domenica 1 agosto 2010

Bomba in stazione, parla il terrorista in cella «A Bologna a colpire furono Cia e Mossad» Carlos: utilizzati giovani neofascisti, però per me Mambro e Fioravanti sono innocenti

PARIGI — Dalla sua cella nello storico carcere della Santé, Ilic Ramirez Sanchez, detto Carlos «lo sciacallo», nega qualsiasi complicità o connivenza nella strage di Bologna. Detenuto in massima sicurezza, Carlos può parlare solo con il suo avvocato italiano, Sandro Clementi. Al mattino, per più di tre ore, analizza e contrappone decine di attentati per concludere che «la commissione Mitrokhin cerca di falsificare la storia»: i gruppi armati marxisti non hanno «mai organizzato stragi indiscriminate», ma hanno sempre colpito «nemici o traditori ben identificati». L'eccidio del 2 agosto 1980 (85 morti), secondo Carlos, fu non solo «eseguito da giovani neofascisti», ma «organizzato da Cia e Mossad» per «punire e piegare Roma». Una «rappresaglia» contro la nostra politica di tolleranza dei gruppi terroristici palestinesi (in cambio del loro impegno a non colpire in Italia). La bomba alla stazione andrebbe quindi inquadrata in una guerra segreta tra i due blocchi: Usa e Urss che si combattono con opposte reti di servizi e di terroristi. Per Carlos la miglior conferma sarebbe proprio la presenza di un certo Thomas Kram, lo stesso nome che per i consulenti della Mitrokhin, al contrario, aprirebbe una nuova pista di sinistra: la svolta storica che dovrebbe smentire la definitiva condanna giudiziaria di due terroristi di destra romani, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.
Ricevute le domande del Corriere, al pomeriggio Carlos ha dettato in italiano quattro fitte pagine di risposte scritte. Le ha rivedute e corrette per quattro ore. E poi le ha datate e firmate.

Cosa ha saputo della strage di Bologna, quando e da chi?
«Siamo sempre stati convinti che sia stata organizzata dai servizi americani e israeliani: i veri "padroni del terrore nero" in Italia. Poco tempo dopo la strage ho ricevuto dalla Germania Ovest un rapporto scritto, che è molto importante e dovrebbe essere ancora negli archivi della nostra Organizzazione dei rivoluzionari internazionalisti (Ori). Il rapporto dice che un compagno tedesco era uscito dalla stazione pochi istanti prima dell'esplosione. Ho ricordato il suo nome leggendo il Corriere: Thomas Kram. Era un insegnante comunista di Bochum, rifugiato a Perugia. Il giorno prima della strage era a Roma, pedinato da agenti segreti che lo seguirono anche sul treno per Bologna. Kram aveva solo un sacchetto di plastica con oggetti personali, ma se fosse morto nell'attentato, sarebbe stato facile attribuirgli ogni colpa».

Kram era un suo uomo? Le risulta che la notte prima fosse all'albergo Centrale di Bologna?
«Kram non è mai stato membro della nostra Ori. Bisognerebbe chiedere a lui se abbia dormito a Bologna e perché: io lo ignoro».

Conosce Abu Saleh Anzeh?
«Saleh Abu Anzeh è ormai noto, dopo 30 anni, come il rappresentante in Italia del Fronte popolare per la liberazione della palestina (Fplp). Per noi l'Fplp era l'organizzazione madre, unita a noi da relazioni politiche e personali».

Le risultano minacce palestinesi contro l'Italia dopo l'arresto di Saleh, con l'autonomo Daniele Pifano, per i missili Strela sequestrati il 7 novembre '79 a Ortona?
«Quello era solo un trasporto logistico attraverso l'Italia e gli arresti furono una provocazione degli agenti nemici all'interno dei servizi italiani. Il Fplp non aveva bisogno di fare azioni contro l'Italia e ha sempre rispettato gli accordi bilaterali. Saleh manteneva contatti ufficiali con i servizi italiani civili e militari».

Cosa pensa della condanna definitiva di Mambro e Fioravanti?
«La mia opinione è che, se sono colpevoli, avevano qualcuno dietro. Qualcuno capace di manipolare giovani neofascisti. Come per piazza Fontana. Il fatto che non abbiano mai parlato, però, mi fa ritenere che siano innocenti».

Lei sconta l'ergastolo per l'omicidio di due poliziotti francesi, ma resta indagato anche per due bombe sui treni: 5 morti il 29 marzo '82, due vittime il 31 dicembre '83.
«Noi non c'entriamo con le stragi sui treni e gli stessi atti giudiziari lo confermano. La prima bomba era posizionata dietro lo schienale riservato a Jacques Chirac, che noi abbiamo sostenuto dal 1974 al 1998. Io non ho mai attentato alla vita di Chirac. E la seconda bomba fu addirittura anticipata da una confessione del legionario mercenario Talbi».

Sarebbe disposto a farsi interrogare dai magistrati italiani?
«Dev'essere chiaro che io non sono un informatore della polizia e che non denuncerei mai militanti politici. Ma sono pronto a testimoniare contro tutti i traditori».


Paolo Biondani
23 novembre 2005

by corriere.it

Nessun commento:

Posta un commento