciato la propria corsa, fino alla metà d’ottobre, Obama ha raccolto oltre 630 milioni di dollari (ai quali si aggiungono quelli che sta rastrellando negli ultimi giorni, non ancora comunicati). Il senatore democratico è stato il primo candidato presidente dagli anni ‘70 – quando sono entrate in vigore le nuove leggi sul finanziamento della politica – a rinunciare ai fondi pubblici per gli ultimi due mesi di campagna, preferendo continuare a contare sulla propria rete di raccolta basata sul web e sulla mobilitazione di grandi finanziatori.
McCain, invece, ha raccolto in tutto 358 milioni di dollari, inclusi gli 84 milioni ricevuti dal governo federale per gli ultimi due mesi. Un punto di forza della campagna di Obama, piu’ volte lodato dai suoi collaboratori, è l’aver mobilitato milioni di persone che hanno fatto piccole donazioni. Ma il senatore democratico non avrebbe mai raggiunto le proprie cifre record senza i grandi finanziatori e l’analisi dei suoi bilanci lo rivela.
Obama per legge deve comunicare l’identità di ogni sostenitore che abbia versato più di 200 dollari e dai dati emerge che a spostarsi verso il democratico sono stati anche i colossi di Wall Street che un tempo erano finanziatori privilegiati dei repubblicani. Goldman Sachs, per esempio, è risultata la più generosa con Obama: 740.000 dollari, contro i 220.000 per McCain, provenienti non dalla società in quanto tale, ma da donazioni dei singoli manager del colosso finanziario o da gruppi privati di azione politica (i cosiddetti PAC) interni. Ha aiutato, da questo punto di vista, il fatto che il principale consigliere economico di Obama, Robert Rubin, sia ex presidente di Goldman Sachs, oltre che attuale dirigente al vertice di Citigroup.
Se da Goldman Sachs sono partiti circa 5 milioni di dollari destinati a politici in corsa per la Casa Bianca o il Congresso, Citigroup si è piazzata al secondo posto tra i finanziatori della politica con 4,2 milioni, seguita da JP Morgan Chase. E anche qui, come in casa di Morgan Stanley e della defunta Lehman Brothers, Obama ha battuto di gran lunga McCain.
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