Dopo trentacinque anni, l’autunno della strage di Ustica e di una
probabilissima archiviazione dell’inchiesta si avvicina a passi veloci, e
solo la speranza a cui si aggrappano ancora i magistrati che indagano
potrà dire se per quel tempo conosceremo finalmente e ufficialmente la
nazionalità degli aerei militari che la notte del 27 giugno 1980
provocarono l’abbattimento del DC9 Italia con 81 persone a bordo. I due
procuratori romani a cui è affidata l’inchiesta, Maria Monteleone ed
Erminio Amelio, hanno comunque accertato se non tutta la verità almeno
alcune parti di essa.
Primo. Non ci fu alcuna bomba che esplose a bordo
dell’aereo. Questa tesi è una sciocchezza spazzata via già da anni di
lavoro e perizie. Ma adesso, in anticipo su quelle che saranno le
conclusioni formali, si può affermare che non rientra in alcun modo
nelle possibilità con cui è stata ricostruita la dinamica della strage.
La bomba, per dirla con chi indaga, è una “bufala” e chi ancora la
utilizza per spiegare una versione alternativa dovrà arrendersi ai
fatti. Se poi si tratta di una tesi che è servita comunque a depistare,
questo lo decideranno i magistrati.
Secondo. La fotografia della strage, nella sua
complessità, è stata riassemblata in due segmenti distinti. Nel primo,
quello che va dal decollo dell’aereo da Bologna fino in prossimità del
punto dell’esplosione, racconta oggettivamente che il DC9 aveva uno o
due caccia militari nelle sue vicinanze. Caccia che furono certamente
incrociati insieme all’aereo civile dall’F104S su cui volavano i due
ufficiali istruttori Ivo Nutarelli e Mario Naldini, che poco prima della
strage rientrarono alla base di Grosseto segnalando una grave emergenza
secondo le modalità previste dal manuale della Nato e che la Nato
stessa ha riconfermato. Erano caccia libici provenienti dalla ex
Iugoslavia? Possibile. Sta di fatto che su questa presenza la
magistratura non ha più dubbi: il DC9 non volava in un cielo deserto ma
fu utilizzato come ombrello per sfuggire ai radar della difesa aerea.
Il secondo segmento è più confuso, nella ricostruzione della dinamica
finale della strage e nell’attribuzione delle responsabilità. Il caccia o
i caccia che volavano coprendosi con il DC9 furono intercettati da
aerei militari francesi (come sostenne l’ex presidente della Repubblica
Francesco Cossiga) o americani (visti sui radar di Ciampino
nell’imminenza dell’esplosione, anche se non ufficialmente
identificati)? Provenivano da una portaerei che non si è mai trovata?
Dalla base francese di Solenzara in Corsica (ancora Cossiga e i
tracciati radar di Poggio Ballone)? Questa è la parte decisiva
dell’inchiesta su cui si giocheranno i prossimi mesi, in attesa delle
risposte ad altre rogatorie internazionali.
Terzo. Dopo un’apertura che lasciava presagire un colpo di scena,
la collaborazione da parte delle autorità francesi si è rallentata. I
magistrati romani sono andati più volte a Parigi dove hanno interrogato
numerosi ex militari, hanno accertato che quella sera la base di
Solenzara fu in attività ben oltre la mezzanotte (ma per trent’anni i
francesi avevano dichiarato il contrario). Tuttavia, le testimonianze
oltre un certo punto si sono rivelate confuse. E non c’è più molto da
attendersi, visto che alcuni dei protagonisti di quella notte (il
comandante della portaerei Clemenceau, Jean Delaforcade, e il comandante
della base di Solenzara e il suo vice) sono morti. In fumo anche ogni
possibilità di ottenere qualche informazione sul versante libico.
Gheddafi è stato ucciso portandosi dietro i suoi segreti e le carte
sensibili dei servizi libici sembra siano finite nelle mani
dell’intelligence britannica. Senza un colpo di coda politico, senza un
intervento del governo al più alto livello, è impensabile che altri
stati consegnino ai magistrati quello che hanno custodito per tutti
questi trentacinque anni.
Insomma, anche se la Cassazione ha stabilito che si trattò di un missile e
ha condannato lo Stato a risarcire le vittime, resta tutta l’amarezza
per non avere ancora scoperto chi fu a lanciarlo e ad uccidere 81
cittadini italiani a bordo di un normalissimo volo di linea. Una storia
di sovranità nazionale violata. Una storia molto italiana. E ora l’esito
dell’ultimo miglio è tutto nelle mani di Mattarella e di Renzi.
di Andrea Purgatori per l’Huffington Post [link originale]
http://www.stragi80.it/ustica-35-anni-dopo-chi-ha-sparato-missile/
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