mercoledì 18 agosto 2010

"L´HO SEMPRE ACCUSATO DI NASCONDERE LA VERITÀ. PENSO CHE ABBIA TRATTATO CON I VERI RAPITORI, PER DARE LORO DOCUMENTI E SEGRETI MILITARI. IN QUEI GIORNI SPARIRONO DELLE CARTE DALLA CASSAFORTE DEL MINISTRO DELLA DIFESA. POI VENNE FREGATO. MORO MORÌ E LUI SI FECE IN QUATTRO PERCHÉ I BRIGATISTI FOSSERO MESSI IN LIBERTÀ E SU DI LORO NON CALASSE IL SOSPETTO CHE FOSSERO ETERODIRETTI..." - 2- GUZZANTI SU MORO E COSSIGA HA RAGIONE DA VENDERE. PERCHÈ IL PICCONATORE "BARATTÒ" CON LE BR I PIANI SEGRETI DI GLADIO CON LA VITA DELL’ALDISSIMO DEMOCRISTIANO - 3- ECCO LA PROVA: NEL 2001 L’ EX CAPO DEL SISMI FULVIO MARTINI, IN UN’INTERVISTA AL CORRIERE DELLA SERA, RIVELÒ CHE NELL’ APRILE 1978, POCHI MESI DOPO IL RAPIMENTO DI MORO, SCOPRÌ CHE DALLA CASSAFORTE DEL MINISTERO DELLA DIFESA ERA SCOMPARSO UN DOCUMENTO SU GLADIO (STRUTTURA SEGRETA, COLLEGATA ALLA NATO) - (FU DOPO QUELL’INTERVISTA CHE SI RUPPE MALAMENTE L’AMICIZIA TRA COSSIGA E MARTINI) img

PAOLO GUZZANTI "TRATTÒ COI VERI RAPITORI GLI DIEDE SEGRETI MILITARI"
Mauro Favale per La Repubblica

Magari in quelle quattro lettere ci fosse la rivelazione di qualche mistero e non un banale arrivederci. In ogni caso farei attenzione. Cossiga era un uomo unico, ma anche un gran visionario. E, in tutta sincerità, di intelligence non capiva un granché».
Paolo Guzzanti

Paolo Guzzanti, giornalista, deputato, biografo del presidente emerito. È stato interlocutore privilegiato del "picconatore".
«Allora mi insultavano in tanti, mi dicevano che ero il suo aedo, ma io facevo solo il mio mestiere».

Che fa, smonta il mito di Cossiga custode dei maggiori segreti della storia della Repubblica?
«Io dico solo che lui si atteggiava a grande master spy, ma in realtà era un orecchiante. Su Ustica, sulla strage di Bologna ha sostenuto tutto e il contrario di tutto, brancolava nel buio. Io mi fido solo delle cose che ha vissuto in prima persona da ministro degli Interni e da presidente della Repubblica».

Moro, per esempio.
«L´ho sempre accusato di nascondere la verità. Penso che abbia trattato con i veri rapitori, per dare loro documenti e segreti militari. In quei giorni sparirono delle carte dalla cassaforte del ministro della Difesa. Poi venne fregato. Moro morì e lui si fece in quattro perché i brigatisti fossero messi in libertà e su di loro non calasse il sospetto che fossero eterodiretti».
Moro Cossiga

Era dunque un uomo di misteri.
«Voleva essere come Talleyrand, un uomo di Stato pronto a tollerare intrighi e azioni segrete».

Nel suo libro l´ha definito «un uomo solo».
«Era solissimo. Nella vita privata, con la perdita della moglie per la quale soffrì tantissimo e anche nella vita politica».

Nonostante suo cugino Enrico Berlinguer?
«"Coi cugini si mangia l´agnello, non si fa politica", così gli diceva Berlinguer. Eppure Cossiga era convinto di far parte del Pci. Il suo era un anticomunismo di facciata. Basta vedere come si comportò con D´Alema».

2 - 2001, ODISSEA NEI SEGRETI DEL GATTOSARDO - L' EX CAPO DEL SISMI MARTINI: "LE CARTE SU GLADIO SPARIRONO DAL MINISTERO - DURANTE IL CASO MORO NON LE TROVAI NELLA CASSAFORTE DELLA DIFESA"
Maria Antonietta Calabro' - Corriere della Sera del 01/03/2001
Gladio

Questa sera il pm Giovanni Salvi sarà ascoltato in seduta segreta dalla Commissione stragi sui possibili collegamenti tra il caso Gladio e il sequestro Moro e sugli ultimi sviluppi delle indagini della Procura di Roma sull' assassinio dello statista dc. Mentre una relazione del giudice Bonfigli, depositata ieri, mette nuovamente in luce il ruolo del direttore d' orchestra russo Igor Markevitch.

L' ex direttore del Servizio segreto militare, ammiraglio Fulvio Martini, rivela al Corriere un episodio assolutamente inedito di quei terribili 55 giorni. E fornisce per la prima volta una testimonianza diretta di un possibile legame tra Gladio e il caso Moro. Durante il sequestro dello statista, Martini, incaricato dal governo di stabilire se Moro era a conoscenza di segreti vitali per la sicurezza dello Stato, si accorse che nella cassaforte del ministro della Difesa non c' era un documento riguardante Gladio.

E' possibile che quelle carte, uscite dalla cassaforte di Palazzo Baracchini, siano finite nelle mani delle Brigate rosse come possibile «merce di scambio» con lo statista prigioniero? Sono quelle carte «l' altro ostaggio» ipotizzato dal presidente della Commissione, Giovanni Pellegrino, che apparati dello Stato cercarono di recuperare mentre era in corso la trattativa per la salvezza del presidente della Dc?
Enrico Berlinguer

Ammiraglio, ci spieghi come andò.
«In pratica ero il numero due del Sismi, diretto dal generale Santovito, ed ero anche caporeparto operativo per l' estero. Era l' aprile del 1978, durante il sequestro di Aldo Moro, ero stato incaricato dal governo di fare un' inchiesta per cercare di capire se Moro, sotto interrogatorio da parte delle Brigate Rosse, potesse essere in grado di svelare segreti di Stato relativi alla politica estera o alla sicurezza militare.

Ebbi un' assicurazione scritta dalla Farnesina e dal ministero della Difesa che Moro non era a conoscenza di grandi segreti e quindi, anche se avesse parlato, non avrebbe potuto portare gravi danni. Nel corso di questa stessa inchiesta (siamo nella primavera del ' 78) mi dissero che Moro non era mai stato "indottrinato" sull' esistenza di Stay Behind (che era uno degli argomenti specifici che io dovevo appurare), cioè che non era stato mai informato ufficialmente della presenza in Italia della struttura segreta della Nato».

E allora come mai nel memoriale di Moro c' è un' indicazione abbastanza precisa su Gladio?
«Quando, nell' autunno ' 90, furono ritrovate le carte del covo di via Montenevoso, il pm di Roma Franco Ionta mi fece vedere una delle carte di Moro trovate a Milano in cui accennava ad un' organizzazione segreta della Nato che avrebbe potuto essere identificata con Stay Behind, e mi chiese se, secondo me, Moro si riferiva alla Gladio.
Risposi che probabilmente poteva essere così, perché, forse, ne era stato informato da qualcuno del suo partito».
y can13 maria antonietta calabro

Il ministro della Difesa dell' epoca, Attilio Ruffini, sapeva di Stay Behind?
«Certamente. Ma quando feci l' indagine, nel ' 78, riscontrai che il documento di passaggio delle consegne tra lui e il suo precedessore, il ministro Lattanzio, in relazione all' organizzazione Gladio non era nella sua cassaforte».

E cosa avvenne allora?
«In una riunione al Viminale, presente il ministro dell' Interno, Francesco Cossiga, e altri 6-7 testimoni, riferii quello che risultava sulle conoscenze di Moro e consegnai le dichiarazioni del segretario generale della Farnesina, Malfatti, e del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Viglione. Feci anche notare a Ruffini che nella sua cassaforte mancava il documento di passaggio di consegne sulla Gladio. Era un particolare che non era irrilevante, ma che non c' entrava niente con gli accertamenti in relazione a Moro».
Brigate Rosse

Forse questa valutazione poteva valere all' epoca, ma non dopo le scoperte di Montenevoso. Come doveva essere questo documento? Un foglio, venticinque fogli?
«Non lo so perché non l' ho visto. So solo che doveva trattare l' argomento Stay Behind».
Brigate Rosse

Lei pochi mesi dopo quell' episodio, in agosto, lasciò il Sismi.
«Sì, avevo avuto quello scontro con il ministro e poi c' erano stati altri episodi che mi indussero a cambiare aria. Giurai a me stesso che non avrei più rimesso piede nel Servizio. Non fu così perché venni nominato direttore del Sismi nell' 84, ma andarmene allora fu una scelta saggia: mi mise al riparo da un certo numero di problemi che di lì a poco coinvolsero il servizio».
attilio ruffini

by dagospia

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