Attenti a quei Trenta: ricattano il mondo truccando le regole. E
nessuno li può fermare, perché maneggiano 650.000 miliardi di dollari,
cioè otto volte il Pil del pianeta. In dieci anni, hanno messo in
ginocchio l’economia reale. E sono ancora lì, a dettar legge, a cominciare da uno dei loro specialisti, Mario Draghi. Teoria del complotto? No: storia.
Quella del famigerato “Group of 30”, creato alla fine degli anni ’70 da
personaggi come David Rockefeller. Obiettivo: piegare le nazioni ai
diktat della speculazione finanziaria. Missione compiuta: oggi l’intera Europa
è nelle loro mani, e un paese come l’Italia – membro del G8 – è agli
ordini della super-lobby che ha commissariato il governo affidandolo al
fido oligarca Mario Monti, tecnocrate targato Goldman Sachs, veterano
del Bilderberg, della Trilaterale e della micidiale Commissione Europea,
quella che oggi dispone il suicidio sociale degli Stati mediante il
pareggio di bilancio.
Un capolavoro, in sole tre mosse. Primo: attraverso la “superstizione
o isteria del debito pubblico”, si distrugge la capacità dello Stato di
creare e controllare
qualsiasi ricchezza finanziaria significativa, che a quel punto resta
unicamente nelle mani dei mercati di capitali, da cui gli Stati
finiscono per dipendere in toto. Seconda mossa: i dominatori finanziari,
che ora spadroneggiano, per ottimizzare la rapina globale incaricano la
super-lobby dei tecnocrati di ridisegnare leggi e regole, con adeguata
propaganda. Terzo: gli oligarchi impongono le loro condizioni-capestro
ai governi, ormai privati della facoltà di creare ricchezza finanziaria e
quindi dipendenti dal ricatto, pronti cioè a ingoiare qualsiasi
aberrazione speculativa. Parola di Paolo Barnard, autore del saggio “Il più grande crimine” sul complotto mondiale della finanza. Promotore italiano della Modern Money Theory – sovranità monetaria per avere democrazia
reale e benessere sociale – Barnard è reduce dalla caserma dei
carabinieri nella quale ha sporto denuncia contro Monti e Napolitano per
“golpismo finanziario”.
C’era un piano ben congegnato per mettere nel sacco l’Italia:
occorreva creare una sofferenza finanziaria artificiosa per consentire
alla super-lobby di prendere direttamente il timone. Peccato che i
“salvatori”, dice Barnard, fossero gli architetti stessi del piano: «Non
ci vuole un genio a capire che il poliziotto iscritto al club dei ladri
che gli pagano laute prebende finisce col tradire il suo mandato».
Mario Draghi, per esempio: «Poteva fermare la loro mano semplicemente
ordinando alla Bce di acquistare in massa i titoli di Stato italiani».
Acquisto che avrebbe abbassato drasticamente i tassi d’interesse di quei
titoli, la cui impennata stava portando l’Italia alla caduta nelle mani
degli “investitori-golpisti”. Se Draghi avesse mosso un dito, i mercati
si sarebbero fermati, «resi inermi di fronte al fatto che la Bce poteva
senza problemi mantenere a un livello basso e costante i tassi sui
nostri titoli di Stato». Ma Draghi, che pure siede sul trono della Banca
Centrale Europea, si
guarda bene dall’intervenire. Motivo? Non è solo l’ex governatore di
Bankitalia: è anche, e soprattutto, un uomo di punta dei “terribili
Trenta”.
Cosa ci fa un personaggio pubblico come Draghi dentro il club di coloro che hanno impedito al mondo di fermare la finanza
criminale planetaria? Purtroppo, aggiunge Barnard, il presidente della
Bce «dovrebbe vigilare proprio su coloro che condividono il suo club con
intenti criminosi». Del resto, chi era il funzionario italiano che – da
direttore generale del Tesoro – lungo tutti gli anni ’90 «supervisionò
la svendita del nostro Paese alle privatizzazioni selvagge che non hanno
sanato di nulla il debito pubblico ma che hanno sanato di certo
imprenditori falliti come De Benedetti e fatto incassare miliardi in
parcelle alle investment banks?» E chi era il funzionario
italiano che «non ha detto una parola contro la micidiale separazione
fra Banca d’Italia e Tesoro», divorzio «che ingrassò le medesime
banche?». Sempre lui, l’ineffabile Draghi, «uomo “Group of 30”, uomo
Bilderberg, uomo Goldman Sachs, e anche “bugiardo-Sachs”», visto che «ha
sempre negato di essere stato in forza alla Goldman quando la banca di
Wall Street organizzò la truffa per truccare i libri contabili greci in
collusione col governo di Atene». E invece, dice Barnard, alla Goldman
lui c’era, eccome: e ne dirigeva proprio gli affari europei.
E’ stato lui, Mario Draghi, a “inventarsi” un trilione di euro, in
piena agonia dell’Eurozona, per regalarlo alle banche, praticamente
senza condizioni. E tutto questo, dopo aver chiuso i rubinetti della Bce
per far collassare il governo Berlusconi e consegnare l’Italia all’uomo
del super-potere, Mario Monti. Manovra orchestrata dai
maxi-speculatori, gli inventori della più spaventosa truffa planetaria,
quella dei “derivati”, «astrusi prodotti finanziari del tutto
comprensibili a non più di 200 individui nel mondo». Ma il “derivato dei
derivati”, aggiunge Barnard, è proprio la crisi
finanziaria 2007-2012, innescata dal virus dei titoli fasulli spacciati
da Joseph Cassano, boss finanziario della City londinese. Il flagello
dei “derivati” si è abbattuto su una situazione già catastrofica,
provocata dalla bolla speculativa immobiliare americana dei mutui subprime, infettando quasi tutte le maggiori banche del mondo. Fino all’attuale “spirale della deflazione economica
imposta”, la famigerata austerity, che ora i “golpisti” – sempre loro –
usano per depredare a sangue interi Stati europei.
I “derivati”, dice Barnard, sono vere e proprie armi di distruzione
di massa, visto che questi “Frankenstein-assets” vagano per il pianeta
senza più controllo né regolamentazione, per una cifra di circa 650.000
miliardi di dollari. Il primo allarme nel lontano 1994, coi
miliardi-fantasma della banca d’affari Merrill Lynch. Un pozzo senza
fondo, che ha travolto anche i Comuni italiani, invitati a
“privatizzare” il debito. Ancora oggi, i contratti Otc (“over the
counter”) sono «liberamente usati per distruggere, e lo stanno facendo
gli hedge funds come quello del criminale John Paulson, che
scommettono in queste ore contro l’euro». Usando i “derivati”, continua
Barnard, un pugno di speculatori può affondare persino uno Stato
sovrano. Può ricattarlo e sospingerlo oltre il baratro del default. Con
conseguenze agghiaccianti: disoccupazione e sotto-occupazione, suicidi,
morti anzitempo, abbrutimento sociale, svendita-truffa del patrimonio
pubblico, usura sullo Stato. E soprattutto: perdita di democrazia, a favore dei super-profitti dei soliti speculatori, grazie anche al “fascismo finanziario” dell’Unione Europea,
che oggi fa gridare allo scandalo persino il “Financial Times”, di
fronte ai trattati-capestro imposti senza mai un referendum.
«Domanda: come si è arrivati a questo? Perché non lo si è evitato?
Risposta: “Group of 30”». Proprio i Trenta, secondo Barnard, sono la
punta di lancia dell’operazione “golpista”. Una lobby di tecnocrati
eccezionali, varata nel 1978 con l’aiuto dei Rockefeller: 30 membri, a
rotazione, accuratamente designati. «Sono quasi tutti uomini che hanno
lavorato con la mano destra nella speculazione finanziaria, e poi con la
sinistra nella regolamentazione statale». Missione: piegare le leggi ai
propri voleri, naturalmente all’insaputa dei cittadini. Il “Group of
30”, scrive Eleni Tsingou nel più devastante lavoro accademico sulla
super-lobby planetaria, «non solo ha legittimato il coinvolgimento del
settore privato nelle politiche di Stato, ma ha anche permesso
all’interesse privato di divenire il cuore delle decisioni di politica
finanziaria». Un trust di cervelli, potentissimo e imbottito di
miliardi. E’ proprio il “Gruppo dei 30” a intuire le immense
potenzialità dei “derivati”: sono
stati loro, gli adepti della super-setta egemone, a inquinare il mondo
con la peste dei titoli tossici, per riuscire infine a mettere in
ginocchio interi Stati.
Nel 1993, racconta Barnard, il gruppo pubblicò il primo manuale d’uso
sui “derivati”, destinato ai controllori statali, europei e americani,
delle transazioni finanziarie: non sapevano come maneggiare quei titoli,
quindi accolsero con favore lo studio del gruppo e l’ignoranza tolse
loro ogni potere di contrastarne le pericolose conclusioni. Primo: i
“derivati” sono indispensabili perché “rappresentano nuovi modi di
capire, misurare e gestire il rischio finanziario”. Ovvero: «Gli
strumenti più “rischiogeni” della storia della finanza
avrebbero, secondo loro, ridotto il rischio». Poi: si sottolineava che
“la chiave per l’uso dei “derivati” è l’autoregolamentazione”, visto che
“le regole statali intrusive e basate sulla legge ne rovinerebbero
l’elasticità e impedirebbero l’innovazione in finanza”.
Ergo: si prega di non disturbare il manovratore. E i controllori? «Per
evitare di apparire ignoranti che brancolavano nel buio si aggrapparono
alle raccomandazioni del Gruppo, sia in Usa che in Europa, sospinti in modo decisivo proprio dai loro colleghi senior che erano membri di spicco di questa lobby».
Ma il “Group of 30” osò anche di più, continua Barnard: la
super-lobby scrisse che i controllori avrebbero dovuto “aiutare a
rimuovere le incertezze legali dei regolamenti in vigore”, e fornire un
trattamento fiscale favorevole ai “derivati”. «L’intero lavoro era stato
abbondantemente oliato con i fondi della mega-banca speculativa JP
Morgan». Eppure, «nonostante la sfacciataggine di quelle righe – osserva
Barnard – tre fra i maggiori organi di controllo del mondo, il Comitato
di Basilea, il Congresso degli Stati Uniti e la Federal Reserve Usa,
trovarono l’idea dell’autoregolamentazione accettabile». Di più:
«Gettarono il loro peso contro i pochi controllori ed economisti che già
allora suonavano le campane d’allarme», tra questi un prestigioso
portavoce della Modern Money Theory come William Black. Al che, si
mossero due delle più potenti lobby finanziarie anglosassoni: l’Iif di
Washington (Institute for International Finance) e la Liba di Londra (Investment
Banking Association): i due colossi «buttarono sul tavolo della
trattativa le loro proposte per l’autoregolamentazione della trasparenza
sui “derivati”, a pieno sostegno del “Group of 30”».
Per dare un’idea agli scettici del complotto, aggiunge Barnard, basta
ricordare che proprio la Iif è la lobby che, poche settimane fa, ha
dato gli ordini nella trattativa suicida della povera Grecia verso la
trappola del secondo “bailout”. E dire che l’occasione per capire e
controllare la distruttività dei “derivati” Otc si era presentata già
all’inizio degli anni ’90: ma il “Group of 30” fu il primario attore
nell’annullamento di ogni tentativo di portare questi killer sotto il
controllo pubblico, con le conseguenze che sappiamo: crimini globali.
Utile riflettere, dice Barnard, su «cosa questi mostri hanno fatto alla
vita di centinaia di milioni di famiglie, a milioni di aziende e alle
democrazie dei maggiori paesi occidentali, per non parlare degli orrori
nel Terzo Mondo e sull’ambiente». Oggi, in pratica, «viviamo tutti su un
ordigno termonucleare finanziario fuori controllo che si chiama 650.000
miliardi di “Frankenstein-Derivatives” in grado di far fallire il
pianeta». Apriamo gli occhi: «Nessuna democrazia
ha un senso, quando tutta la ricchezza è nelle mani di queste lobby
senza pietà, a cui tutti i politici devono rispondere a bacchetta,
invece che ai propri elettori».
E tanto per non far nomi, Paolo Barnard avverte che il “Gruppo dei
30” è fatto di persone in carne e ossa, ovviamente potentissime. Come
gli americani Paul Volcker e Gerald Corrigan, passati dalla Fed a gruppi
come Chase Manhattan Bank, Goldman Sachs, Morgan Stanley. Ci sono gli
inglesi come lord Richardson of Duntisbourne (Banca Centrale
d’Inghilterra, Lloyds Bank), l’ex ministro Geoffrey Bell, dirigente
anche di Schroders, e lo stesso Mervyn King, governatore della Banca
Centrale d’Inghilterra. Se dominano gli esponenti della finanza
anglosassone come gli statunitensi William McDonough (Dipartimento di
Stato e First National Bank of Chicago) e Lawrence Summers (Segretario
del Tesoro Usa, fedele del Bilderberg) non manca il resto del mondo:
l’israeliano Jacob Frenkel (Banca Centrale d’Israele e Merrill Lynch),
il giapponese Toyoo Gyohten (Ministero delle Finanze del Giappone,
dirigente della Banca di Tokyo), il brasiliano Arminio Fraga Neto (Banca
Centrale del Brasile, Solomon Brothers Ny, Soros Management Fund),
l’iberico Guillermo de la Dehesa (Banca Centrale di Spagna e ministro delle finanze, nonché banchiere del Banco Santander Central Hispanico e di Goldman Sachs).
Alcuni membri del “Group of 30” hanno legato il proprio nome a famosissimi disastri: è il caso dell’ex ministro argentino dell’economia,
Domingo Cavallo, padre della catastrofe che travolse il paese
latinoamericano e “diligente allievo” del super-clan, i cui esponenti
sono specializzati nel doppio incarico: Bundesbank e Dresdner Bank per
il tedesco Gerd Hausler, Banca Centrale di Francia e Bnp Paribas per il
transalpino Jacques de Larosière. Oltre a quello di Draghi, fra gli
italiani spicca il nome dell’ex ministro prodiano Tommaso
Padoa-Schioppa, quello dei “bamboccioni”, membro del Bilderberg come il
francese Jean-Claude Trichet, già ministro delle finanze a Parigi e poi a
capo della Bce. Conflitti d’interesse permanenti: chi lavora per la
speculazione è chiamato anche a presiedere le autorità europee di
controllo sulla finanza. E’ il caso del tedesco Axel Weber: Bundesbank, poi Ubs, quindi “European Systemic Risk Board” e “Financial Stability Board”.
Grottesco, annota Barnard: uno che lavora per il profitto speculativo
con la super-lobby che ha scatenato il peggior rischio sistemico della storia della finanza mondiale, poi siede anche fra i funzionari che valutano il rischio sistemico in Europa, dichiarando di vigilare sulle crisi.
Altro controllore, l’inglese Adair Turner, presidente della Financial
Services Authority della Gran Bretagna, l’istituto nazionale deputato a
controllare l’industria dei servizi finanziari. Eppure: «Eccolo a busta
paga della super-banca speculativa Merrill Lynch Europe come
vice-presidente, e in bella mostra al “Group of 30”», dopo aver anche
fatto parte, a Londra, delle commissioni per le pensioni e per i salari
minimi. Un altro controllore, il tedesco Gerd Häusler (Global Financial
Stability Report e Financial Stability Forum) ce lo ritroviamo come
direttore dell’Institute of International Finance di Washington,
altro deregolamentatore dei “derivati”. Membro del “Group of 30”,
Häusler compare anche a New York nell’agguerrita agenzia Lazard, che nel
caso-Grecia «faceva il doppio gioco», come consulente sia degli
“investitori-strangolatori”, sia del governo di Papademos.
Questi, dice Barnard, sono gli uomini che hanno creato le leggi-capestro che oggi dissanguano la nostra economia e confiscano la nostra sovranità: «Stiamo parlando del sistema che ha messo in ginocchio l’economia
del mondo in meno di un decennio». E’ il super-potere che, anche in
Italia, ha minato il futuro dei nostri bambini, regalandoci le immense
sofferenze di cui ormai sono pieni ogni giorno i titoli del giornali,
con buona pace di qualsiasi residua democrazia
reale. «Questo è il “Group of 30”, la lobby che ha aiutato in modo
decisivo a causare questo allucinante scenario, questo livello di
crimine internazionale», conclude Barnard: «Trenta individui a
rotazione, ma solo trenta, col nostro Draghi in prima fila. Roba da far
apparire Goldfinger un patetico principiante».
http://www.libreidee.org/2012/05/barnard-attenti-a-quei-30-sono-loro-che-ricattano-il-mondo/
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