mercoledì 23 settembre 2009

gianni e i suoi fratelli

De Michelis consulente di Brunetta
«Io, un padre che torna ai figli»

«Renato? Non è mai stato povero come dice. Chi vendeva gondolette faceva i soldi»

Un'immagine del 1985: un 35enne Brunetta con De Michelis, Benvenuto e Visentini (Olycom)
Un'immagine del 1985: un 35enne Brunetta con De Michelis, Benvenuto e Visentini (Olycom)
ROMA - «Mi sono ricongiunto con i miei figli. Berlusconi mi aveva scippato la mia vecchia corrente del Psi... Ora ci siamo ritrovati». Venticinque anni fa, Gianni De Mi chelis era il ministro e Renato Brunet ta il consigliere. Ora la situazione si è rovesciata. Brunetta, dopo aver defi nito il maestro «la migliore intelligen za politica degli ultimi cinquant’an ni», l’ha assunto come consulente. A prezzo adeguato? «Macché. Quarantamila euro lordi l’anno: praticamente volontariato - sorride De Michelis, capello corto e pancia ridimensionata -. Però sono felice di dare un contributo di idee». E Brunetta a che punto è nella classifi ca delle intelligenze? «Fascia alta. In ventore, e faticatore. Ero ministro del Lavoro durante la trattativa sulla sca la mobile, lo chiamai e gli dissi: 'Re nato, stanotte non si dorme. Per do­mattina voglio un dossier con tutte le nostre proposte ai sindacati'. All’alba aveva scritto il 'libretto rosso': forse il miglior testo di politica del lavoro degli Anni 80 in Europa. Certo, a vol te l’intelligenza gli scappa».

Come nel la sparata sul golpe delle élite? «Tut t’altro. Brunetta ha lanciato un allar me, e ha fatto benissimo. Lasciarci travolgere per la seconda volta, come nel ’92, sarebbe imperdonabile. An­che Craxi aveva fatto come Brunetta, quando alla Camera chiamò tutti i partiti a corresponsabili di Tangento poli; dopo però non fu conseguente. Si accucciò, e uso questo verbo non a caso». Che c’entra Cuccia? «Era l’uo mo più potente d’Italia, e certo non amava il sistema politico del tempo. Eppure Mani Pulite si poteva chiude re in due mesi: noi socialisti avevamo Palazzo Chigi, la Giustizia, la Difesa, vale a dire i servizi e i carabinieri. Do vevamo fare subito il decreto per de penalizzare il finanziamento illecito. Invece ci dividemmo: Martelli tentò di fregare me e Bettino, Amato badò a salvare la ghirba. Con un cane da guardia come Brunetta, Berlusconi non finirà così».

De Michelis in discoteca nell'84 (Olycom)
De Michelis in discoteca nell'84 (Olycom)
Anche adesso voi socialisti non sie te messi male. «In effetti. Agli Esteri c’è Frattini, cresciuto alla corte del no stro 'grand-commis' Nino Freni e portato da Martelli. Poi c’è la Boni­ver, che capisce la politica estera. A Palazzo Chigi c’è Bonaiuti, un amico: lui era proprio demichelisiano. Capo dei deputati è Cicchitto, che ha una finissima cultura marxista; certo più di Bersani, che qualunque cosa dica dà sempre l’impressione di averla ap presa dal bignamino. Alla Cgil c’è Epi fani, che nel Psi è sempre stato alla mia destra, prima demartiniano poi craxiano. All’Economia c’è Tremonti, cresciuto con Reviglio e Formica. Fu Sacconi a farmelo conoscere, nell’85: mi parlò della 'lex mercatorum', e io che ho studiato chimica rimasi im pressionato. Ma i miei figli sono ap punto Sacconi e Brunetta».

Com’era Brunetta da giovane? «Non così povero come dice». Non vendeva gondoete di plastica? «Sì. Pe rò le bancarelle di Lista di Spagna, di fronte alla stazione, erano le più am bite di Venezia: chi le aveva faceva i soldi. Comunque non c’è dubbio che Renato si sia fatto da solo. Comin ciammo a lavorare insieme nel ’77. Avevamo appena conquistato la mag gioranza al Petrolchimico, la Mirafio ri del Nord-Est, e facemmo un gran de convegno, invitando anche Cefis. Gli dissi: 'Renato, stanotte non si dor me. Per domattina voglio la relazio ne'. All’alba era già ciclostilata in 200 copie. Cefis rimase colpito dal livel lo ». Aveva il complesso dell’altezza? «Un pochino. Ma gli servì per emerge re».

«Sacconi invece lo conosco dal '72. Faceva il maestro di tennis. Giocava da fondocampo, come Barazzutti: se conda categoria; una promessa. Pre valse la politica. Nel ’79 ci presentam mo in cop pia, io numero 1 e lui 13, e lo fe ci entrare alla Camera. Brunetta inve ce era candidato sempre a Venezia centro, dov’eravamo schiacciati tra i commercianti democristiani e i por tuali comunisti, e non veniva mai eletto. Si arrabbiava: 'Gianni, non hai capito che il migliore sono io?'. Il tempo gli ha reso giustizia». Sacconi racconta di una vostra fuga per timo re di un golpe, uno vero. 'Il Pci stava all’erta, e noi discutevamo su dove espatriare. Maurizio proponeva la Ju goslavia. Gli risposi che ci avrebbero rimandati indietro; meglio la Svizze ra, come Lenin».

«Già allora i miei due figli erano molto diversi. Sacconi è metodico tanto quanto Brunetta è esplosivo. Maurizio ha un metodo di lavoro più tradizionale, strutturato, simile al mio: uno più uno fa due. Renato è l’opposto. Ho già partecipato a una decina dei suoi staff-meeting: ci sono 35-40 persone, giovani e veterani co me Davide Giacalone, lui ascolta e nel giro di un’ora decide. Il fatto che si sia messo in casa una personalità ingombrante come la mia significa che non ha paura di nulla. Altri prefe riscono essere circondati da persone che non li valgono». Si riferisce a Ber lusconi? «Berlusconi nel 2001 mi dis se che non poteva candidarmi perché ero 'impresentabile'. Ma non gliene ho mai voluto, e l’ho appoggiato fino al 2007. Ho cercato di salvare una pre senza autonoma dei socialisti, non ci sono riuscito. Silvio fa bene a reagire così agli attacchi: muoia Sansone con tutti i filistei, se necessario». Finirà la legislatura? «Non vedo motivi per cui non debba finirla. Però non sarà giu dicato dalla durata, ma da come l’Ita lia uscirà dalla crisi. Resto convinto che, in questa fase, questo paese si go verna solo con una grande coalizio ne. Magari l’avesse fatta Prodi nel 2006. A proposito, il ministro delle Partecipazioni Statali che portò a Pa lazzo Chigi la nomina di Prodi alla presidenza dell’Iri ero io...».

Aldo Cazzullo
23 settembre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATAby corriere .it

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