GIANNI AGNELLI ERA DAVVERO UN TIPINO ELEGANTE? COME NO, ERA ‘ESTERO-VESTITO’… - dal patrimonio dichiarato all’estero I controlli del Fisco sui redditi di MR. FIAT - Punto chiave (da scardinare) la fondazione Alkyone con sede in Lichtenstein - “MI OFFENDONO”: Il carteggio INFUOCATO Tra MARGHERITA E GABETTI E GRANDE STEVENS - CHI è L’EREDE dELL’AVV.? Gabetti glissa - Grande Stevens tassativo su John Elkann
Mario Sechi per Libero
C'è lo scudo e anche lo spadone. Il Fisco è armato di tutto punto per combattere l'evasione, il problema semmai è quello di scendere sul campo di battaglia. Il governo punta a far rientrare i capitali e nello stesso tempo colpire chi quei capitali li ha tenuti all'estero per non pagare le tasse in patria.
MARGHRITA AGNELLIL'eredità Agnelli rischia di diventare un caso da manuale perché è finita sotto la lente dell'Agenzia delle Entrate dopo che la guerra in famiglia ha acceso un faro sui beni all'estero dell'Avvocato, che non erano compresi nel testamento.
Una sorpresa non solo per Margherita Agnelli, la figlia di Gianni, definita da Umberto «l'unica erede», ma anche per il Fisco. Due miliardi di euro detenuti oltreconfine sono una cifra enorme, una valanga di soldi che probabilmente senza la disputa familiare sarebbe rimasta nei caveau segreti di qualche paradiso fiscale e nelle scatole cinesi che l'ingegneria finanziaria progetta proprio a questo scopo. Ma così non è stato e oggi la macchina del fisco lavora a pieno regime per ricostruire i passaggi patrimoniali e reddituali dell'Avvocato e delle sue società.
La storia
Gianni Agnelli prima, e dopo la sua morte i suoi fedelissimi collaboratori Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti, curavano il patrimonio di una fondazione con sede a Vaduz, in Lichtenstein, la ormai celeberrima Alkyone. Il primo punto da appurare è se la fondazione sia un semplice castello di carte, tipico delle "estero-vestizioni".
Il Fisco dovrà accertare preliminarmente questo punto. Agnelli non risiedeva certo all'estero, ma sulla verdeggiante collina torinese, era pure senatore a vita. Marella risiedeva in Svizzera, ma dalle carte dei professionisti la preoccupazione - come rivelato da Libero - era grande visto che si scrivevano memorie tecnico-giuridiche perfino sulla presenza in Italia dei cani e della servitù.
Dalla lettura delle carte e dalle dichiarazioni di Margherita Agnelli, dai memoriali, emerge che il patrimonio di Alkyone è nella piena disponibilità dell'Avvocato e dei suoi collaboratori italiani. La fondazione dunque non è autonoma, continua a dipendere dalle volontà degli stessi soggetti che l'hanno creata. Soggetti italiani.
È chiaro che il Fisco di fronte a una situazione di questo tipo ha il dovere di indagare e cercare la prova. Se l'Agenzia delle Entrate accerterà che siamo di fronte a un caso di "estero-vestizione" e dunque smonterà il castello di carta, a quel punto il passaggio sul Modello Unico dell'Avvocato e in particolare sul temutissimo quadro RW sarà automatico.
MARGHERITA AGNELLI E FIGLIE - Copyright PizziLa svolta
Uno snodo fondamentale di questa intricatissima matassa diventerà appunto il Modello Unico, l'evoluzione del 740, il tirannosaurus rex del Jurassic Park fiscale. Perché il quadro RW è così temuto? Fondamentalmente perché costringe il contribuente a esporre in pubblico - cioè allo Stato - i suoi beni e movimenti di capitali all'estero. Figlio del patto di Maastricht e della globalizzazione dei mercati finanziari, il quadro è un semplice elenco che condensa il patrimonio e i redditi oltreconfine.
La sua finalità teorica è chiara: serve a evitare occultamenti di ricchezza e di imponibile oltre che a scoraggiare l'esportazione di valuta. Se gli elementi indicati non corrispondono alla realtà, scatta l'accertamento, con tanto di sanzioni e interessi.
Ecco l'undicesima domanda di Libero: Agnelli quel quadro l'ha mai compilato?
Le lettere di Margherita: «Mi offendono»
Il carteggio fra la figlia dell'Avvocato e i due manager di famiglia. Lei si lamenta: mi hanno trattato male e non ho ricevuto risposte chiare sulla volontà di mio padre, Gabetti glissa e delega la seccatura, Grande Stevens tassativo sulla designazione di John Elkann
Dal libro (mai pubblicato da Longanesi) di Gigi Moncalvo - da Libero
Margherita e Gabetti si sono incontrati per la prima volta nel 1972, qualche tempo prima che l'Avvocato gli affidasse un ruolo nel gruppo. Lei aveva quasi diciassette anni, Gabetti era andato a casa Agnelli a colazione con la moglie. Doveva prendere il posto di Bobbio all'IFI come amministratore.
famiglia agnelli«Si è infilato a poco a poco in tutti gli interstizi che individuava o che si aprivano per una ragione o per l'altra. Ai tempi del lungo regno di Cesare Romiti penso che lui e Gabetti si odiassero e ancora si odino. Gabetti era pià addentro agli affari di Famiglia, mentre Romiti ha sempre creato un muro invalicabile tra la Fiat e la Famiglia.
Gabetti per più di venticinque anni si è occupato di affari di famiglia, non ci sono dubbi. Ricordo un episodio. Nel '96-'97 chiesi a mio padre: "Forse sarebbe il caso che io sapessi come stanno le cose nella nostra famiglia dal punto di vista patrimoniale. Papà, non sarebbe utile se potessi avere qualche informazione?".
"Va' a parlarne con Gianluigi, con Gabriele (Galateri di Genola), con Franzo (Grande Stevens)", mi rispose. "Sono loro ad occuparsi di questi affari. Cerca di vederli uno alla volta, fai i confronti con quello che ognuno di loro ti dice, e ri torna da me che ne parliamo"».
Gigi Moncalvo e moglie - copyright PizziTorniamo ai momenti successivi all'infuocata seduta dal notaio. Due giorni dopo Margherita scrive una lettera a Gabetti e Grande Stevens. Usa un sistema che irrita molto i due "grandi vecchi". Indirizza la lettera al notaio Morone, affinché ne abbia una copia e la trasmetta ai due destinatari.
Scrive al notaio
"Questa lettera è per me il modo di dirvi tutto il mio stupore dinnanzi a tanta incomunicabilità. Prima di venire alla riunione del 24 febbraio scorso presso il notaio Marone, espressi chiaramente al dottor Gabetti la necessità di comprendere appieno ogni aspetto del testamento di mio padre, e che non avrei voluto firmare alcun documento o prendere atto formale di qualsiasi cosa sinquando questa chiarezza non fosse serenamente presente.
Come prevedevo, alcuni aspetti non mi erano chiari. La lettera scritta a Monaco non è stata qualificata come testamento per delle ragioni che non so. Le disposizioni spiegatemi telefonicamente non erano le stesse che furono applicate successivamente. Quando mi sono azzardata a ribadire che, proprio per evitare confusione, avevo bisogno di quel minimo di tempo per poter capire, a quel momento mi sono trovata di fronte ad una tale violenza che per me è andata al di là dell'accettabile.
Ho saputo poi che voi vi eravate parlati, avete avuto il modo e il tempo con mia madre e con John di spiegarvi del perché e del percome di queste modifiche. Per di più, dottor Gabetti, lei si è permesso di offendere quel che in me è stato ed è il sentimento più sacro: l'amore per mio padre. In nome di questo le ho chiesto più volte di darmi gli elementi attendibili affinché io fossi in misura di comprendere, ma questo lei non me lo ha mai concesso nemmeno ieri.
Vi porgo i miei migliori saluti grata per l'attenzione e l'effetto che mi dismotrate nel ricordo di mio padre.
Margherita Agnelli de Pahlen".
La lettera è durissima. La tesi di Margherita si scontra con la assoluta contrarietà di Gabetti. Margherita aveva manifestato questo suo dissenso e ora lo ribadisce. E' ancor più sospettosa. Vuole chiarezza anche sulla volontà di Gabetti di ignorare la lettera a fini successori, e si chiede: come è possibile che prevalga la volontà di Gabetti su quella espressa, nero su bianco, dall'Avvocato? Ma che cosa è stato modificato e perché? Quali sono i motivi per cui Margherita on viene informata né consultata prima di apportare queste "modifiche"?
Gabetti Grande StevensDopo 15 giorni
solo il 9 marzo, quindi ben undici giorni dopo, il diretto interessato risponde con quella che è la sua unica e ultima lettera a Margherita. La risposta di Gabetti è scritta col computer su carta intestata personale. Nel corso della lettera per ben cinque volte, parlando di Margherita, Gabetti usa l'abbreviazione "M.A.d.P.", come se si trattasse della sigla o del logo di una società.
"Contessa Margherita Agnelli de Pahlen
Con grande dolore ho letto il messaggio datato 26 febbraio pervenutomi soltanto la sera del 6 marzo. Al dolore si unisce lo sgradevole ricordo della riunione del 24 febbraio, che si era peraltro svolta nel rispetto scrupoloso delle procedure notarili nonché delle norme dello Staturo della Scoeità Dicembre.
In conclusione della riunione si prese atto che il contenuto del documento olografo redatto a Monaco dall'Avvocato, pur manifestando una volontà precisa, non poteva avere esecuzione testamentaria. D'altro canto Donna Marella, nell'intento di rispettare le volontà espresse in quel documento, e più volte ribadite dall'Avvocato sia all'Avv. Grande Stevens che al sottoscritto, decise di donare al nipote John a carico della propria quota personale, una quota della Società Dicembre quasi equivalente alle quote già di pertinenza dell'Avvocato stesso.
agnelli, 1986In quel momento, credendo, forse ingenuamente, di interpretare il pensiero di tutti i presenti, dissi che potevamo prendere atto con soddisfazione che venivano in tal modo ad essere rispettate per intero tutte le volontà dell'Avvocato in questa materia.
Ricordo benissimo che, avendo riscontrato qualche perplessità da parte di M.A.d.P., spiegai attentamente alla stessa come l'intervento di Donna Marella non ledesse minimamente gli interessi di M.A.d.P..
Come tutta risposta M.A.d.P. passò da un atteggiamento di perplessità alla aperta dichiarazione di avere dei sospetti. E poiché non posso accettare di essere oggetto di sospetti mi sentii profondamente offeso e umiliato, anche di fronte al Notaio (che è Pubblico Ufficiale), colpito proprio nei valori ai quali ho uniformato la mia vita personale e professionale.
Non dissi nulla di tutto ciò e mi limitai a dichiarare che da parte mia intendevo con la mia firma dare atto che le volontà dell'Avvocato erano state adempiute. Non feci commento alcuno e lasciai la riunione fortemente turbato. E' addirittura inconcepibile che io intendessi in qualsiasi modo offendere i sentimenti di M.A.d.P. per il proprio Padre (un Uomo al quale, per parte mia, ho dedicato per oltre trent'anni qualcosa in più di un semplice rapporto di lavoro). Se il mio atteggiamento è stato interpretato diversamente da M.A.d.P.me ne dolgo sinceramente.
Alla luce di questa sorprendente esperienza non mi rimane che sperare che i più giovani collaboratori (Siegfried Maron e Gianluca Ferrero) che si occupano di questa pratica possano riscuotere miglior riguardo di quello riservato al sottoscritto e diventare un presidio prezioso di tutela degli interessi della Famiglia Agnelli.
In silenzio, se necessario, la mia lealtà non verrà mai meno, nel ricordo indelebile dell'Avvocato.
Gianluigi"
Le sue squadre
Margherita capisce che ormai la sua famiglia è divisa in due spezoni: da una parte c'è lei sola e dall'altra il quartetto Gabetti-Stevens-Marella-John.
Questa lettera di Gabetti è molto importante anche da altri punti di vista, soprattutto perché continua a non portare quella chiarezza tanto invocata da Margherita.
Le risposte, anche in questo caso, non vengono date. Per esempio, sulla "Dicembre" Gabetti evita di dare spiegazioni e mette invece dei punti fermi dando per acquisite e immodificabili decisioni che sarebbero state prese e che Margherita seppure attenta e tutt'altro che sprovveduta, non si è accorta siano state assunte. Gabetti peraltro non nega di sapere che Margherita era contraria, ma sembra che non ne fosse preventivamente informato.
Gabetti glissa ma non può evitare la risposta più difficile di fronte al passaggio più indignato e scabroso, per lui, della lettera di Margherita. Quello in cui lei chiede conto delle parole da lui pronunciate davanti al notaio: "Lei non è degna di essere la figlia di suo padre! Non essendo degna non può capire la volontà di suo padre. Ma io che la so, firmo".
Assistiamo al rovesciamento della situazione da parte di Gabetti: è lui piuttosto ad essere offeso e di dolersi.
Tuttavia "alla luce di questa sorprendente esperienza" non gli rimane che passare la patata bollente "ai più giovani collaboratori che si occupano questa pratica" nella speranza che "possano riscuotere miglior riguardo di quello riservato al sottoscritto e diventare un presidio prezioso di tutela degli interessi della Famiglia Agnelli".
L'altro protettore
La risposta di Grande Stevens arriva il giorno dopo quella di Gabetti.
"Gentile Margherita,
Gianluigi mi ha passato copia della Sua lettera datata 26 febbraio 2003 e pervenutagli il 6 marzo successivo, indirizzata anche a me.
Grazie, anzitutto, della Sua bella frase finale: Suo padre è stato (come per Gianluigi) una delle persone più importanti della mia vita e per la quale ho avuto ed avrò sempre un sentimento di affettuosa gratitudine.
La sua figura sarà accanto a me finché vivo così com'è stato in quarant'anni di consuetudine di lavoro e di sodalizio intellettuale.
Mi spiace che Lei abbia la sensazome che non Le sia stato detto tutto ed in modo da assicurarsi che Lei avesse ben compreso. Sono, naturalmente, a Sua disposizione (occorrendo, anche venendo da Lei) per rispondere ad ogni Sua richiesta.
Frattanto ricordo che Suo padre (seguendo il paradigma del nonno con Lui) aveva scelto John come il Suo successore, negli affari aziendali e nella famiglia, perché - sono le Sue parole - bisogna che a decidere e comandare sia uno solo alla volta.
Per questa ragione, asuo tempo (il 10 aprile 1996) gli aveva attribuito per il 25% in nuda proprietà dela capitale della società Dicembre s.s. riservanto a sé stesso l'usufrutto, ed aveva manifestato a Gabetti ed a me che desiderava che la Sua quota (anch'essa del 25% circa) alla sua morte andasse a John.
Questo lo aveva scritto anche nella lettera di Monaco (17 luglio 1996) prima di sottoporsi ad un'operazione chirurgica.
Tuttavia questo Suo desiderio, ripetutamente e così chiaramente manifestato, non era vincolante giuridicamente perché:
a) una clausola dello statuto della società semplice (l'art.9) - introdotto per ragioni fiscali perché soltanto recentemente è stata abolita in Italia la tassa di successione - imponeva che la quota del socio defunto si consolidasse nella società statte (la quale aveva soltanto l'obbligo di rimborsare gli eredi - Sua mamma e Lei - del suo valore nominale e, pertanto il capitale della società Dicembre apparteneva per un terzo a ciascuno dei tre soci superstiti (Sua madre, Lei e John);
b) suo padre aveva successivamente deciso di lasciare la sua quota del 25% a Edoardo, se non fosse sopraggiunto il noto tragico evento.
edoardo agnelliCiò premesso si sarebbe potuto - se si voleva dar corso ai desideri di Suo padre -
a) far donare da Sua madre e da Lei una parte delle loro quote a John;
b) lasciare invece - com'è apparso più giusto per Lei che è giovane ed ha una grande famiglia - che Lei incrementasse la Sua quota di capitale nella società Dicembre (dal 25 al 33% circa e ricevesse inoltre la metà di quanto la società deve versare alle due eredi per il consolidamento della quota di Suo padre);
c) lasciare che Sua madre decidesse a Suo piacimento - come ha fatto - una donazione di parte della sua quota a John.
Se non sono stato chiaro mi consideri a Sua disposizione per parlarne e darLe ogni spiegazione.
Ho ricevuto da Suo padre anche il gesto di fiducia della nomina ad esecutore testamentario ma, come Le dissi ed è già capitato in altre occasioni, non penso che sia necessario che io assuma questo ruolo quando in una famiglia vi sia armonia ed affetto e tutto si risolva in questo spirito tra i familiari.
Resto a disposizione e La saluto con grande cordialità.
Avv. Franzo Grande Stevens".
Anche qui, si deve registrare un nuovo aggiramento del cuore del problema. Ma Grande Stevens aggiunge qualcosa di molto importante: "Suo padre aveva deciso di lasciare la Sua quota del 25% a Edoardo, se non fosse sopraggiunto il noto tragico evento".
D'accordo è sopraggiunto il tragico evento, ma ciò che prevale, e viene continuamente invocata, è "la volontà dell'Avvocato". E dunque se egli, successivamente alla lettera di Monaco del 196, aveva deciso di lasciare il suo 25% a Edoardo, questo significa che Margherita e Marella, essendo le due uniche eredi, hanno diritto a questa quota, divisa a metà per ciascuna, cioè il 12,5% in aggiunta alla quota di cui già sono titolari.
by dagospia
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