di Diego Verdegiglio
Alla fine di giugno 2007 l’Ansa ha reso pubblico un test di tiro effettuato presso l’Arsenale Militare di Terni tendente a dimostrare l’impossibilità che Lee Harvey Oswald, usando un Mannlicher Carcano 91/38 calibro 6,5 prodotto nel 1940 nella città umbra, possa aver da solo assassinato il Presidente Kennedy a Dallas il 22 novembre 1963. Mi sono lungamente occupato di questa vicenda, sulla quale ho scritto il libro Ecco chi ha ucciso John Kennedy (Mancosu Editore, Roma, 1998). Penso perciò che le affermazioni del giornalista dell’Ansa Claudio Accogli e del Tenente Colonnello Benigno Riso di Terni, riprese dai più importanti organi di informazione italiani e stranieri, meritino una seria analisi, per la quale ho chiesto la collaborazione del perito balistico dott. Vero Vagnozzi di Roma.
In corsivo potete leggere quanto Accogli e Riso dicono nei filmati resi pubblici sul sito www.ansa.it; a ogni affermazione segue un mio commento.
1) La pallottola camiciata Full Metal Jacket calibro 6,5 del fucile italiano è chiamata "pallottola umanitaria" per la sua stabilità e per la scarsa lesività quando impatta esseri viventi. Normalmente attraversa il corpo da parte a parte e fuoriesce senza provocare grandi danni. Quel fucile era del tutto inadeguato per un attentato del genere.
Questo non è vero. L’esperto balistico dell’FBI Robert Frazier, che usò il fucile di Oswald per la Commissione Warren, dichiarò sotto giuramento che "non vi era bisogno di un particolare addestramento per sparare con un fucile dotato di mirino ottico. Era un’arma adatta a quell’attentato" (Warren Commission Hearings Vol. III, pp. 411, 413). Nel mio libro riporto diverse testimonianze autorevoli che si esprimono in questo stesso senso: "Il moschetto 91/38 - scrive il giornalista Alberto Provantini - è tuttavia un fucile di grande precisione. Ancora oggi è un’arma che, nelle mani di un abile tiratore, è capace di colpire un pacchetto di sigarette a mille metri di distanza, soprattutto se il mirino a traguardi è stato sostituito da un cannocchiale". Aggiunge John Weeks, autore di libri sulle armi: "Citeremo anche un esperimento di alcuni anni fa in cui il ’91 di serie 1936 battè il Garand (all’epoca il Garand era ritenuta a torto un’arma superiore, N.d.R. ), provando con ciò che la cartuccia 6,5 era più che letale se usata in maniera adeguata. Non solo, ma provando anche che, in quanto a precisione, un Carcano valeva qualsiasi altro fucile della sua categoria, e forse più". Un critico complottista della prima ora, Harold Weisberg, è costretto a convenire che "non c’è motivo di dubitare che quel buon vecchio ’91 da dieci dollari riuscisse a fare con precisione il suo dovere".
Io non ho mai sparato con fucili in vita mia, né ho svolto il servizio militare. Tuttavia, grazie alla cortesia del dottor Martino Farneti, allora Direttore della Sezione Ricerche Balistiche della Polizia Scientifica Criminalpol di Roma, ho potuto provare nel 1996 a sparare con un ’91 senza telescopio (e poi con un calibro 22 con ottica) centrando tre sagome alla distanza di venticinque metri, da posizione seduta. Identiche valutazioni positive sull’arma dettero all’epoca due istruttori al tiro del Corpo dei Marines, il maggiore Eugene D.Anderson e il sergente maggiore James A. Zahm. Analoghe opinioni, dopo un test in poligono, hanno espresso i periti balistici Robert A. Frazier dell’FBI e Ronald Simmons del Laboratorio di Ricerche per le Armi di Fanteria dell’Esercito americano (Testimony of Ronald Simmons, WC Hearings. Vol. III, pp. 442-43). Nel 1967 la CBS ha costruito un bersaglio scorrevole su binario a 17 chilometri orari, con le angolazioni e le distanze corrispondenti a quelle di Dallas. È risultato un tiro difficile, ma non impossibile. Oswald era un buon tiratore militare, che si esercitava di continuo a manovrare l’arma espellendo a vuoto cartucce, come ha testimoniato sua moglie Marina (Testimony of Marina Oswald, WCH, Vol. I, pp. 54, 65; HSCA Vol. II, pp. 229-231). Si deve essere capaci di ricaricare l’arma dopo ogni colpo senza staccare la guancia dal calcio e l’occhio dal reticolo del telescopio, come mi ha confermato Vero Vagnozzi.
2) Il Carcano sarebbe stato acquistato da Oswald nel marzo 1963, pochi mesi prima del delitto.
Il condizionale usato dal giornalista dell’Ansa la dice lunga sulla sua pregiudiziale diffidenza per le inchieste che provarono senza ombra di dubbio l’acquisto del fucile per posta, sotto falso nome, da parte di Oswald, quando neanche Kennedy aveva ancora minimamente pensato di recarsi in Texas in novembre. Oswald fu assunto il 15 ottobre, quando nemmeno si sapeva se ci sarebbe stato un corteo per le vie di Dallas.
3) Poteva il Carcano di Dallas esplodere tre colpi in così poco tempo?
Numerose furono le ricostruzioni del delitto compiute in Italia e all’estero e riportate dalla stampa subito dopo l’attentato. In quasi tutti i casi i tiratori riescono a stare negli otto secondi attribuiti ad Oswald. In tutte le prove balistiche Antonino Cascino, un ufficiale del regio esercito che per primo scrisse dei trattati di balistica sperimentale sul Carcano 91, arriva a calcolare una cadenza di tiro di circa due secondi per ogni colpo.
4) Il Tenente Colonnello Riso dichiara all’Ansa: «Ho preso il 91/38 e gli ho applicato l’ottica molto alta per consentire l’inserimento del caricatore. Abbiamo incontrato alcune problematiche: l’ottica così montata non ha una posizione ergonomicamente corretta per consentire uno sparo mirato al bersaglio. Crea problemi sia di caricamento sia di incameramento della munizione, in quanto interferisce tra la leva di armamento e l’ottica durante la manovra. Il nostro tiratore, come abbiamo visto, ha avuto difficoltà nella fase di armamento a causa dell’ingombro dell’ottica. Il tempo necessario per esplodere i tre colpi è certo superiore ai sette secondi».
Con l’arma di Oswald o repliche della stessa, e con l’ottica montata nello stesso modo e con un supporto analogo, sono state fatte decine di prove senza che si presentasse nessun inconveniente per l’azionamento dell’otturatore e la messa a segno delle palle su bersagli nei circa 8" attribuiti ad Oswald. Come giustamente nota Vagnozzi, ai fini della prestazione, è assolutamente ininfluente l’eventuale scomodità di caricamento dell’arma a causa del supporto dell’ottica, in quanto il caricamento dell’arma da parte di Oswald non rientra nei tempi di calcolo previsti per la sua prestazione di tiro. L’enciclopedia online Wikipedia, alla voce "Carcano Mod. 91", dà una cadenza di tiro mirato di 15 colpi al minuto, ossia (esattamente come a Dallas) uno ogni 4 secondi, come fece Oswald. La qualità del tiratore di Terni è inoltre molto scadente, per il tiro rapido con il 91.
5) Il colonnello Micheli dichiara: «Il fucile di Oswald ha numero di matricola C2766. Contrariamente a quello in uso in altri eserciti del mondo, questa matricola non è riportata sulla culatta ma è immatricolata sulla canna. È strano, perché la canna è una parte di ricambio. Quando viene cambiata la canna non si rimette la stessa matricola, ma si cambia numero di matricola». Claudio Accogli aggiunge: «Nel rapporto del Sifar, ordinato da Andreotti e inoltrato agli americani, sembra che il fucile ritrovato a Dallas sia diverso da quello spedito da Terni».
La matricola è segnata sulla canna, non sarà usuale, ma non è misteriosa. La cosa strana è che il giornalista Accogli getti lì un sospetto sul Sifar, sull’allora Ministro della Difesa Giulio Andreotti, sulla CIA in merito al tipo di fucile italiano esportato negli Stati Uniti: il rapporto parla di un arma Mannlicher Carcano 6,5 che sembrerebbe un ex calibro 7,35 con la canna ricalibrata, ma non vi è nessuna prova che lo sia. Tuttavia il C2766 è lo stesso fucile spedito dall’Italia, acquistato da Oswald, trovato al sesto piano del deposito e che aveva sparato sull’auto di JFK, «a esclusione di ogni altra arma» (WR, p. 85).
6) Claudio Accogli chiede al Ten. Col. Riso: «La Commissione Warren ha stabilito che Oswald avrebbe portato quest’arma smontata nel deposito di libri, il luogo da cui avrebbe sparato per uccidere Kennedy. Cosa ne pensa?». Risposta: «Questo è poco probabile in quanto l’ottica è montata in modo artigianale e l’azzeramento deve essere fatto preventivamente al poligono».
Riso crede giustamente impossibile che l’ottica già tarata e fissata con le viti sia stata smontata per il trasporto e rimontata da Oswald sul posto. Come dice Vero Vagnozzi, «per ridurre l’ingombro l’arma poteva essere smontata separando tutto il blocco metallico (compresa quindi la canna con sopra già fissata l’ottica) dai fornimenti lignei, ai quali è assicurato da fascette e viti». Le foto della Commissione Warren del fucile smontato fanno appunto questo. In una prova da me videofilmata presso l’armeria Maxarmi di Roma, il titolare signor Burri ha impiegato 2’20" per togliere da un sacco di carta un Mannlicher Carcano 6,5 smontato e rimontarlo completamente.
7) Accogli: «Già che ci siamo possiamo provare anche la teoria del magic bullet?». Riso: «Come possiamo vedere, il proiettile, una volta attraversati i due bersagli di carne, ha impattato sul giubbotto; l’abbiamo recuperato e possiamo constatare che è andato di piatto ed è notevolmente deformato. Vuol dire che all’uscita dei due bersagli di carne aveva un’energia sufficiente a consentire la deformazione. Il magic bullet non può aver colpito i due uomini e rimanere intatto».
Il giornalista dell’Ansa non ha mostrato a Riso la foto del proiettile recuperato a Dallas in sezione, in cui si nota bene la forte deformazione laterale, ma solo la foto della palla in posizione longitudinale. Se il primo muscolo animale attraversato dal proiettile potrebbe teoricamente costituire la resistenza opposta dai tessuti molli del collo di Kennedy, il secondo pezzo di muscolo animale (apparentemente privo di ossa) non simula il torace e il polso di Connally. Sentiamo il parere di Vagnozzi su questo punto: «Quel tipo di carne messo a 40 o a 80 metri non può deformare un proiettile scamiciato del 91. La deformazione notata al recupero si è verificata perché Riso ha messo come bersaglio finale un giubbotto antiproiettile fatto in kevlar, per cui la palla si è ovviamente deformata impattando il kevlar, non la carne morbida. Per il recupero della pallottola, dopo il passaggio nella carne, Riso avrebbe dovuto mettere a fine tragitto un blocco di gelatina o una balla di ovatta».
Fin qui la mia analisi. Ho inoltrato ad Accogli, il giornalista autore del pezzo, una serie di domande, ma sono ancora in attesa di risposte. Riso non intende rilasciarmi dichiarazioni senza preventiva autorizzazione dello Stato Maggiore dell’Esercito. Noi torneremo sulla vicenda in un prossimo numero di S&P e, se le risposte arriveranno, non mancheremo di darvene conto.
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