mercoledì 18 agosto 2010

cossiga ci parlava già dall aldilà

Renato Farina - Aveva cominciato a morire con Aldo Moro, il 9 maggio del 1978. Anzi era proprio morto. La pelle gli divenne bianca, le labbra si stirarono all’insù, raggrinzendosi come le mummie egizie, e così la fronte e le borse degli occhi per il prosciugamento delle lacrime. Era morto sin da allora, infatti da quel dì tacque e parlò senza più preoccuparsi di essere colpito e affondato dal nemico, e ne ha avuti tanti. Spiritoso come chi è sprofondato tanto nel dolore da non temere nessuna tortura. Lui parlava come dall’aldilà, ma per noi (per me) era la vita, uno zampillo fresco di cose nuove, una consolazione per le disgrazie dell’Italia, una letizia continua e una lotta continua contemporaneamente. Poi bastava un niente, un inciampo grammaticale, una piuma nel suo spirito e precipitava nel baratro del suo niente, come un gatto in un sacco, senza riuscire a strappare neanche con le unghie il muro che lo separava da tutto. Ma poi, come una resurrezione, la lastra saltava via e usciva come un angelo vestito di bianco a regalare brividi alla politica e dolcezza all’amicizia. Stavolta è rimasto giù, e lo coprirà la terra (…).

L’alter ego Mauri

Non credo che ci sia bisogno di una biografia completa. La più bella biografia se l’è inventata per “Libero”, quando si è inventato lo pseudonimo di Franco Mauri, e si è costruito un curriculum di studente di centrodestra, più a destra del Maestro Cossiga, studente in gamba, voglioso di giornalismo, sardo senz’altro. E poi un’altra biografia, ed è diventato Jansenius. Un teologo cattolico ma incline al moralismo un po’ eretico di Giansenio. Fu felicissimo quando Ratzinger gli spiegò che forse Giansenio non era stato
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Si è costruito un curriculum di studente di centrodestra, più a destra del Maestro Cossiga, studente in gamba, voglioso di giornalismo, sardo senz’altro
scomunicato, si sentì di nuovo abbracciato nella fede cattolica apostolica romana. Poi fu anche Mauro Franchi. Il rovescio di Franco Mauri, molto più a sinistra, a sinistra di Cossiga, marx-leninista. Ecco, per capire chi era Cossiga e come ci mancherà, basti guardare a questo intreccio. Si inventò anche un altro pseudonimo, un tedesco, un uomo della Ddr, ma adesso sono troppo confuso per ricordarmi quest’altro Cossiga. Era tutti costoro, e guardava ciascuno di loro con ironia. (…) Vittorio Feltri, come gli capita sempre, era riuscito a camminare sulle acque. Il cavallino con le ali di Libero, il Pegaso dell’effigie che appare in testata, volava. Nonostante la scarsità di denari e di firme, per il legame che Feltri era riuscito a stabilire con il suo pubblico, la bestiola non si decideva a schiantarsi a terra. I colleghi avevano stabilito che il nostro era un fogliaccio orribile. I politici si regolavano nella stessa maniera. In Parlamento non ci davano retta, tranne pochissimi e di seconda fila. Si vergognavano di farsi vedere parlare con i nostri cronisti. Cossiga decise di scrivere per noi, di darci interviste forti, mettendo a disposizione dei nostri lettori la sua intelligenza esplosiva. Non sempre si accordava con il nostro sentimento e il nostro giudizio, ma l’Emerito non se la prendeva per le critiche. Fu persino pronto a darci ragione quando senza preavvertirlo lo sbattemmo in prima pagina come uomo che aveva goduto di un volo gratuito su aereo privato di Parmalat. Fece di più: staccò un assegno, quasi 50 milioni e li spedì alla Parmalat in lotta per non fallire, calcolò anche gli interessi (…).
Non sopportava i catto-comunisti nelle varie fogge. Un giorno me ne fece un elenco suggestivo per sfumature e ascendenze ideologiche. Di certo non li sopportava. In realtà si rendeva conto che il sogno inglese trasferito in Italia non andava né su né giù al popolo italiano. Per questo alla fine, tirandogli moccoli e incenerendolo con insulti meticolosi, però tifava Berlusconi, gli voleva bene, gli pareva l’unico in grado con D’Alema di non lasciare l’Italia in mano ai magistrati, alle potenze bancarie e finanziarie nefaste, a De Benedetti e ai suoi giornali che per anni lo avevano caricato di ingiurie di ogni tipo quando era al Quirinale ma anche dopo (mi ha spedito pacchi di Espresso e Repubblica da lui selezionati con tutte offese confezionate contro di lui, perché ne facessi un libro, e lo farò), ai servizi segreti deviati e alle polizie in mani nefaste.

La passione per gli 007

A proposito di servizi segreti. Com’è noto Cossiga era il massimo esperto del globo sulle questioni relative all’intelligence e agli 007 di ogni Paese e della galassia. Subito dopo l’11 settembre si mise in contatto con Feltri. Gli disse che Berlusconi stava per scegliere dei vertici del servizio militare (Sismi) e di quello civile (Sisde) disastrosi. Occorreva forzare la mano. Era disposto Feltri a ospitare dei suoi testi? Feltri disse di sì. Lo sciagurato disse sì e affidò a me l’opera di trasformare un meraviglioso enigmatico testo in
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Subito dopo l’11 settembre si mise in contatto con Feltri. Gli disse che Berlusconi stava per scegliere dei vertici del servizio militare (Sismi) e di quello civile (Sisde) disastrosi
qualcosa di masticabile per i lettori. Era d’accordo Cossiga? Di più: entusiasta. Lavorammo insieme, e uscì un articolo in cui Franco Mauri (lui!) fucilava come traditori gli altri candidati e promuoveva a pieni voti e con la garanzia di salvezza per l’Italia i generali Nicolò Pollari per il Sismi e Mario Mori per il Sisde.

Quando uscì, la domenica 23 settembre 2001 esplose come una bomba. A tutta prima pagina: “Bush non si fida di noi. I servizi segreti italiani intossicati dal Kgb ancora in mano alla sinistra. E Berlusconi non riesce a cambiarli”. Informatissimo. Gli americani entusiasti. Berlusconi preoccupato. Cossiga mi telefonò alle sette del mattino. Era fatta. Era felice. Mi disse, anzi ordinò: «Chiedi a Feltri di venire a Roma e di trattare la pratica per mio conto». Andai. Vidi il ministro della Difesa, il grande amico Antonio Martino. Mi chiese: «Chi è Franco Mauri?». Come, non hai capito? Ma è Cossiga... Francesco = Franco. Le teste di moro della bandiera sarda=Mauri. E Martino rise: «Pensa che il capo del Sismi (l’Ammiraglio Battelli, ndr.) ha messo alla frusta i suoi analisti e hanno risposto: è il generale Mario Mori». Lì capii che in effetti i nostri servizi non erano granché. E lo capì anche Martino. Che appoggiò la richiesta di Cossiga. Berlusconi fu contento di acconsentire alla proposta. Cossiga mi invitò a brindare: la nostra accoppiata aveva vinto per il bene dell’Italia. Questa storia portò bene all’Italia, meno bene a me, diciamo così. Ma non è giusto dir così. Mi regalò un’amicizia cementata nella pugna (ironia, ma neanche tanto). Da allora ci sentimmo quasi tutti giorni, scrivemmo insieme, registrammo materiale per un libro biografico lungo settimane intere. Giace lì, pronto e intonso. Titolo: “A carte scoperte - Le confessioni ante mortem di un pazzo”. Non ante mortem, ma post mortem, amico mio. Parleremo ancora, vero?

18/08/2010
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