domenica 16 agosto 2009

predica bene e razzola male caro d alema

AVVISO A I NAVIGANTI: C’È UN “PANORAMA” BURRASCOSO PER IL MARINARETTO D’ALEMA - L’EX RE DELLA SANITÀ PUGLIESE CAVALLARI ACCUSA: “IO CONSEGNAI PERSONALMENTE A - D’ALEMA 20 MILIONI IN CONTANTI IN UNA BUSTA BIANCA DURANTE UNA CENA A CASA MIA” - “MA NON FINÌ LÌ. SUCCESSIVAMENTE GLI FECI AVERE ALTRE TRANCHE: IN TUTTO 80 MILIONI” - LA PRIMA SANITOPOLI PUGLIESE SCOPPIÒ NEL 1994: 30 IN GALERA, TRUFFA DA 87 MILIARDI

img

Giacomo Amadori per Panorama

Il governatore della Puglia Nichi Vendola venerdì 7 agosto, incupito per un articolo di Panorama, ha lanciato una «fatwa» contro il pm Désirée Digeronimo, colpevole di indagare sulla sua giunta e il suo partito, Sinistra e libertà.

In una lettera aperta l'ha «ricusata», compitando le ragioni della presunta incompatibilità. Ha poi tracciato i confini che il magistrato non deve travalicare. Una reazione ruvida a una situazione a cui i politici di centrosinistra non sembrano abituati.

vendola

Anzi, con questi uffici (gli stessi che hanno dato la «scossa» preannunciata da Massimo D'Alema su escort e Silvio Berlusconi) il centrosinistra in passato si è trovato in sintonia. Tanto che più di un magistrato pugliese ha fatto il gran salto passando alla politica.

Gli esempi non mancano: Alberto Maritati e Gianrico Carofiglio, oggi senatori del Pd, o Michele Emiliano, sindaco di Bari. Una campagna acquisti nel segno di D'Alema, amico ed estimatore di alcuni pm che ben conosce, anche perché l'ex premier in Puglia è stato iscritto sul registro degli indagati per finanziamento illecito, indagine poi archiviata.

vendola-la direttrice ASL di bari Lea Cosentino

I contatti con le toghe risalgono alla prima sanitopoli pugliese, che nel maggio 1994 portò in prigione una trentina di persone, accusate di una truffa stimata in 87 miliardi di lire e di falso ai danni della regione. Tra loro Francesco Cavallari, ex informatore medico divenuto un re Mida delle cliniche private pugliesi.

La nuova sanitopoli barese ha somiglianze con quell'inchiesta, i meccanismi paiono analoghi e qualche personaggio ricompare. Dal suo buen retiro caraibico Cavallari oggi ci rimugina sopra.

L'imprenditore, dopo avere terminato la sua via crucis processuale con condanne e assoluzioni, dal 2005 si è trasferito a Santo Domingo, dove fa il consulente per un paio di strutture sanitarie e percepisce una pensione di 1.700 euro.

Dalle spiagge di La Romana segue con attenzione questo déjà vu e non si stupisce. All'epoca ammise di avere pagato tangenti «a tutti i partiti, dal Pci al Msi»: il computo finale fu di 4,5 miliardi di lire, cifre annotate nelle sue agende consegnate proprio a Maritati.

«Il magistrato pensava che avessi un tesoro all'estero, ma io ho dato prova certa di quelle dazioni: uscivano dall'azienda attraverso false fatturazioni» racconta Cavallari, 71 anni. «Pagavo in continuazione, per le campagne elettorali e prima di ogni delibera a me favorevole, soprattutto gli amici socialisti». Senza contare le decine di assunzioni che fece su segnalazione dei politici.

MICHELE EMILIANO - SINDACO BARIMICHELE EMILIANO - SINDACO BARI

In 12 anni quel sistema gli agevolò l'apertura di dieci cliniche, alcune tra le più grandi d'Europa. Strutture applaudite dai luminari dell'epoca. Forse per questo l'uomo non sembra pentito né rancoroso: «Era una classe dirigente più seria, c'era maggiore moralità. Io alle feste offrivo Coca-Cola, non cocaina».

Dopo l'arresto di Cavallari inizia una caccia alle tangenti che colpisce molti e salva pochi. «In quell'occasione vennero ingiustamente coinvolte persone perbene come Rino Formica e Vito Lattanzio» sostiene ora Cavallari, che nei suoi verbali citò moltissimi politici: «Ne rimasero coinvolti una sessantina. Tra loro c'era anche il socialista Alberto Tedesco».

Cioè l'ex assessore alle Politiche sanitarie di Vendola ora accusato dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari di corruzione, turbativa d'asta, truffa e associazione per delinquere.

«All'epoca i magistrati mi chiesero anche di lui e, a mio parere, la sua posizione era più delicata di quella di altri politici finiti in manette. Ma non venne indagato. Io non mi spiego la decisione dei pm».

ALBERTO TEDESCO

Secondo Cavallari, Tedesco era il referente di un noto parlamentare socialista, Claudio Lenoci. «Alla vigilia della campagna elettorale del 1992 mi disse: "Domani devi portare 400 milioni per il mio deputato di riferimento" e io obbedii. Mi risulta che quell'onorevole abbia ammesso e patteggiato la pena a Roma».

L'ultimo «contributo» a Tedesco Cavallari lo avrebbe versato prima delle elezioni del 1994: «Ricordo che gli diedi 40 milioni a pochi mesi dal mio arresto». Ma c'erano anche altri aiuti, del tipo di quelli oggi al centro dell'indagine del pm Digeronimo: «Quando aprii la casa di cura Villa Bianca, un gioiello della cardiochirurgia, Tedesco mi mandò il fratello che rappresentava alcune aziende di apparecchiature e materiale sanitario. Era una segnalazione che non si poteva rifiutare».

La D'Addario sul lungomare di Bari

Le accuse di Cavallari oggi potrebbero suonare come una vendetta, anche perché Tedesco, dopo l'arresto del re Mida, venne nominato assessore alla Sanità e bloccò i pagamenti alle Case di cura riunite dell'imprenditore: «In quel momento ero un appestato, non poteva fare diversamente. Per fortuna, proprio un mese fa, la Corte d'appello di Bari ha stabilito che la Regione Puglia mi deve restituire 67 miliardi di lire di prestazioni, dalle tac alle risonanze magnetiche ingiustamente non rimborsate. Io pagavo tangenti, però lavoravo davvero».

D'ALEMA SI LISCIA IL BAFFINO - copyright Pizzi

Maritati fece arrestare alcuni politici presumendo che «non potevano non sapere», mentre per altri chiese l'archiviazione essendo prescritto il reato di finanziamento illecito dei partiti. Tra i sommersi c'erano Formica e Lattanzio, tra i salvati D'Alema.

Il gip Concetta Russi scrisse nelle motivazioni del proscioglimento: «La corresponsione di un contributo di 20 milioni in favore del Pci ha trovato sostanziale conferma (...) nella leale dichiarazione dell'onorevole D'Alema, all'epoca dei fatti segretario regionale del Pci».

Cavallari ricorda altre cifre: «Io consegnai personalmente a D'Alema 20 milioni in contanti in una busta bianca durante una cena a casa mia. Ma non finì lì. In altre due occasioni gli diedi due finanziamenti da 15 milioni che gli portai al consiglio regionale. Successivamente gli feci avere altre due tranche sempre da 15: in tutto 80 milioni di lire».

Rino Formica

Ma nell'inchiesta si è sempre parlato solo di 20 milioni... Cavallari afferma: «Nell'agenda inizialmente annotai il nome "D'Alema" poi, vista la cresciuta confidenza, lo indicai come "Massimo". Maritati non mi ha creduto».

I rapporti fra Cavallari e l'ex premier iniziano a metà degli anni Ottanta e durano diversi mesi. «Fu Antonio Ricco, commercialista e direttore generale delle mie cliniche, oggi consulente personale del sindaco Emiliano (Ricco è indagato per corruzione in un'inchiesta sulla costruzione del centro direzionale San Paolo, ndr), a presentarmelo: andava in giro a chiedere soldi per conto del Partito comunista».

Cavallari incontrò il funzionario più volte: «Io, nel chiarire la mia posizione a Maritati, spiegai che D'Alema mi era stato molto utile nei rapporti con la Cgil. Dal momento in cui sono iniziate le dazioni di danaro io non sono più stato attaccato violentemente dal sindacato, il rapporto è diventato più collaborativo e garbato. Una volta, a Roma, D'Alema sottolineò questi progressi, ma mi raccomandò un atteggiamento più dialogante nei confronti del sindacato rosso e non solo verso Cisl e Uil».

Un discorso che per gli avvocati di Cavallari prefigurava altri reati oltre al finanziamento illecito. Maritati fu di diverso avviso. Quattro anni dopo, il 30 giugno 1999, il magistrato viene eletto senatore e il 4 agosto è nominato sottosegretario all'Interno del primo governo D'Alema.

D'Alema in barca

Nel frattempo Cavallari venne condannato a 18 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa: «Non potevo reggere oltre, ero già stato operato al cuore: patteggiai». Fu l'unico condannato su un'ottantina di imputati.

Per l'ex re della sanità pugliese l'accusa di mafia resta indigesta: «Assumevo ex detenuti o i loro familiari per non saltare in aria. Che vantaggi avevo? La quiete». Per i magistrati, invece, i dipendenti «mafiosi» intimidivano il sindacato, anche se non ci sono state condanne. I carabinieri segnalarono episodi di tensione nell'azienda. «Macché minacce, mi sono salvato dalla Cgil grazie a D'Alema!» dice Cavallari.

Le coincidenze tra ieri e oggi non sono finite. Dalla memoria riemerge anche la figura di una affascinante ragazza bionda: «Io quella Patrizia D'Addario (la escort che ha raccontato di incontri con Berlusconi, ndr) l'ho conosciuta. Me la presentò un giornalista con cui si accompagnava. Mi chiese di poter intrattenere i nostri ammalati con giochi di prestigio. Era una brava prestigiatrice, molto bella e di classe. Ma il direttore sanitario mi sconsigliò l'iniziativa». La ribalta, Patrizia, la conquisterà vent'anni dopo.

by dagospia

Nessun commento:

Posta un commento