martedì 15 settembre 2009

ci fu accordo stato mafia ?

Gian Marco Chiocci per il Giornale

Parlare di mafia e di politica significa parlare di Silvio Berlusconi, innanzitutto. Poi del senatore Dell'Utri, quindi del figlio di Ciancimino, poi del pentito Spatuzza, dell'agenda rossa di Borsellino, dei carabinieri collusi, delle indagini sulle stragi, di pizzini e di papelli.

Di tutto in questi giorni si discute fuorché di un personaggio tornato d'attualità che, a torto o a ragione, di quella stagione è stato indiscusso protagonista avendo ricoperto il ruolo di presidente della commissione parlamentare antimafia: Luciano Violante. Il quale, solo a diciassette anni dalle stragi, e solo dopo aver letto sui giornali le allusioni del figlio di Ciancimino che in qualche modo tiravano in ballo lui e il senatore Mancino sui tentativi di trattativa fra Cosa nostra (per il tramite dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino) e lo Stato (attraverso i carabinieri del Ros di Mario Mori) s'è ricordato di qualcosa che evidentemente aveva rimosso. "E che - si duole un pm palermitano col Giornale - in tutti questi anni sarebbe potuto tornare utilissimo a diverse inchieste e svariati processi".

Di che si tratta? Il 23 luglio scorso Violante ritrova improvvisamente la memoria allorché riferisce ai pm di Palermoi che lui, con Ciancimino senior, non ci aveva mai voluto avere a che fare nonostante l'allora colonnello dei carabinieri, Mario Mori, gli avesse detto che l'ex sindaco di Palermo, in cambio di "qualcosa", sarebbe stato disposto a incontrarlo perché "avrebbe potuto dire cose importanti".

Ai pm Violante aggiunge d'aver incontrato Mori al massimo tre volte, e di aver chiesto al colonnello se di quella disponibilità di Ciancimino avesse avvisato l'autorità giudiziaria, ricevendo in risposta che... beh, si trattava di una "questione politica". Come dire, ovviamente no.

Bene. Negli archivi della Camera si scopre che la tardiva dichiarazione di Violante collide violentemente con un'altra vecchia dichiarazione, dello stesso Violante, trascritta a pagina 181 della settima seduta della commissione d'inchiesta da lui presieduta dedicata proprio al rapporto fra mafia e politica. Fra le cose da fare per andare a fondo al problema, Violante suggerisce varie cose. Compresa quella di ascoltare sia "quei collaboratori (pentiti) che possono tornare utili" sia, udite udite, "Vito Ciancimino, che lo ha chiesto revocando la condizione, posta nel passato, di essere ripreso dai canali televisivi pubblici o privati, in diretta nel momento in cui rendeva la deposizione".

Quell'antica dichiarazione di Violante, oltre a contraddire quella del 23 luglio, è un formidabile riscontro alla versione fornita in più sedi dal colonnello Mori Mori: "All'onorevole Violante non ho mai proposto di incontrare Ciancimino a tu per tu, ma di farlo parlare in commissione Antimafia". La domanda, a questo punto, è scontata: se Ciancimino chiese per ben 5 volte (l'ultima con Violante presidente) di parlare pubblicamente alla commissione d'inchiesta, perché Violante parla di incontro privato?

E perché - vista la sua massima disponibilità ("gli faccia fare apposita istanza") - poi Violante decide di non ascoltare mai l'ex sindaco di Palermo, depositario di tante verità? Violante dice poi che il colonnello Mori gli rispose picche ("è una questione politica") alla domanda se avesse avvertito l'autorità giudiziaria delle intenzioni di Ciancimino. Ma così non è, perché agli atti c'è la prova provata che il Ros di Mario Mori, con nota del 24 gennaio 1993, avvertì subito il procuratore Giancarlo Caselli della disponibilità di Ciancimino a collaborare, tant'è che poi l'ex sindaco venne preso a verbale per dieci volte.

La collaborazione venne casualmente meno allorquando Ciancimino iniziò a parlare di affari, collusioni e scheletri negli armadi del centrosinistra. Piuttosto verrebbe da farla a Violante la domanda: ma lui, sapute quelle cose, avvertì i pm? E perchè, visti gli ampi poteri d'indagine conferiti al presidente della commissione d'inchiesta antimafia, non indagò personalmente interrogando i protagonisti dell'asserita trattativa? E ancora.

Gli incontri con Mori, sostiene Violante, sono stati al massimo tre. La difesa di Mori ne ha contati molti ma molti di più. Sono tutti elencati in un dossier (a cominciare da quelli prodromici alla convocazione dei vertici del Ros in commissione antimafia della terza seduta) e prossimamente verranno prodotti al processo che vede Mori indagato per la mancata cattura di Provenzano. Perché un abbaglio del genere?

A smentire Violante ci sono pure i manoscritti sequestrati anni fa a Ciancimino con le richieste autografe presentate a più riprese dall'ex sindaco alla commissione antimafia. Compresa l'ultima, indirizzata proprio a Violante, nella quale l'ex sindaco si metteva a disposizione del parlamento rinunciando, per la prima volta, alla richiesta di diretta televisiva. Ce n'è allora abbastanza per giustificare il chiacchiericcio di queste ore teso a riesumare il giallo del boss Giovanni Brusca che prima parlò di un accordo segreto con Violante (con il quale effettivamente volò sulla tratta Roma-Palermo) e poi ritrattò.

L'ex braccio destro di Riina non è stato mai amato dai professionisti dell'antimafia, e non solo per quel riferimento alla "sinistra che sapeva delle stragi" detto in aula al processo Dell'Utri. Brusca demolì le tesi su Andreotti, smascherò la doppia vita criminale del pentito Di Maggio, disintegrò il teorema Buscetta sulla centralità decisionale della Cupola. Ma a lungo, inspiegabilmente, venne trattato come un "dichiarante" anziché come un "collaboratore di giustizia".

Prima di dargli lo status, anche economico, di pentito, lo hanno lasciato precauzionalmente a bagnomaria in regime di 41 bis (è ancora in cella!) nonostante gli attestati di attendibilità dei tribunali. Alla fine ce l'ha fatta. E' diventato pentito, stipendiato come gli altri colleghi dallo Stato. E' il primo pentito pagato non per parlare ma per tacere. Sarebbe ora di capire perché.

ECCO IL VERBALE DEL'INTERROGATORIO RESO DA LUCIANO VIOLANTE IL 23 LUGLIO 2009 ALLE ORE 11 AI MAGISTRATI DELLA DIREZIONE DISTRETUALE ANTIMAFIA DI PALERMO, ANTONIO INGROIA E ROBERTO SCARPINATO:
"Mi sono oggi presentato in questi uffici a seguito di contatti telefonici che ho preso direttamente con l'ufficio avendo letto su un quotidiano negli ultimi giorni una notizia che mi riguardava in ordine alla quale ho da riferire circostanze che potrebbero forse essere d'interesse per l'autorità giudiziaria. In particolare ho letto che Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo, aveva dichiarato ai magistrati di Palermo che il padre intendeva sapere se io fossi stato informato della tratativa in corso e che aveva ricevuto risposta negativa.

La lettura di tali notizie mi ha fatto tornare in mente una visita che ricevetti dall'allora colonnello Mario Mori nel periodo in cui io ero presidente della Commissione parlamentae antimafia, in epoca certamente successiva alle stragi palermiate del '92. Ricordo che il colonnello Mori venne a trovarmi nel mio ufficio. Lo ricevetti da solo nel mio studio e Mori mi disse che Vito Ciancimino intendeva incontrarmi. Aggiunse che Ciancimino avrebbe potuto dire "cose importanti" e "naturalemnte - aggiunse - avrebbe anche chiesto qualcosa".

Gli risposi che Ciancimino avrebbe potuto chiedere formalemnte di essere sentito dalla Commisisone con apposita istanza. Mori replicò dicendomi che Ciancimino chiedeva un colloquio personale con me non con la Commissione. E io gli ribadii che non facevo colloqui privati. A quel punto, Mori si congeda dicendomi che in ogni caso mi avrebbe fatto pervenire un libro che Ciancimino aveva scritto, libro che poteva essere d'interesse per l'antimafia.

Successivamente, nell'arco di un paio di settimane, Mori tornò a trovarmi, sempre in ufficio, e mi portò copia del libro, che era un dattiloscritto rilegato intitolato Le mafie che produco in fotocopia all'ufficio. In quell'occasione ebbi l'impressione che la consegna del testo avesse un caratterere privilegiato, nel senso che era come se fossi uno dei pochi ad aver avuto copia di quel libro. Vi fu certamente un terzo incontro con un lasso di tempo rispetto al secondo maggiore di quanto ve ne fosse stato tra il primo e il secondo.

In tale circostanza, Mori mi chiese un giudizio sul libro e io, che l'avevo letto con una certa attenzione, gli dissi che non mi sembrava particolarmente importante. Mori replicò, insistendo con garbo, perchè io incontrassi Cincimino e aggiunse che comunque il contenuto del libro potesse essere una traccia della conversazione. Insistetti sulla mia posizione e domandai se l'autorità giudiziaria fosse stata informata di questa disposibilità di Ciancimino a parlare.

Mori mi rispose con tono cortese che si trattava di una "cosa politica" o di una "questione politica", non ricordo esattamente quale delle due espressioni utilizzò. La conversazione, comunque, si chiuse lì perchè rimasi della mia idea. Adr: "Non si parò del luogo ove avrebbe dovuto svolgersi eventualmente l'incontro, ma nella prima conversazione il colonnello Mori mi aveva detto incidentalmente, che Ciancimino abitava a Roma vicino piazza di Spagna".

Adr: "Sono certo che al momento dell'incontro con Mori Ciancimino non era detenuto". Adr: "Non sono in grado di ricordare esattamente la data di tali incontri, posso solo dire che ho consultato l'agenda dei miei appuntamenti dell'epoca e ho rinveunto una sola annotazione relativa all'allora colonnello Mori, si colloca nel giorno 7 luglio 1993. Produco all'ufficio copia della relativa pagina della mia agenda".

Adr: "Non tutti i miei appuntamenti vengono annotati nell'agenda. In particolare non venivano certamente annotati gli appuntamenti fissati all'ultimo momento, ma soltanto quelli presi a distanza di tempo". Adr: "Non sono certo che l'incontro che ebbe per oggetto la richiesta di incontro con Ciancimino sia stato preso a distanza di tempo e quindi sia quello annotato il 7 luglio 1993". Adr: "Non ricordo di altri incontri con il colonnelo Mori avvenuti nel mio ufficio".

Adr: "Credo di non aver mai parlato con nessuno di questi tre incontri con il colonnello Mori. Forse ne parlai all'epoca con l'onorevole Paolo Cabras, deputato Dc, all'epoca viceprediente della Comissione parlamentare antimafia". Adr: "Venni nominato presidente della Commissione parlamentare antimafia il 25 settembre 1992".

by dagospia

[13-09-2009]

Nessun commento:

Posta un commento