domenica 5 luglio 2015

Quella volta che Romney si arricchì sul flop (esentasse) di Seat Pagine Gialle Il futuro candidato repubblicano alla Casa Bianca è stato uno dei protagonisti della privatizzazione e della vendita della ex società della Stet. Un'operazione che ha fruttato alla sua Bain Capital circa 25 volte il capitale investito. Una montagna di denaro, circa 50 milioni, finita negli Usa attraverso una holding lussemburghese di JESSE DRUCKER, ELISA MARTINUZZI e LORENZO TOTARO

MILANO - Durante il suo recente viaggio in Europa il futuro candidato repubblicano alla Casa Bianca Mitt Romney è stato alla larga dall'Italia. Probabilmente si è trattato di una scelta saggia. Dodici anni fa Bain Capital, una società di private equity fondata da Romney che all'epoca rivestiva il ruolo di chief executive officer, ha incassato circa un miliardo di dollari in un'operazione di leveraged buyout che in Italia continua a essere controversa. Bain faceva parte di un gruppo di investitori che avevano acquistato la società di guide telefoniche Seat Pagine Gialle dal governo italiano, rivendendola due anni più tardi al culmine della bolla tecnologica a Telecom Italia, per circa 25 volte quello che era stata pagata.

A quel punto, secondo i documenti esaminati da Bloomberg News, Bain avrebbe dirottato i profitti attraverso le proprie controllate in Lussemburgo. Una strategia compiuttosto diffusa per evitare le imposte sul reddito e che Bain Capital sottolinea essere pienamente in regola sotto i profili di tutte le normative fiscali e finanziarie dell'Italia, dell'Unione Europea e degli Stati Uniti. L'acquirente era stata Telecom Italia, la più grande compagnia telefonica in Italia, che oggi ha un valore totale di mercato inferiore alla cifra pagata a Bain e altri investitori per Seat.

In Italia, il caso ha originato almeno tre libri, indagini giudiziarie e articoli di giornale sugli investitori che hanno fatto fortuna a spese dei contribuenti italiani. Bain Capital non è mai stata lambita dalle indagini e sulla vicenda non sono mai stati istruiti processi.

La vendita di Seat da parte del governo è "un capitolo buio della storia delle privatizzazioni del paese, una vicenda che ha colpito gli italiani in profondità", spiega Bernardo Bortolotti, un professore di Economia all'Università di Torino che ha fatto da advisor del Tesoro italiano durante le privatizzazioni dal 2002 fino al 2005. "È stato un errore fin dall'inizio, aggravato dalla mancanza di trasparenza e dall'utilizzo di fondi offshore".

Secondo una persona vicina al dossier, Romney ha probabilmente guadagnato più di 50 milioni di dollari, forse addirittura 60, dalla vendita di Seat Pagine Gialle. L'accordo si trasformò in uno dei più grandi affari della sua gestione. Un portavoce del ministro delle finanze italiano Vittorio Grilli, che ha supervisionato le privatizzazioni del Tesoro quando l'Italia ha venduto Seat, ha rifiutato di commentare.

"L'episodio Seat può servire come un ammonimento, ora che il governo italiano ha approvato una nuova serie di privatizzazioni", spiega il senatore Elio Lannutti (Idv). L'Italia punta a raccogliere fino a 10 miliardi di euro attraverso le vendite di beni e quote di società allo scopo di ridurre il secondo più ingente debito pubblico d'Europa. L'acquisto e rivendita rapida delle Pagine gialle è "un esempio di capitalismo all'italiana, dove con risorse modeste si può aggirare il sistema e arricchirsi", spiega Lannutti. "E' un errore che gli italiani sperano non venga ripetuto".

Le origini di "affaire Bain" risalgono al 1996, quando il Tesoro italiano - ai cui vertici sedeva anche l'allora direttore generale Mario Draghi, ora a capo della Banca centrale europea - ha iniziato la privatizzazione diverse imprese pubbliche per ridurre il debito pubblico e rendere possibile l'ingresso nella zona euro. Una delle prime aziende ad essere cedute fu Seat Pagine Gialle, controllata da una società statale denominata Stet SpA.

Bain venne a conoscenza di asta pubblica attraverso l'unità italiana di Bain & Co., la società di consulenza i cui partner hanno creato Bain Capital. La filiale milanese era gestita da Gianfilippo Cuneo, uno dei fondatori della succursale italiana di McKinsey & Co. "Ha capito subito che si trattava di un'operazione credibile e che valeva la pena dedicarci un po' di tempo, in questo modo ha garantito il supporto di Bain Capital," spiega Cuneo.

Lorenzo Pellicioli, che investì in Seat e diventò il suo amministratore delegato, ha ricordato che Romney prese parte brevemente a una riunione sull'operazione negli uffici di Bain a Boston. "Entrò nella stanza, fece subito un paio di domande molto mirate, ci stringemmo la mano e se ne andò", ricorda Pellicioli. Gli altri investitori del gruppo Bain includevano De Agostini, la Banca Commerciale Italiana, Telecom Italia (allora controllata dal governo), e la Investitori Associati di Cuneo.

Bain sborsò 36 milioni di euro, equivalenti a una quota del 16 per cento del gruppo di investitori e facendone il secondo socio, dopo Telecom Italia. Bain e i suoi partner finirono per acquisire il 61,7 per cento di Seat per 853 milioni di euro nel novembre 1997, battendo un altro offerente.

Il governo italiano, che in precedenza possedeva una partecipazione di controllo in Telecom Italia, ha venduto la maggior parte delle azioni della compagnia telefonica nel 1997. Nel febbraio 2000, al culmine della bolla di Internet, Telecom Italia ha annunciato che stava spendendo 14,6 miliardi di euro per acquistare la restante parte di Seat, che nel frattempo aveva ampliato la propria offerta dal web.

Mentre Bain non rende pubblici i ritorni sui propri investimenti, l'ufficio di Cuneo ha dichiarato che il ritorno di Investitori Associati è stato di quasi 28 volte l'investimento iniziale. Bain, come altre società di private equity, accresce i propri rendimenti utilizzando denaro preso a prestito per finanziare acquisizioni. Bain ha rimpatriato i profitti attraverso una serie di filiali in Lussemburgo, un paese che rende facile il rientro dei capitali senza pagare le tasse. Investitori Associati ha definito "quasi inesistenti" le imposte pagate dalla holding lussemburghese utilizzata per l'operazione italiana.

Nei tre mesi precedenti l'offerta di Telecom Italia nel febbraio 2000 il prezzo delle azioni Seat è quasi triplicato. Mentre nei due anni precedenti l'affare il Nasdaq Composite Index (Ccmp) è aumentato di circa il 160%. "Seat è stata stato venduto al picco della bolla Internet" ricorda l'allora amministratore di Seat Pellicioli. "Non era soltanto fumo, c'era un sacco di 'ciccia', ma i multipli della bolla Internet e la tempistica hanno aiutato".

Le autorità di controllo italiane hanno ventilato l'ipotesi che il prezzo fosse stato manipolato, che gli investitori si fossero mossi basandosi su informazioni privilegiate e hanno tentato di fare luce su presunti conflitti di interesse. Due top manager di Telecom Italia possedevano indirettamente delle quote in Seat. La Consob e il pm torinese Bruno Tinti hanno svolto delle indagini senza però spingersi a formalizzare delle accuse. Seat è stata venduta nel 2003 per 3,7 miliardi di euro a un altro gruppo di società di private equity e oggi ha un valore di mercato di 57 milioni di euro. Oggi Telecom Italia ha una capitalizzazione di mercato di 12,5 miliardi di euro. Dal febbraio 2000, le azioni di Telecom Italia hanno perso circa il 90 per cento del proprio valore. "Il governo è stato spennato", spiega Alessandro Fogliati, che ha guidato un gruppo di azionisti di Stet che aveva votato contro la vendita di Seat. "E' stato l'inizio della distruzione dell'industria italiana."

 http://www.repubblica.it/economia/2012/08/06/news/bain_romney_seat_pagine_gialle-40468132/

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