martedì 25 agosto 2009

calciopoli bianconero 1 parte

Risponde Gigi Moncalvo - Parte prima

E-mail Stampa PDF
Gigi Moncalvo
La ragione che ci ha spinto ad intervistare Gigi Moncalvo, è una soltanto: la sua juventinità abbinata alla ben nota libertà di pensiero, senza compromessi, che è di pochi giornalisti veri.

JUVENTINITA'

1. Gigi, in poche parole, cosa significa per te la Juve?
"Fino a qualche tempo fa solo gioia, allegria, passione. Ora la passione è rimasta ma la gioia passeggera di una domenica pomeriggio, in caso di vittoria, viene sempre offuscata da rabbia, desiderio di giustizia, voglia di rivincita verso chi ci ha fatto e ci fa tanto male e ha consentito agli altri di umiliarci e schiacciarci".

2. Ti ricordi perché sei diventato Juventino? Potresti rievocare il tuo primo ricordo bianconero?
"Sono diventato juventino poiché in un bambino quale ero, la fantasia veniva accesa dai dribbling e dalla ribellione di Sivori, dalla forza, dalla generosità, dal coraggio di John Charles, dall'orgoglio di tifare per una squadra che aveva Gianni Agnelli come primo tifoso. Il ricordo più bello è la prima partita vista dal vivo al Comunale di Torino. Allora non esisteva la tv a colori e vedere nella realtà luminosa, colorata, bellissima quello stadio, quella Juve, quella partita, quei campioni è stato un impatto bellissimo. L'abitudine del bianco e nero (in TV e nelle foto dei giornali) non rendeva la bellezza e il fascino di quei colori. Di quei campioni, di quegli scudetti".

3. Qual è la gioia più grande che ti ha regalato la Juve?
"Portare allo stadio uno striscione, un lenzuolo con le lettere cucite da mia madre: "Juve oh Juve del nostro cuor". L'ho appeso io, l'ho disteso io, ho avuto gli applausi per quello slogan. Un'altra gioia è stata singolare: nelle scuole superiori a 15 anni scrissi un tema sulla Juve, alla professoressa piacque e lo inviò a "Hurrà Juventus". Mi mandarono uno stemma d'oro che ho sempre portato sulla giacca fino a quando me l'hanno rubato. La gioia più grande è stato parlare con l'Avvocato della Juve, avveniva spesso, quando lo seguivo per la professione giornalistica in circostanze non sportive ma economico-aziendali-finanziarie. Una volta feci un'intervista, la prima e unica, a Boniperti a Firenze per il "Corriere d'Informazione", mandato da Piero Dardanello. L'Avvocato mi chiamò qualche giorno dopo e mi disse, ridendo, che voleva fare una rettifica: "Quando lei gli ha chiesto perché lo chiamavano "Marisa", Giampiero le ha risposto che per "vendetta" ha corteggiato ogni signora di nome Marisa che ha incontrato sul suo cammino. Non è vero. Ad esempio, mia cugina Marisa Nasi non è assolutamente mai andata a letto con lui…"

4. E quando ti ha reso più triste?
"La sera dell'Heysel a Bruxelles. Anch'io ho visto i morti, anch'io ho avuto paura. Quella partita non andava giocata. O perlomeno non bisognava esultare come fece Platini dopo quel rigore fasullo. Ma anche la condanna alla serie B mi ha reso triste, di una tristezza diversa. Arrendersi senza combattere (mi riferisco all'avvocato che ha chiesto la nostra condanna) non è da Juve, non è da uomini".

STAMPA E INTERCETTAZIONI

5. Tu lavori come giornalista da oltre 30 anni. Secondo la tua esperienza, puoi dirci attraverso quali canali giungono solitamente le soffiate che riguardano gli atti coperti dal segreto istruttorio? Sono solo strategie dei legali di parte o giungono anche direttamente dalle Procure?
"Trovare e avere atti coperti dal segreto è facile, o meglio non è difficile. In genere te li danno gli avvocati che hanno interesse a far filtrare qualche notizia favorevole ai loro clienti o dannosa per la controparte. Un magistrato in genere non ti dà mai direttamente un atto segreto. Ma ha mille modi per fartelo avere: fa segno, senza parlare, verso il cancelliere o un suo assistente (e lui esce dalla stanza), te lo lascia sul tavolo e se ne va per qualche minuto, ti suggerisce quali pagine guardare, per evitare di perdere tempo tra migliaia di pagine. Non esisterà mai la prova provata di un magistrato che passa delle carte. Ma c'è un modo per fartele avere senza che sia lui a passartele. Specie se si vuole creare un certo clima e avere l'appoggio dei grandi giornali svolgendo i processi sulla stampa, ben prima che vengano celebrati i processi (in aula) o pronunciate le sentenze. A Napoli ho trascorso molti mesi durante il caso e poi il processo a Enzo Tortora. Ne ho viste di cose…. Stavolta il sistema è lo stesso, il sistema "napoletano" l'ho conosciuto bene".

6. Fiorani, Consorte, Ricucci... Giraudo. Chi vede un filo conduttore nelle disavventure giudiziario-mediatiche di questi personaggi è un visionario o un assennato che non ha bisogno di entrature nell'universo RCS?
"Non è né un visionario né un marziano. Non c'è bisogno di entrature nell'universo RCS (Corriere, Gazzetta) o Fiat (La Stampa) per capire i tratti in comune di quelle vicende. Fiorani (e quindi il Governatore Fazio), Consorte, Ricucci sono stati distrutti da una campagna mediatica del Corriere, dalla potenza di fuoco di via Solferino. Per ragioni legate agli interessi della variegata proprietà del giornale. Fiorani rischiava di creare una banca forte e potente e fuori dal "sistema" (e Banca Intesa, Bazoli e Passera, Geronzi, sono azionisti di primo piano del Corriere, e di Bankitalia). Consorte dava man forte al banchiere di Lodi e andava fatto fuori, anche per mandare un segnale a Fassino e D'Alema, come dire "non difendetelo troppo e state lì buoni e zitti, altrimenti ce n'è anche per voi, come ben sapete. Il "povero" Ricucci (inventore della famosa e fantastica frase "So' capaci tutti de ffa i froci cor culo degl'altri!") stava scalando il Corriere e ha un po' esagerato. Andava fermato perché nel "salotto buono" i Tronchetti Provera & C. erano inorriditi dal pensiero di avere seduto accanto nel Cda uno come lui. Per non parlare di Paolo Mieli: ve la vedete Anna Falchi (l'allora signora Ricucci) salire le scale di via Solferino e andare a parlare "da padrona" con Mieli? Per quanto riguarda Giraudo, le tracce potrebbero portare a LCdM, a Luca. Almeno questo è quanto ha detto Luciano Moggi quando lo intervistai in TV a "Confronti" chiedendogli di fare le percentuali su una serie di nomi che venivano ritenuti, a torto o a ragione (infatti non ci sono nè prove nè certezze) una sorta di "mandanti". Io feci i nomi di Carraro, Galliani e Montezemolo. Su Galliani, Moggi fu benevolo. Su Carraro un po' meno, su LCdM molto ma molto meno e gli attribuì la percentuale maggiore. Il "Corriere", con la Gazzetta (e La Stampa) potrebbe aver completato, ma è impossibile dire se volontariamente o involontariamente, un lavoro iniziato un anno prima non sui giornali ma altrove. La data è quella della morte di Umberto Agnelli, un solo anno dopo la scomparsa del fratello Giovanni. Giraudo, da sempre molto legato e fedele a Umberto, voleva proseguire sulla stessa strada di sempre portando a poco a poco Andrea Agnelli, figlio di Umberto, al vertice societario della Juve. Giraudo e Moggi avrebbero consentito a Andrea di inserirsi bene, vincendo, mettendosi in luce, diventando un astro di prima grandezza (grazie alla gestione del calcio e della Spa Juve) anche nell'universo Fiat. Non c'è niente di meglio (lo insegna LCdM alla Ferrari) dello sport come "vetrina" per lanciare un personaggio e creargli un piedistallo. E Andrea faceva "paura": perché si chiama Agnelli, perché Giraudo e Moggi gli avrebbero consentito una gestione attiva e brillante della società, perché avrebbe avuto grandi successi, perché i tifosi lo avrebbero fatto diventare un idolo. Ma, in quello stesso momento, i disegni dei veri padroni della Fiat erano altri. Si stava puntando su un altro giovane, e non "soltanto" per la Juve, ma per tutto l'impero Fiat, IFI, e IFIL: John Elkann. Puntavano su di lui, solo su di lui, LCdM ma soprattutto Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens. E' chiaro che a tutti loro "conveniva e conviene" avere in mano un giovane inesperto da formare con pazienza come John, per "controllarlo", stare sempre al suo fianco, assisterlo in un lavoro difficile e irto di ostacoli come quello che gli è toccato in sorte. Se si riesce a controllare e conquistare la fiducia di colui che apparentemente è il numero uno, specie se acerbo o inesperto, l'"Erede", il nipote del nonno Gianni, si è sicuri (per i "controllori") di non perdere il potere, anzi di averne sempre di più. Ma, se l'ascesa del delfino, viene controbilanciata, in casa, da un altro giovane, bravo, brillante, serio, di successo, osannato dai giornali e da milioni di tifosi, ecco che si corre il rischio di veder tramontare i propri piani. Andrea al vertice della Juve avrebbe fatto ombra a John, o meglio a chi aveva pensato a lui come "delfino" per occupare un vuoto, apparente, di potere. E quindi Andrea avrebbe addirittura messo a rischio l'operazione di lanciare in orbita John. Infatti, dopo due anni di vittorie e di successi nella Juve, sarebbe diventata probabile la candidatura di Andrea per i galloni del comando anche in altri settori dell'impero, non solo in quello sportivo. Per frenare o impedire l'ascesa di Andrea, diventava funzionale la caduta dei due uomini, Giraudo in particolare, che lo avrebbero portato al successo e che si sarebbero battuti per lanciarlo e proteggerlo. Ecco quindi che il ramo Gabetti-Grande Stevens, verosimilmente, non può vedere di buon occhio che Andrea vada a offuscare il disegno di puntare su John. Non importa se Andrea si chiama Agnelli! Anzi, come si può concepire che sia il figlio di Umberto e non il nipote di Gianni ad avere il predominio o a rischiare di prendere un giorno il comando? Ecco quindi da dove e come potrebbe nascere l'"operazione", o quantomeno ecco il motivo di tanta accondiscendenza verso l'operazione di affossamento della Juventus perseguita da altri. E' chiaro che Gabetti e Grande Stevens potrebbero smontare questa ricostruzione dicendo che loro non hanno fatto altro che seguire, a proposito di John, i voleri dell'Avvocato, espressi nella famosa "Lettera di Monaco" scritta poco prima che Gianni Agnelli entrasse in sala operatoria per il secondo delicatissimo intervento al cuore nel Luglio 1997. In quella lettera l'Avvocato indicava John come suo successore al vertice Fiat e stabiliva anche l'assegnazione a lui di un 25% delle quote azionarie della "Dicembre Società Semplice" che è la società-cassaforte che custodisce il potere e il controllo di tutti i rami del gruppo. Tornando alla Juve non dimentichiamoci che il presidente della Juve era Grande Stevens. Egli quindi era il "datore di lavoro", il "cliente" che per conto della Juve ha ingaggiato l'avvocato Zaccone, gli ha pagato la parcella e gli ha dato la linea. Quando ci meravigliamo che un avvocato come Zaccone abbia chiesto la serie B, la condanna della società che lui avrebbe dovuto difendere e tutelare, non dimentichiamo che un legale, comunque e sempre, segue le indicazioni e i voleri del "cliente", cioè di chi gli paga la parcella. Se non gli va, dà le dimissioni e rinuncia alla difesa. Per capire quale sia il potere di Grande Stevens, quanto egli conti nel mondo forense e giudiziario, basta leggere il suo libro autobiografico "Vita d'un avvocato" (Cedam, Padova, 2004). Ve lo immaginate l'avvocato Zaccone che non "ubbidisce" a un cliente come Grande Stevens o non segue i suoi "consigli" giuridico-legali? Ecco, io credo che la colpa di Grande Stevens, del presidente onorario della Juve attuale e presidente di "quella Juve" sia doppia: egli non solo ha dato l'impressione di non aver difeso con decisione e passione la sua società (nell'ambito giuridico, se egli vuole, è ben più potente del professor Guido Rossi), ma forse ha determinato una situazione per cui l'avvocato difensore da lui scelto alla fine non ha difeso la Juve con la necessaria determinazione, e addirittura ne ha chiesto la condanna al massimo, quasi, della pena. Se si valuta ogni avvenimento del passato in questa cornice, si capiscono molte cose e si capisce bene chi sono i "colpevoli". Che cosa volete che significhi la retrocessione della Juve, se si ha di mira il controllo del gruppo Fiat, dell'IFI, dell'IFIL? Che cosa volete che importi, anche oggi, a costoro (John in testa) della Juve? Hanno il 62% delle azioni, possono fare ciò che vogliono. Ma il dato di fondo è e resterà sempre questo: se hanno lasciato mandare in B la Juve, venduto i pezzi pregiati, rinforzato le altre squadre, che cosa volete che gli importi del futuro e del presente della squadra, di noi tifosi, del senso di rispetto andato perduto, dell'onore e dell'orgoglio di tutta la gens bianconera? A questi non gliene frega niente della Juve. Se Marchionne insistesse la venderebbero in cinque minuti…."

7. Cossiga dopo il caso-Mastella ha dichiarato: "I magistrati chiamano il funzionario di turno e gli dicono: "Lei intercetti Tizio e metta da parte i nastri. Se c'è qualcosa di utile per la mia inchiesta, ho già lasciato lo spazio in bianco negli atti. In caso contrario, conserviamo le registrazioni perché possono sempre servire." Nessuno ha smentito Cossiga. Non c'è da essere sconcertati?
"Sì, ma accade proprio così. Il Presidente Cossiga se ne intende di queste cose. E se lo dice, vuol dire che lo sa. Avete notato che da tempo cercano di dipingerlo come "uno strano", "uno che dice cose folli", "uno da non credere", "uno che fa sparate". Credo che abbiano paura di ciò che dice Cossiga, delle sue verità, e vogliano farlo passare per matto soprattutto per togliere credibilità a quanto dice".

8. Gigi Moncalvo, che giudizio dai della deontologia dei tuoi colleghi durante Calciopoli? Noi abbiamo contato pochi giornali e giornalisti rispettosi dei vostri codici professionali.
"Ahimè, quelli che tu chiami "i codici professionali" non esistono per tutti. Io credo che in ogni campo, specie nel nostro, non ci debbano essere solo codici, disposizioni, norme: ma occorra soprattutto una vera "coscienza" professionale. E' lei a dettare il tuo comportamento, la tua etica, a connotare la tua morale, la tua dignità, la tua onestà professionale. Gli americani, a proposito della mia categoria dicono: "I giornalisti italiani si dividono in due categorie: quelli che non scrivono ciò che sanno, e quelli che scrivono ciò che non sanno". Quanti giornalisti saprebbero, dopo anni di attesa prima di entrare in una redazione, ribellarsi al loro direttore, al loro caporedattore, al vento che tira? Quanti sarebbero disposti a mettersi in gioco, magari arrivando anche alle dimissioni, pur di evitare di compiacere i loro superiori invece della loro coscienza? Vedi, oggi un giornalista che segue il vento, capisce che se lo mandano a Napoli a seguire il processo o a Roma per la GEA, deve scrivere ciò che appartiene alla "linea" del giornale. Se va fuori linea e scrive quello che vede, quello che sente, quello che emerge davvero dalle udienze, lo richiamerebbero subito, basta trasferte e note-spese, basta articoli in prima pagina e titoloni tutti per te. Torna a Milano e da ora in avanti ti occuperai di curling, e scriverai solo notizie a una colonna".

9. Calciopoli scoppia in largo anticipo sulla chiusura delle indagini a causa di una fuga di notizie che i pm di Napoli, scrisse Repubblica, attribuirono al Nucleo Provinciale dei carabinieri di Roma che curava le intercettazioni. Che idea si è fatto riguardo alla dinamica degli avvenimenti?
"Ma guarda che strane fughe di notizie! Ma guarda che strane sintesi e "distillazioni" delle intercettazioni, pubblicazione di certe frasi e non di altre, riscontri mai fatti o utilizzati solo in un senso! Ma guarda anche che strani nomi ricorrono in alcune vicende misteriose: l'agenda di Borsellino che viene fatta sparire da qualcuno in divisa appena dopo la strage, un ufficiale messo sotto inchiesta per lo strano uso delle intercettazioni, tutti e due costoro che compaiono in scena anche per Napoli e Roma. Ah, che bello se Cipriani, Tavaroli & C. trovassero qualche magistrato che li ascolta solo su questo tema: il "Dossier Ladroni" della Telecom e l'avvio di "Calciopoli". Forse si capirebbe che qualche "santo" non è e non è mai stato tale, e nemmeno qualche "beato", qualcuno di questi che vogliono far credere di essere "onesti"…"


Nota: Autorizziamo gli amici juventini a riportare "stralci" dell'intervista sui loro siti, rimandando con un link al nostro per la lettura integrale dell'intervista esclusiva.
Chi vuole segnalare ad altri questo articolo, può farlo cliccando sull'icona "invia mail" presente in alto a destra.
http://www.ju29ro.com

Nessun commento:

Posta un commento